Che cosa hanno in comune un neo-eletto senatore repubblicano dell’Alabama che, pistola alla mano, rivendica il Secondo emendamento e, dall’altra parte, un tale che qualche giorno dopo compie il maggior massacro della storia recente degli Stati Uniti? Per quel che ne sappiamo oggi, la risposta è la seguente: assolutamente nulla, all’infuori del fatto che si tratta di eventi concomitanti. Potrebbe però essere un esercizio non futile considerarli eventi anche contestuali.
Intendiamoci: non sto certo attribuendo delle responsabilità anche solo indirette a Roy Moore e ai suoi amici ultraconservatori per la strage di Las Vegas, come forse tanto piacerebbe a qualcuno. Sto soltanto cercando di offrire qualche spunto per la riflessione, onde evitare (e non è certo facile!) che, all’indomani di un evento tanto sconvolgente, ci si faccia trascinare dall’emotività, ovvero da tutto ciò che serve solo a manipolare la gente, ed esula dalla sacrosanta compassione per le povere vittime innocenti.
Affinché tale non facile riflessione possa riuscire, bisogna riproporre gli eventi appena descritti, ma sotto una luce leggermente diversa. Da una parte abbiamo un’importante vittoria politica dell’ala ultraconservatrice, con tanto di ostentazione di pistola; ostentazione, per altro, non certo rivelatrice – infatti era ovvio che dietro tale vittoria non poteva che esserci la base pistolera del partito repubblicano – e quindi emblematica. Dall’altra parte abbiamo un atto di violenza sanguinaria, e soprattutto quei 10, 18, 21 fucili (la cifra continuava ad aumentare come ad un’asta grottesca) destinati a diventarne l’emblema; anche se non certo privi di significato sono età, sesso ed etnia di un cecchino il cui movente rimane a tutt’oggi avvolto nel più totale mistero, e perciò senza alcun valore dirimente, Resta dunque soltanto un altro cinturone ostentato (e che cinturone!) da un maschio bianco, questa volta nella sua versione horror.
Può servire ricordare che lo spettro dell’uomo bianco con il cinturone era già tornato ad agitarsi il mese scorso a St. Louis, dove un’eclatante sentenza di tribunale – che scagionava un agente di polizia imputato dell’omicidio di un giovane afroamericano soltanto sospettato di essere un trafficante di droga – aveva per giorni suscitato lo sdegno violento e distruttivo del popolo afroamericano; sdegno quindi istigato da un altro cinturone ostentato da un altro maschio caucasico; e sono tre. Che nel Paese stesse montando la “tempesta perfetta”, come dicono da queste parti, era dunque chiaro sin dal mese scorso (ma forse già dal mese prima, dai fatti di Charlottesville, dove non dimentichiamoci che c’è scappato il morto). Oggi non è difficile capire dove tale tempesta andrà a sfogarsi. Infatti, sull’onda emotiva del dopo-Las Vegas è puntualmente ripartita la crociata per riformare il Secondo emendamento idolatrato dal suddetto senatore e dai suoi amici ultraconservatori; crociata che un partito democratico ansioso di riscatto persegue con particolare determinazione sapendo di poter contare anche sullo sdegno della sua parte notoriamente più disaffezionata – gli afroamericani.
La politica dunque agita lo spettro dell’uomo bianco col cinturone, e così dimostra uno straordinario opportunismo nel saper cavalcare il conflitto latente più esplosivo del Paese (ovvero quello razziale) per alzare il livello dello scontro tra democratici e repubblicani; e come se ciò non bastasse, l’assiste pure una congiunzione astrale che scatena la follia omicida. È però comunque un opportunismo un po’ minchione, quello che non si avvede che, come dice il detto, tra i due litiganti è il terzo che gode. Chi sarà mai quel terzo non è dato di sapere, e non lo dice neppure il detto. Poiché è la strategia che conta.
Ad ogni modo un paio di domande orientative forse varrebbe la pena di farsele: in un clima civile di “tempesta perfetta” come quello che ho appena descritto (e con i media che gli fanno da cassa da risonanza) è più facile che diminuisca o che aumenti l’acquisto di armi del privato cittadino americano? E quello di chi deve garantire l’ordine pubblico? Vi lascio a meditarci su con calma, magari facendovi ispirare dall’intramontabile (è proprio il caso di dirlo) ritornello dei Lynyrd Skynyrd.
Quanto all’esito del contenzioso forse sarà del tutto trascurabile, com’è stato il caso sinora; o magari (colpo di scena!) si arriverà, fra qualche mese, ad una storica riforma della legge sul porto d’armi che farà esultare tutto il popolo democratico (o quasi). Chi vivrà vedrà. Qualcosa mi dice che al nostro famoso “terzo” non gliene potrà fregare di meno, come dicono a Roma, poiché da tempo le sue azioni saranno volate in borsa.
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