Nel 1927, con l’incarico all’ingegner Vittorio Morpurgo di Roma di redigere il Piano regolatore di Varese, vengono superate decisamente le previsioni precedenti di semplice ampliamento della larghezza di alcune vie del centro urbano per consentirne l’attraversamento a chi provenisse dalla nuova autostrada o dalle stazioni.
Il 18 aprile 1928 il podestà avvocato Domenico Castelletti approva gli elaborati di Piano. Le considerazioni contenute in questa delibera fanno capire gli orientamenti culturali e politici del momento. Il testo è il seguente:
“Premesso che il notevole e sempre crescente aumento della popolazione di Varese che oggi si aggira intorno a 42mila abitanti, la grande importanza della città stessa come centro industriale e turistico, collegato con due ferrovie ed una moderna autostrada alla metropoli lombarda, la nuova dignità ed il maggior prestigio che a Varese derivano dalla sua elevazione a capoluogo di provincia, hanno imposto alla civica amministrazione l’esame e la risoluzione del problema edilizio della città, che specie in questi ultimi anni la fabbricazione già sorta senza precise norme di allineamenti e di quote, è andata sviluppandosi in modo disordinato e caotico a seguito di iniziative individuali non coordinate né ispirate, dal superiore comune interesse di una gradevole e razionale estensione dell’abitato cittadino, onde è accaduto che le costruzioni puramente civili hanno cercato di espandersi irradiandosi dal centro alla periferia, e quelle di carattere industriale hanno cercato invece, nel loro sviluppo, di avvicinarsi al centro, dando luogo a quella viziosa disposizione di edifici a cui può soltanto rimediarsi mediante l’attuazione di un sano ed organico Piano Regolatore Edilizio che d’altra parte imprescindibili esigenze di pubblica viabilità e la necessità di migliorare le comunicazioni in relazione agli aumentati bisogni del traffico – oggi fortemente inceppato verso il lato sud-est della città dallo sbarramento delle linee ferroviarie; che ha atrofizzato lo sviluppo edilizio del colle di Giubiano, ed ha nettamente staccato dalla città il quartiere di Belforte –…
“Che inoltre indeclinabili ragioni di igiene, e di salubrità reclamano particolari opere di allargamento stradale e diradamento edilizio che soltanto possono portare al risanamento del vecchio abitato, mentre si dovrà in ogni caso e con ogni mezzo provvedere alla bonifica del popolare quartiere di Biumo le cui case luride e malsane costituiscono uno dei centri più pericolosi per la salute dei loro abitanti e per la pubblica igiene…
“Che per suaccennate ragioni nel decorso anno 1927 veniva dato incarico all’ing. Vittorio Morpurgo di elaborare in pieno accordo con l’Ufficio Tecnico di questo Comune un nuovo progetto di Piano Regolatore e di Ampliamento della città di Varese, che mentre rispondesse alle direttive sopraesposte e conservasse quei provvedimenti portati dai precedenti studi di Piano Regolatore che ancora oggi rispondono ai bisogni e alle esigenze attuali, contenesse altresì la soluzione di tutti i nuovi problemi di viabilità, di igiene e di estetica, e di risorgimento economico e industriale della nostra città… e tale progetto è stato definitivamente redatto e presentato per quanto riguarda la sistemazione del centro cittadino…
“Che il progetto anzidetto mentre porta provvedimenti atti a rimediare alla viziosa e disorganica disposizione degli edifici esistenti nella zona interna della città, impedisce che d’ora in poi la fabbricazione continui a svilupparsi in modo disordinato ed inorganico, risolve la sistemazione delle linee di traffico convergenti a Varese… attua la sistemazione igienica ed architettonica del vecchio nucleo cittadino ricorrendo al provvedimento dell’espropriazione per zona, provvede ad una generale e razionale sistemazione delle stazioni di Varese…”.
I concetti che ispirano il Piano regolatore sono più ampiamente espressi nella relazione dell’ing Morpurgo del 30 ottobre 1929, allegata alla sua conclusiva approvazione dopo le controdeduzioni alle osservazioni e alle opposizioni presentate, tutte respinte.
