Vespasiano. È il nome con cui in Italia venivano designati gli orinatoi pubblici in forma di garitta o di edicola.
Il termine deriva da Tito Flavio Vespasiano, imperatore romano, che li sottopose a tassazione. Rimproverato dal figlio Tito, che riteneva la cosa sconveniente, gli presentò il primo danaro ricavato, chiedendogli se l’odore gli dava fastidio; “pecunia non olet” ovvero “il denaro non ha odore”, dopo che questi gli rispose di no, aggiunse “eppure proviene dall’orina”.
Spigolando tra i libri e articoli dedicati a Varese ho stilato pertanto la seguente cronologia.
Nel 1851 furono attivati molti pubblici pisciatoi in diverse località per ottenere maggior pulizia e decenza alla città. (Maroni)
Negli anni’ 60 dell’Ottocento secondo il Della Chiesa, Cesare Veratti, proprietario dell’ex palazzo Estense, aprì a pianterreno bagni pubblici occupando anche parte del grande salone che fu spezzato con una tramezza (il rimanente rimase a disposizione per feste).
Nel 1895: nello scorso ottobre destò impressione il fallimento del macellaio Grampa con bottega in via di Porta Campagna e proprietario di bagni e docce, esistente nella piccola via che univa la Rezzano e la Vetera, grosso modo l’attuale via Cavallotti. (Maroni).
9 luglio 1900: oggi in via Garoni furono aperti i nuovi bagni con docce, e ciò a cura del signor Antonio Cappelletti. (Maroni).
Ai primi del Novecento si aprì un “chiosco per orinatoi e latrine pubbliche” presso le stazioni ferroviarie. (Pederzani).
1914: Bagni e le docce pubbliche si trovavano nel giardino dell’albergo Italia, al n. 7 di via Garoni, ora Vittorio Veneto, purtroppo il servizio era usufruibile solo da maggio a settembre.
Nella primavera del 1928 si iniziarono i lavori per realizzare bagni pubblici in via Sacco.
La struttura venne ultimata in breve tempo e si registrò un grande afflusso di pubblico, dovuto anche al fatto che varie categorie, carabinieri, invalidi, dipendenti comunali ecc., godevano di tariffe scontate.
Nel 1939, a Varese, i bagni pubblici erano diventati tre. (Dumassi).
Anni ’50: Chiericati scrisse di “Una scala stretta e ripidissima conduceva ai servizi di toilette, bagno, doccia e parrucchiere per uomo e donna. Un mondo di vapori, di asciugamani bianchi, di acque di colonia, di fresco borotalco.
Li gestiva con professionalità e discrezione una certa signora Caravati. In prevalenza li frequentavano uomini ma anche signore e ragazze di ottimo lignaggio.”
Anche Delio Tessa (Milano 1886-1939) dedicò loro una poesia rimpiangendo i vecchi rispetto alle nuove installazioni:
“Pissatoj di temp andàa, alla bonna, sul canton, nient pretes e invernisaa con ona man de godron; senza lussi e senza gioeugh de idraulica, ma a loeugh! Quatter pass – e el viandant l’era franch – de sodisfass!…(Pisciatoi dei tempi andati, alla buona, sul cantone, niente pretese e verniciati con una mano di catrame, senza lussi e senza giochi di idraulica, ma al posto giusto. Quattro passi, e il viandante era sicuro di soddisfarsi!).
In Francia i gabinetti pubblici in cemento, con le entrate contrapposte come da noi, si chiamano kiosko Renzi (nessuna allusione politica! per favore) a Nizza è sorto un comitato per proteggere l’unico rimasto.
A Varese oggi esiste una toilette pubblica al piano terra della Torre civica di piazza Monte Grappa. Non a caso la Torre si chiama civica.
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