(O) Le elezioni regionali siciliane, ben al di là della vittoria di Musumeci, del tracollo del PD e anche del recente arresto di De Luca, dicono chiaramente che la democrazia in Italia è seriamente ammalata, che non si conosce il virus e tanto meno la cura.
(S) Guarda che nel mondo le democrazie sane sono veramente poche, se ci sono e non riguardano gli stati principali. Non possiamo considerare tali Russia e Cina, quasi nessuno stato africano e molti asiatici (possiamo salvare il Giappone?), gli Stati Uniti hanno un Presidente a rischio destituzione, il Regno Unito, la Francia, la Germania costruiscono maggioranze con accordi acrobatici o con sistemi maggioritari esagerati. Possiamo accontentarci dell’esempio di pochi paesi nordeuropei, ricchi e scarsamente popolati? Persino la Svizzera dà segnali di crescita dell’antipolitica, che, a ben guardare è una forma di anti democrazia.
(C ) Questo è il paradosso: la democrazia è minacciata meno da formazioni politiche decisamente autoritarie, fasciste o comuniste, che da proprie disfunzioni interne che spingono i cittadini ad allontanarsi dalla politica come tale. Il pericolo è che questo allontanamento spiani la strada proprio al ritorno dell’autoritarismo.
(S) Nel primo dopoguerra fu così per il fascismo, ma allora c’erano i veleni, o i virus, se vuoi chiamarli così, accumulati a causa della guerra. I danni prodotti dall’attuale crisi economica, non sono lontanamente paragonabili con quelli. Inoltre la democrazia era giovane, il suffragio ‘universale’ maschile era stato introdotto da poco, la monarchia, che aveva comunque il compito di esercitare il potere di stabilizzazione divenne rapidamente fautrice e complice della ‘rivoluzione’ fascista. La situazione è totalmente diversa, anzi il richiamo antifascista, usato troppo enfaticamente, contribuisce ad aumentare la sfiducia nell’attuale politica.
(C) Scusatemi se non sviluppo in questa sede tutto il tema dell’antifascismo, la cui connessione logica con il tema della Costituzione repubblicana ci porterebbe troppo lontano. Mi basta prendere le mosse da questo dato: i partiti che avevano contribuito alla formulazione della Costituzione si riconoscevano reciprocamente dentro un orizzonte comune, anche da avversari non si trattavano da nemici assoluti. Esistevano alleanze tra diversi, piuttosto stabili e definite fino agli anni ’60, poi, dopo la nascita del centrosinistra con l’inclusione del PSI nel governo, ci furono alleanze variabili, sia negli enti locali, poi nelle regioni e nei momenti difficili anche al Governo.
(S) Poi venne tangentopoli, la sparizione di DC e PSI…
(C) Prima ancora la caduta del muro di Berlino, la fine del bipolarismo Est-Ovest e, importante per l’Italia più di quanto non si creda, la fine del monopolio Rai che autorizzando, anzi obbligando, le reti private ad offrire servizi d’informazione, sostituiva la grancassa alla sordina nel campo dell’informazione politica.
(O) La grancassa mediatica diventa l’arma di Berlusconi, che torna ad enfatizzare un ‘anti’, l’anticomunismo e dalla parte opposta, si contrappone un ancor più nebuloso, ma ugualmente enfatico antiberlusconismo.
(S) Già; la logica dell’anti è perfettamente coerente con il nuovo sistema elettorale bipolare: niente più alleanze orchestrate in Parlamento, chi vince piglia tutto, ma le alleanze sono ugualmente necessarie, si fanno prima delle elezioni, si spartiscono i candidati nei collegi sicuri, si ricorre a diversi trucchetti: la desistenza, le liste civetta, tutto perché la distanza tra i due schieramenti è minima e basta spostare pochi voti per passare dalla sconfitta drammatica alla vittoria trionfale. Qualcuno comincia a parlare della necessità di un bipolarismo ‘mite’.
