Il 31 ottobre scorso si è celebrata la ricorrenza del 500° anniversario della Riforma protestante dal momento in cui il monaco agostiniano Martin Lutero affisse alla porta della chiesa del castello di Wittenberg le sue famose tesi sulle indulgenze.
Il 31 ottobre 2016 tra la Chiesa cattolica romana e la Federazione mondiale luterana a Lund e Malmö in Svezia è già intercorso un momento solenne di commemorazione in comune di quell’evento doloroso, che scisse la cristianità in un modo, ch’è apparso per tanto tempo irreversibile.
La celebrazione liturgica nella cattedrale di Lund ha visto per un lato la presenza significativa di papa Francesco e per l’altro di monsignor Munib Younan, presidente della Federazione Luterana, a conclusione di diversi decenni di dialogo. Lo spirito è stato quello della riconciliazione previsto nel documento “Dal conflitto alla comunione”, preparato dalla Commissione sull’unità dopo tanti sforzi di riavvicinamento (2013).
In precedenza ancora il 31 ottobre 1999 ad Augusta, città altamente simbolica nel quadro della separazione, altro momento fondamentale di chiarimento è stata la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione.
Qui il punto nevralgico del contrasto tra luterani e cattolici. I primi tradizionalmente affermano che la salvezza può essere conseguita solo in virtù della fede; i secondi si affidano al carattere meritorio delle buone opere, pur riconoscendo il valore fondamentale della salvezza come dono di Dio, cioè della grazia.
La Dichiarazione è stata concepita sulla via di una possibile ricomposizione sulla base dei seguenti chiarimenti: i cattolici considerano l’assenso personale all’azione giustificante di Dio non come derivante dalle forze proprie dell’uomo, ma come un effetto della grazia (n.20); i luterani a loro volta negano ogni possibilità di un contributo proprio dell’uomo, senza tuttavia negare la sua personale e piena partecipazione nella fede, operata dalla stessa parola di Dio.
Si tratta quindi di un consenso differenziato, con l’aggiunta di altre dilucidazioni. Se i luterani dicono che il credente è al contempo iustus et peccator, pur sottolineando che il peccato è ancora in lui, “non negano che il giustificato, nonostante il peccato, non sia separato da Dio in Cristo”. I cattolici, mentre ritengono la grazia conferita nel battesimo liberatrice da ciò che è veramente peccato, pensano che resta nell’uomo un’inclinazione (concupiscenza) che proviene dal peccato e ve lo spinge.
Vengono così meno, pur tra difficoltà, le condanne reciproche. Quali sono gli altri temi in discussione? Quelli relativi al rapporto con la Scrittura, l’Eucaristia e i ministeri. I protestanti hanno sempre sostenuto l’autorità sovrana della Scrittura sulla tradizione; di quest’ultima invece i cattolici hanno rilevato la grande importanza.
Nella sezione “Il Vangelo e la Chiesa” (1972) della Commissione internazionale di dialogo si afferma il primato del Vangelo, che però sin dall’origine è stato oggetto di tradizione, pervenuto a noi mediante la trasmissione degli scritti del Nuovo Testamento. Questo è il risultato della tradizione cristiana primitiva. Alla Scrittura pertanto spetta la funzione normativa per l’insieme della tradizione successiva della Chiesa. Unanime è la condivisione del principio che l’autorità della Chiesa può solo essere al servizio della parola e che non può porsi al di sopra della parola del Signore (n.21).
In merito all’Eucaristia (documento del 1978) questo è l’accordo di fondo: i cristiani cattolici e luterani riconoscono insieme la vera e reale presenza del Signore nell’Eucaristia (n.48). Permangono differenze sul modo e sulla durata della presenza reale. I cattolici parlano di transustanziazione, i luterani di una presenza del Corpo e del Sangue di Cristo “in, con e sotto” il pane e il vino.
La differenza non mette in questione sostanzialmente il riconoscimento della presenza (n. 51). Per i cattolici comunque ancora il dono della presenza permane oltre il momento della celebrazione, onde l’adorazione del Santissimo, quel che non è ammesso dai luterani. Mentre per i cattolici è tradizione che in ogni eucaristia si offra a Dio un vero e proprio sacrificio per mezzo di Cristo, i luterani temono che l’idea di eucaristia come sacrificio pregiudichi il carattere unico del sacrificio della croce. I cattolici supererebbero la difficoltà introducendo il criterio che il sacrificio della messa non ripete il sacrificio della croce, ma lo rende presente.
In merito ai ministeri, con riferimento al documento della Commissione “Il ministero pastorale nella Chiesa” (1981) questa era la divergenza tradizionale: i cattolici insistevano soprattutto sulle funzioni sacramentali del prete, soprattutto sull’offerta sacrificale della messa; i luterani sottolineavano nel ministero particolarmente il compito di annunciare il Vangelo e di somministrare in conformità i sacramenti. Ora il n.31 del documento precisa in concordanza che “la funzione essenziale e specifica del ministero ordinato consiste nel radunare ed edificare la comunità cristiana mediante sia l’annuncio della parola di Dio, sia la celebrazione dei sacramenti, nonché nel guidare la vita della comunità nei suoi aspetti liturgici, missionari e diaconali”.
Epperò la dottrina luterana non riconosce per tradizione l’ordine come sacramento. E i luterani poi ammettono l’ordinazione delle donne; i loro ministri non sono ordinati dai vescovi secondo quanto esige la successione apostolica. Il documento conclude con l’auspicio che le Chiese riconoscano a vicenda i loro ministeri.
Il documento del 2013 “Dal conflitto alla comunione” indica trai possibili e necessari sviluppi del dialogo le seguenti questioni: rapporto tra visibilità e invisibilità della Chiesa, relazione tra Chiesa universale e Chiesa locale, la Chiesa coma sacramento, necessità dell’ordinazione sacramentale nella vita della Chiesa e carattere sacramentale della consacrazione episcopale (n.218).
Quale deve essere poi la concezione della Chiesa? Strumento passivo nella storia della salvezza (luterani) o ruolo particolarmente attivo nella cooperazione alla salvezza (cattolici)? Il fine non sta certo nella giustapposizione di gruppi diversi di cristiani, ma è quello d’accogliere la diversità nell’unità; oltre lo stesso dialogo dottrinale, insufficiente, sta la testimonianza del Vangelo nelle situazioni umane più drammatiche.
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