La navigazione nella Rete e le esplorazioni in Youtube hanno anche questo di buono: ci consentono di vedere, e soprattutto di rivedere, spezzoni di film da gran tempo riposti nei magazzini della memoria. Una delle scene da ricercare e cliccare riguarda un film western di più di cinquant’anni fa: Un dollaro d’onore (Rio Bravo), del regista Howard Hawks, con John Wayne, Dean Martin, Ricky Nelson e la bellissima Angie Dickinson, soprannominata – non a caso – le Gambe.
Un dollaro d’onore è un film straconosciuto (la TV ce lo ha riproposto di recente, benché in ore profondamente notturne). Ciononostante procura sempre un inarrivabile piacere la visione di uno dei suoi momenti clou. John Wayne (lo sceriffo), aiutato da un vice ubriacone ma sulla via del recupero (Martin), da un aiutante giovane ma molto abile con la pistola (Nelson) e dal solito vecchietto del west, pronto e svelto a parte l’età (Walter Brennan), si trova assediato nell’ufficio dove custodisce un uomo accusato di assassinio; il fratello di questi, il personaggio più potente della città, lo vuole liberare a tutti costi, prima che venga assicurato alla giustizia. Il frangente è carico di tensione. Ma non manca una – diciamo così – piacevole pausa di rilassamento, forse anche dovuta proprio alla presenza nel cast di due artisti del calibro di Dean Martin e Ricky Nelson. Quest’ultimo, imbracciata la chitarra, accompagna Martin che intona una struggente canzone country-sentimentale: My rifle, my pony and me, una storia di cowboy e di tramonti. A margine un Brennan naif con l’armonica a bocca e un Wayne che osserva compiaciuto con la tazzina del caffè tra le mani. È il preludio musicale, pieno di ironia e anche di romanticismo, alla dranmmatica sparatoria finale, che naturalmente vedrà i nostri uscire vincitori.
Se Howard Hawks (singolare il significato italiano del suo cognome per un regista che prediligeva i film d’azione: Falchi) girò questa scena appena descritta con qualche concessione allo star system dell’epoca – per esempio, Nelson, che aveva solo diciannove anni, era un cantante rock già molto affermato – bisogna dire che essa fu molto funzionale al film, divenuto poi un cult: nel dizionario di Paolo Mereghetti “Un dollaro d’onore” è giudicato con quattro stelle, il voto più alto. Ma in altri film western Howard Hawks, stando a Mereghetti, ottiene un ottimo punteggio: tre stelle e mezzo per “Il fiume rosso” (Red River), del 1949; tre stelle per “El Dorado”, del 1967; due stelle e mezzo – che è sempre un buon voto – per “Rio Lobo”, del 1970, il suo ultimo lavoro.
Benché gratificato – nel 1975 – di un Oscar alla carriera, ottenuto a quasi ottant’anni di età, Howard Hawks non era mai stato considerato uno dei “grandi” di Hollywood, ma solo un ottimo e affidabilissimo mestierante. Della sua arte eccelsa per semplicità e stile ci si accorse tardi: il posto nell’Olimpo del cinema era davvero ben meritato. Autore di una cinquantina di film e di una decina di sceneggiature, Howard Hawks non operò solo nel genere western. Tra i suoi film si possono citare “Il sergente York” (Sergeant York), del 1941, con Gary Cooper e Walter Brennan; “Il grande sonno” (The Big Sleep), del 1946, con Humphrey Bogart e Laureen Bacall, tratto dall’omonimo romanzo di Raymod Chandler; “Gli uomini preferiscono le bionde” (Gentlemen Prefer Blondes), del 1953, con Marilyn Monroe e Jane Russel.
Nel western, tuttavia, lavorò da maestro, enucleando – senza essere algido – alcuni stereotipi classici: pensiamo appunto al “vecchietto” e alle cosiddette “immagini di riposo” come quella narrata nel “Dollaro d’onore”.
Anche a Howard Hawks, un giorno, fu richiesta un’opinione sul western all’italiana. Tolti due o tre film (tra cui senz’altro “Per un pugno di dollari” di Sergio leone), che considerava molto ben fatti, rispose che gli altri non riusciva a sopportarli.
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