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Divagando

IL BORGHESE PRESTATO ALLA POLITICA

AMBROGIO VAGHI - 03/03/2012

 

Anno 1960 - Caffè Zamberletti - Lanciotto Gigli festeggia con gli amici i suoi ottant’anni. Da sinistra il dottor Giancarlo Bonazzola, il professor Domenico Bulferetti, l'avvocato Egineo Modesti, il ragioniere Lanciotto Gigli e l'onorevole Ezio Battistella

A Lanciotto Gigli il nostro Pier Fausto Vedani, ottimo conoscitore di fatti e personaggi varesini, ha proposto recentemente di intitolare un viale nel Parco della Villa Mirabello della cui acquisizione per la città era stato certamente il più convinto artefice. Lanciotto Gigli, ma chi era costui? Già il nome richiama assonanze di personaggi danteschi e dalla terra del divin poeta il Lanciotto proveniva appunto. Era nato nel più popolare quartiere di Firenze, San Frediano, oltr’Arno, nel lontano 1880. Ed era venuto a cercare lavoro e fortuna nel Varesotto come tanti, non solo operai e contadini ma anche buoni imprenditori e professionisti che avevano apprezzato il dinamismo economico della nostra terra e l’avevano scelta per le loro speranze di vita. Una prima immigrazione di qualità.

Gigli, giovane ragioniere, aveva incontrato durante il servizio militare uno dei fratelli Curti che l’aveva portato a lavorare, ancora avanti la prima grande guerra mondiale, nella sua riseria di Gemonio. Una industria cerealicola bene affermata. E qui, non sappiamo se “galeotto fu il libro”, si innamorò della ragazza dei Curti, la signorina Piera, che presto portò all’altare. In questo momento comincia ad apparire il galantuomo di altri tempi. Gigli non vuole comportarsi come il classico approfittatore che entra in una famiglia benestante dove “attacca il cappello”. Appena sposato lascia la comoda sistemazione e avvia una pur incerta avventura professionale. Apre studio prima a Luino e successivamente a Varese, in via Cavour, insieme ad un collega, il ragionier Giuseppe Reggiori. Una collaborazione che durerà tutta la vita. Il successo non tarda a venire. I maggiori imprenditori economici riconoscono presto le qualità professionali di questo oriundo che non ha mai perso la sua parlata fiorentina e si avvalgono delle sue prestazioni.

Gigli viene quindi chiamato nei Consigli di Amministrazione delle industrie più conosciute. La Conciaria-Cornelia dei Cattaneo, il Calzaturificio di Varese dei Trolli, la SAP degli Aletti, le concerie dei Fraschini ed anche imprese svizzere ben presenti a Varese come la Helvetia, la Fa.Go o la Suchard. Nel privato coltiva interessi e passioni culturali. Ama l’arte, è collezionista e viene chiamato a presiedere il Circolo degli Artisti. Ama le stelle che studia e insegue con un buon telescopio che donerà più tardi all’amico Salvatore Furia e alla Società astronomica Schiaparelli. Fa frequenti viaggi all’estero dove può procurarsi libri e pubblicazioni marxiste e liberali in Italia vietate dal regime fascista, mai scordando le sue origini politiche di giovane iscritto al neonato Partito Socialista Italiano. Stringe amicizie con l’ingegner Giacinto De Grandi, con l’avvocato Aldo Lozito, col dottor Giancarlo Bonazzola e con altri antifascisti coi quali, più tardi durante la Resistenza, presterà aiuti ai patrioti. Nel suo studio irrompono un giorno le Brigate Nere sulle tracce del giovane Francesco Reggiori, attivo nei gruppi partigiani cattolici.

Il suo valore di pubblico amministratore insieme al suo amore per la città che lo ha accolto Lanciotto Gigli lo potrà ovviamente rivelare solo dopo la Liberazione. Nella primavera del 1946 alle prime elezioni comunali per ricostituire democraticamente il Comune di Varese Gigli viene presentato agli elettori nella lista del Partito Comunista Italiano. Capolista, indipendente. Una dimostrazione di avvedutezza e di apertura politica da parte dei comunisti varesini. Eletto, farà parte della giunta di sinistra capeggiata dal socialista Luigi Cova, che resterà al governo della città fino al 1950. Ne sarà l’assessore alle Finanze e il vice-sindaco.

Ricompare subitamente l’essenza del grande galantuomo. Per Gigli l’impegno di pubblico amministratore non deve produrre vantaggi professionali o peggio situazioni di incompatibilità. L’assessore alle Finanze è chiamato a gestire l’Imposta di famiglia, la maggiore entrata per le casse comunali, e Gigli conosce assai bene redditi ed agiatezze delle grandi famiglie varesine. Non ha momenti di incertezza. Anche se il gesto ridurrà e di molto le sue entrate, rinuncia a tutti gli incarichi professionali che producono legami con quei cittadini, che egli dovrà tassare!

Intanto c’è da riordinare, dopo la lunga parentesi fascista, tutta la macchina comunale. L’acquedotto, l’officina del gas, la raccolta dei rifiuti, la riscossione delle imposte di consumo sono tutti servizi condotti da privati, il che è contro i principi della nuova Amministrazione civica che invece intende gestirli direttamente. Con complesse trattative viene realizzato o preparato il subentro nelle gestioni col preannuncio di disdette alle scadenze delle concessioni. È allora che si creano i presupposti per la nascita della futura azienda municipalizzata, l’ASPEM, di cui sarà più tardi un convinto propugnatore ed artefice il consigliere DC dottor Gaetano Colli. Insomma, una stagione di grandi cambiamenti.

Gigli è un perfetto borghese prestato alla politica. Propone al servizio della città tutta la sua professionalità, non sopporta i fannulloni, apprezza l’impegno, ama e rispetta il lavoro. Col suo impareggiabile stile. Per strada non si sofferma solo con conoscenti ed amici ma se incontra anche il netturbino che spazza il marciapiede, vuole sentire da lui che ne pensa del suo lavoro. Naturalmente non prima di essersi tolto il cappello in segno di deferenza.

Lo stile, la misura, il rispetto delle opinioni anche fortemente contrastate, l’autorevolezza morale aggiunti a personale correttezza ed onestà sono elementi che col tempo hanno permeato i comportamenti di tutti i membri del Consiglio Comunale. Soprattutto noi giovani, parte del suo gruppo consigliare, dovevamo avere ben presenti questi principi Tutto questo deve essere apparso ben strano a due noti giornalisti, Gianpaolo Pansa e Giorgio Bocca, allorché, scrivendo dei fatti varesini su un quotidiano nazionale, parlarono di un Consiglio Comunale tutto… svizzero. Naturalmente i più compassati “elvetici” erano Lanciotto Gigli ed il suo gruppo di comunisti, sbeffeggiati perché non saltavano i banchi per accapigliarsi con gli avversari. Buoni borghesi, questi “rossi” al comando di un ragioniere imparentato con industriali, tutti ben vestiti come damerini. Cronache degne di un rotocalco destinato alle signore delle sale di attesa dei parrucchieri. Invece a riportarle era il bel giornale allora diretto da Italo Pietra. Peccati di gioventù di grandi giornalisti che successivamente, forse, ebbero modo di vergognarsene. Avevano trascurato fatti ed idee a beneficio del colore delle cravatte!

Già, ma del Parco e della Villa Mirabello, fiore all’occhiello dell’amministratore civico Lanciotto Gigli, quando ne parliamo? Ormai l’abbiamo fatta troppo lunga e Max, il direttore, ci tirerà le orecchie. Rimandiamo dunque tutto alla prossima puntata, cioè al prossimo “Divagando”.

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