Morpurgo afferma fra l’altro:
“…Ciò che si presenta oggi all’esame per l’approvazione delle competenti Autorità è il Piano Regolatore del nucleo centrale cittadino.
Tale piano è stato redatto in relazione al piano generale di ampliamento già predisposto nelle sue linee essenziali, ma che potrà essere redatto in forma definitiva solo quando saranno compiuti i rilevamenti topografici in corso di esecuzione…
…Gli sventramenti proposti nella zona centrale della Città interessano quasi esclusivamente fabbricati vetusti di scarsa consistenza e riconquistano al mercato aree fabbricabili il cui valore come area nuda supera spesso il valore degli stabili da sacrificare…
… in piano regolatore è prevista una grande Piazza che deve costituire il centro della vecchia e della nuova città e che non ha altri elementi di inquadramento che la visuale al campanile, la cui forma è stata tracciata in relazione ai lavori in corso e convenuti per l’ampliamento di alcune vie che su di esse sboccano.
Il risultato estetico della Piazza dipenderà, più che dalla fattura dei singoli edifici, dalla rispondenza di proporzioni e di rapporti fra pieni e vuoti fra i vari edifici. Occorre quindi che le direttive nella costruzione dei vari edifici siano inquadrate rigorosamente con concetto unitario.
Solo così la Piazza che deve essere il monumento del rinnovamento di Varese, elevata a Capoluogo di Provincia…, potrà testimoniare nel tempo la concordia operosa della sua industre popolazione”.
Le opposizioni al Piano erano state di forte contestazione, formulate da un gruppo notevole di ingegneri nel giugno 1929 e riguardavano la dimensione eccessiva della piazza prevista.
L’ingegner Alfredo Speroni nella sua opposizione si domandava : “…C’è necessità di demolire una quantità ragguardevole di costosi fabbricati per creare una piazza sproporzionata alla vita della città?… c’è uno sperpero del pubblico denaro che qualsiasi Amministrazione condanna… non abolisco la via Carrobbio che è la Via Millenaria cioè la più antica di Varese, è la nostra piazza S. Ambrogio di Milano, è un cantuccio pieno di ricordi, che noi ed i posteri dobbiamo conservare, pulire, vietare al passo dei veicoli, deve essere riservata al passaggio dei pedoni, perché sia mantenuto il suo carattere antico…”.
Nel 1934 viene svolto, in due fasi, il concorso per il progetto degli edifici che avrebbero dovuto delimitare la piazza.
La commissione giudicatrice della prima fase così raccomanda ai progettisti ammessi alla fase finale:
“…I palazzi delimitanti la zona centrale siano in pieno equilibrio ed euritmia; e la loro altezza, con sani accorgimenti, non abbia a gravare sul Palazzo di fondo.
Il Palazzo del Consiglio Provinciale dell’Economia abbia caratteri propri, di sana e chiara monumentalità, come si convengono ad edificio pubblico, di assoluta preminenza nella Piazza…
“La Torre Civica abbia caratteri ben definiti. La sua posizione… risulti secondo i migliori punti di visuale, in un complesso armonico, di emotività, e di comando, nel quadro urbanistico ed architettonico della Piazza…”.
Sarà vincitore l’architetto Mario Loreti di Roma che fino al 1942 progetterà diverse opere per la nostra città.
L’attuale Camera di Commercio, la torre littoria, l’edificio INPS, le Assicurazioni RAS in piazza Monte Grappa, il ‘palazzo littorio’ e alcune case di abitazione per impiegati della Provincia a Casbeno. Fu certamente un progettista di livello, poi anche preside, nel dopoguerra, della facoltà di architettura di Roma.
Altri ‘pezzi’ di città erano così stati realizzati con il più rilevante: il luogo centrale. Con la perdita di parte del nostro passato. Con una coerenza complessiva e di immagine di cui dobbiamo ancora oggi prendere atto e che non abbiamo saputo nel dopoguerra ripetere quando le circostanze lo avrebbero richiesto. Con una rapidità operativa che ancora oggi ci meraviglia.
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