(C) I fatti portano però nella direzione opposta, anzi la logica della contrapposizione frontale comincia a prendere piede all’interno delle coalizioni, poi all’interno dei singoli partiti. La sciagurata adozione del sistema elettorale noto come ‘porcellum’ (impossibile approfondirne tutte le nefaste conseguenze, occorrerebbe un libro), aumenta a dismisura la fragilità del sistema parlamentare, la cui durata è affidata, al Senato, a un risicato margine di voti: ogni pretesto è buono per tentare l’assalto alla maggioranza e questa si chiude in se stessa come se fosse a Fort Apache. Intanto Grillo ha inventato il primo Vaffa-Day e iniziato la lunga marcia dell’antipolitica.
(S) Ma Grillo oramai rifiuta il marchio dell’antipolitica, tanto che presenta sul serio un candidato alla Presidenza del Consiglio, anzi sostiene di essere da sempre la cura per la democrazia malata e non una malattia. Questa cura si chiama “democrazia diretta”, resa possibile dalla interconnessione informatica che riporta il mondo alla dimensione del villaggio, dove tutti possono interloquire con tutti, dove tutti possono verificare gli accreditamenti di ciascuno, senza dover sottostare, se non marginalmente, anzi manipolandole, alle tiranniche reti dei media, statali o private. Certo, rispetto all’analisi di Costante rimane un punto che manifesta un contrasto di sistema: l’impossibilità direi essenziale, non opzionale, di fare alleanze con qualsiasi partito, non essendovene alcuno che, magari con un programma politico differente, converga almeno sul canone della democrazia diretta.
(C) Cerco di spiegare perché la pretesa democrazia diretta non è la cura, ma fa parte della malattia. Per prima cosa affermo che la famosa ‘democrazia diretta’ non è mai esistita, né al tempo di Socrate ad Atene, né a quello di Guglielmo Tell, né a quello di Alberto da Giussano. Si trattava, semmai, di aristocrazie che riuscivano con vari mezzi ad assicurarsi il consenso di masse popolari, tagliate fuori dalla vera gestione del potere. Il tema vero è quello del consenso che, ecco il paradosso, è più necessario e nello stesso tempo più facilmente ottenibile dai regimi autoritari che da quelli democratici. Certo, un dittatore può usare ogni mezzo, violenza compresa, per mantenere il potere anche quando il consenso scende a bassi livelli, cosa che a un governo democratico non riesce. Ma vorrei farvi porre attenzione a questo fatto, comune a tutte le democrazie: quando aumentano le difficoltà materiali, magari anche morali, ogni partito e anche ogni parte sociale tende a prendere sempre più le distanze dalle altre, non solo per il tentativo quasi istintivo di scaricarne la colpa su altri, ma per la necessità di raggrupparsi intorno ad un nucleo forte, ad un capo ispiratore di fiducia, ad un ideale sovrastante: il passo successivo è cominciare a sospettare il ‘tradimento’: la differenza di opinioni diventa dissenso, contestazione poi revisionismo, infine scissionismo, se non ‘tradimento’ vero e proprio. Oggi non si finisce davanti ai tribunali speciali o nelle segrete dove si consumavano le purghe staliniane, semplicemente ci si insulta in diretta nei talk show politici o si viene additati a prossima vittima (politica, s’intende) dai titoli di un giornale. Ma questo, badate bene, non dipende dalla cattiva qualità dei politici odierni, è diventato un meccanismo automatico che si alimenta da sé.
(O) Ma come mai si dirige non solo contro i nemici, ma agirebbe, secondo te, anche verso gli amici?
(C) Faccio un paragone: una democrazia matura è come un organismo, un corpo umano, che sia affetto da una malattia autoimmune.
(S) Che significa autoimmune?
(C) Rubo qualche definizione da internet. “Le malattie autoimmuni sono condizioni morbose particolari, caratterizzate da una risposta esagerata e impropria del sistema immunitario.
