In vista delle elezioni siciliane del 5 novembre vi consiglio la lettura di un godibilissimo libretto di Pietrangelo Buttafuoco (“Strabuttanissima Sicilia, quale altra rovina dopo Crocetta?”) in cui il brillante autore catanese esamina con lucidità ed ironia la situazione siciliana.
Un testo scanzonato e divertente ma anche profondamente vero che in fondo sconsiglia all’aspirante governatore Nello Musumeci di vincere le prossime elezioni regionali stante l’impossibilità di governare una situazione da manicomio.
Perché è probabile che proprio Musumeci vincerà alla guida di una coalizione di centro-destra e si ritroverà a governare una regione con otto miliardi di debiti, beni pignorati, un numero imprecisato di dipendenti, province regionali prima esistenti poi soppresse e poi ricostituite in un groviglio di competenze e contraddittorie sentenze del TAR e, dulcis in fundo, 28.000 lavoratori forestali spesso nullafacenti e che anzi sembrano avere responsabilità dirette nell’appiccare gli incendi che anche quest’anno hanno flagellato la regione.
Tutti problemi ben difficili da superare.
Pensate che nel paese di Pioppo (PA) ci sono 383 lavoratori forestali su 2.000 abitanti e ben 437 a Solarino (Siracusa) dove però gli abitanti sono 8.000.
A titolo di paragone nell’intero Piemonte i lavoratori forestali sono in tutto 406 e soltanto 497 in tutta la Lombardia che pur ha la più ampia superficie boschiva d’Italia.
Ricordato che i lavoratori forestali sono cosa diversa dal Corpo Forestale dello Stato (ora parzialmente riunito nei Carabinieri) va considerato che dei circa 28.000 forestali siculi il 94% sono tuttora dei lavoratori precari soggetti a reincarico (alcuni vengono reincaricati annualmente da decenni) e quindi sono un mercato interessante – quasi 100.000 voti con le loro famiglie – per chi deve smuovere pacchetti di voti.
Vale quindi la pena di prendersi tutta questa responsabilità? Vedremo forse Musumeci all’opera, anche se la proposta di Buttafuoco è di decidere di operare come la città di Detroit, negli USA, ovvero dichiarare ufficialmente fallimento e poi ripartire da zero ma senza più obblighi contrattuali e pendenze.
Musumeci può farcela perché il centro-destra è unito (almeno sulla carta) anche se non sono mancate le proteste interne per alcuni candidati in odore di contiguità mafiosa proposti per Forza Italia dal viceré siciliano di Berlusconi, il coordinatore di FI ed ex ministro Miccichè. Inoltre la coalizione ha attratto (ma ci guadagnerà?) vistose frange di centro che hanno fiutato l’aria e lasciato il PD.
È quel “centro” siciliano che ogni volta opziona i potenziali vincitori e presidia le postazioni prima ancora di conoscere i risultati finali.
Per non sbagliare il “centro” per l’occasione si è comunque scisso in numerosi gruppi e gruppetti e pensate che mentre Alfano appoggia il candidato ufficiale del PD alcuni suoi luogotenenti sono con Musumeci, ma senza reciproche scomuniche.
C’è poi il M5S – che ripropone il candidato governatore Giancarlo Cancelleri – e che cerca di capire quanto può contare a livello nazionale in vista delle “politiche e il PD che stando ai sondaggi rischierebbe una batosta. Alla fine, dopo aver rifiutato la candidatura al governatore uscente Crocetta, presenta il docente Fabrizio Micari ma subisce la spina di un candidato alternativo (il collaudato Claudio Fava) sponsorizzato dalla sinistra e frange interne.
All’incertezza di Palermo è quindi anche legata la legge elettorale nazionale perché se il PD perdesse male si aprirebbero altre tensioni interne e quindi per Renzi il “Rosatellum bis“ è meglio farlo votare prima del 5 novembre, così saranno poi direttamente i leader a stabilire le liste bloccate e avranno ben maggiore potere di controllo interno.
Un ragionamento serio andrebbe finalmente fatto – e questo a livello nazionale – sulla “autonomia” siciliana che si è tramutata in una incredibile voragine finanziaria dove tutti hanno responsabilità (ma proprio per questo alla fine nessuno è colpevole) ed a cui si è aggiunto l’ultimo strampalato quinquennio del governatore Crocetta.
“Una macchietta impazzita” sostiene Buttafuoco, con incredibili esempi di malagestione conditi con atteggiamenti da guitto e assurdità surreali che solo in terra siciliana possono essere possibili.
Sta di fatto che lo stesso PD lo ha appunto ricusato alla guida della regione dopo un valzer di 43 (quarantatre!) assessori cambiati in pochi anni.
In un tale marasma che dura da decenni l’unico politico ad aver pagato è stato alla fine l’ex presidente Totò Cuffaro che è finito in galera per 7 anni e ci è rimasto fino all’ultimo giorno. Poi – liberato a fine pena – è andato a fare il medico missionario: succede anche questo ai piedi dell’Etna.
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