Negli individui con una malattia autoimmune, infatti, gli elementi che costituiscono il sistema immunitario (le cellule e le glicoproteine) riconoscono come estranei alcuni organi o tessuti del corpo umano e, per questo motivo, li aggrediscono.”. O ancora:”L’autoimmunità si determina se mancano, o sono insufficienti, i meccanismi della tolleranza immunitaria, vale a dire quelli che impediscono al sistema immunitario di attaccare componenti dello stesso organismo e molecole non dannose. Nel momento in cui vengono a mancare questi meccanismi di controllo, le cellule del sistema immunitario, come i linfociti, possono andare incontro a un’attivazione “sbagliata”, che innesca i fenomeni a cascata, descritti nelle schede sui diversi tipi di risposta immunitaria. Come risultato finale l’organismo attacca i suoi stessi componenti, che vengono percepiti come antigeni.”
(S) Va bene, ma come funziona il paragone?
(C) È come se prima i partiti, poi analogamente molti di noi cittadini non riconoscessimo più nel nostro vicino una componente amica del corpo sociale di cui facciamo parte. Il meccanismo della competizione per la legittimazione del potere diventa talmente ossessivo che si bada solo al risultato finale: la vittoria, anche di un solo voto, che assicuri una primazia. È ovvio che buona parte della responsabilità di ciò dipende dal sistema elettorale eccessivamente maggioritario della Camera che ha troppo dilatato l’effetto di una vittoria col minimo scarto, in combutta paradossale con quello opposto del Senato che poteva portare ad un risultato contrario o quantomeno di stallo. La conseguenza evidente è che è molto più facile e altrettanto utile togliere un voto all’avversario che conquistarne uno nuovo da un elettore che prima votava per un altro partito o non votava affatto.
Come reagisce l’elettore medio, quello che non ha un forte radicamento ideale in un partito a sua volta ben caratterizzato? Con un rifiuto alla partecipazione o con un comportamento opportunistico, dettato da qualche modesto interesse, sollecitato da qualche mancetta preelettorale alla categoria di appartenenza.
(S) O con l’adesione al ‘non partito’ dell’antipolitica o a proposte che per la loro natura estremistica non avrebbero trovato cittadinanza in un sistema più equilibrato. Mi riferisco al successo elettorale di Casa Pound, che oltre ad apparirmi ultrafascista non mi sembra avere nessuna delle caratteristiche ‘normali’ di un partito.
(O) Per stare al gergo medico, la vostra prognosi è decisamente infausta, sembra che l’evoluzione della democrazia porti necessariamente alla sua estinzione.
(C) Delle malattie autoimmuni, gli stessi scienziati affermano di sapere poco, tanto meno noi delle malattie della democrazia. È vero che le deboli democrazie italiana e tedesca non sopravvissero alla crisi del primo dopoguerra, che quella francese arrivò stremata alla seconda guerra mondiale e partorì l’obbrobrio del regime collaborazionista di Vichy, che la Spagna finì in quegli stessi anni nell’orrore della guerra civile, che la socialdemocrazia nascente di Kerensky fu stroncata nella culla dalla rivoluzione armata di Lenin e Trotskij. Tuttavia abbiamo anche esempi positivi: la Gran Bretagna del medesimo periodo o gli Stati Uniti, capaci di ricompattarsi dopo la Guerra di Secessione. Il motivo di questi successi credo sia uno solo: l’esistenza di un miglior equilibrio di poteri, in presenza di tradizioni democratiche consolidate. In questo l’Italia è sul filo del rasoio: ambedue queste esigenze oggi sono difese quasi soltanto dalla Presidenza della Repubblica, unico contrappeso alle improvvisazioni dei rottamatori di ogni specie e di ogni partito e segno di continuità con le istituzioni e la storia politica e sociale della Nazione, radicate nella ricostruzione e nella Costituzione. Detto per inciso, il mio personale parere è che questo delicato equilibrio fosse minacciato dalla riforma costituzionale respinta lo scorso anno, non senza ragione.
(O) Posso quindi tornare a sognare un futuro per una sana democrazia in Italia? Vorrei chiederlo ai lettori, non a voi.
(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante
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