Il 9 maggio del 1936, l’Italia aveva il suo Impero.
La guerra era iniziata il 3 ottobre del 1935. A partire dal mese successivo, dopo che il 18 novembre la Società delle Nazioni approvò sanzioni economiche contro l’Italia per condannare l’aggressione ingiustificata dell’Etiopia, l’opinione pubblica fu mobilitata in una lunga serie di iniziative e manifestazioni, allo scopo di dimostrare la perfetta unità tra la popolazione e il suo duce.
Già il 10 novembre, il quotidiano locale invitava i varesini a nutrirsi «in sobria misura», evitando la carne e prediligendo pesce, verdura e polenta; a vestirsi «con tessuti italiani»; ad usare «per l’igiene del […] corpo e le esigenze della […] toletta […] i migliori prodotti italiani»; a curarsi con «farmachi [sic] italiani»; a ridurre «al minimo le spese di illuminazione, riscaldamento, […] il consumo di carta»; ad «evitare sempre e dovunque ogni spesa superflua»; a «non accogliere come oro colato ogni affermazione del commerciante». Tre giorni dopo, la Delegazione provinciale dei fasci femminili diffuse un battagliero manifesto, in cui si annunciava il boicottaggio dei prodotti francesi ed inglesi. Le donne fasciste della provincia di Varese, si disse, non avrebbero più giocato a bridge né avrebbero più preso il thè, ma avrebbero consumato solo caffè proveniente dal Brasile, uscito dalla Società delle Nazioni nel 1926; non avrebbero più consumato il baccalà, ma avrebbero allevato polli e conigli; avrebbero risparmiato su tutto, offrendo oro, rame e ferro alla Patria. E infatti, anche a Varese fu celebrata, come in tutta in Italia, la Giornata della fede, in occasione della quale le donne donavano pubblicamente l’oro più prezioso alla Patria in armi: la fede nuziale.
Fu proprio in questo clima che a Varese si iniziò a parlare della necessità di costruire un nuovo teatro.
Verso la fine di gennaio del 1936, la Consulta municipale cittadina discusse, per iniziativa del suo podestà, circa il futuro del teatro a Varese. Il Teatro Sociale risultava ormai una struttura troppo legata alle tradizioni ottocentesche e, benché dotato di una bella sala e di un ottimo palcoscenico, non sembrava più adeguato alle esigenze di uno spettatore moderno e gli impresari lamentavano continue perdite economiche. Così si decise di procedere alla costruzione di un nuovo teatro, che corrispondesse «alle esigenze d’una città capoluogo di provincia».
Bisognò tuttavia aspettare ancora un paio d’anni, prima che qualcosa in tal senso si muovesse. Il 3 novembre del 1938, la «Cronaca Prealpina» annunciò che, nel giro di un anno, Varese avrebbe avuto finalmente il suo nuovo e moderno cinema-teatro. Il progetto, firmato dall’ingegner Fermo Conti, era stato approvato dal ministero della Cultura popolare, dopo aver superato l’esame delle Direzioni ministeriali dedicate al Teatro e al Cinema. Lo stesso progettista avrebbe gestito il nuovo spazio, garantendo una stagione lirica annuale, una stagione teatrale, spettacoli d’arte varia e proiezioni cinematografiche.
Il progetto era decisamente ambizioso: la grande platea avrebbe contenuto 730 poltrone; la galleria avrebbe ospitato altri 570 posti. Anche il palcoscenico avrebbe avuto dimensioni importanti: 14 metri di profondità per 15 di larghezza e 8 di altezza. Era inoltre prevista una cupola a lucernario apribile meccanicamente, in modo tale da diventare, nella bella stagione, una sorta di arena estiva.
La nuova sala per spettacoli teatrali e cinematografici non fu pronta che nel 1940. L’inaugurazione fu ovviamente fatta coincidere con l’anniversario della marcia su Roma, il 28 ottobre. La gestione fu assunta dalla S.A.C.I.T.E.S., che già amministrava importanti teatri come il Brancaccio di Roma e lo Smeraldo di Milano (inaugurato il 10 ottobre di quello stesso anno).
Il giorno dell’inaugurazione fu messo in scena lo spettacolo di varietà Ciò che vi piace del duo comico Vanni e Romigioli, mentre la programmazione cinematografica avrebbe avuto inizio con la proiezione della pellicola Don Pasquale, di Camillo Mastrocinque, che proprio quell’anno era stato accolto con successo alla Mostra del cinema di Venezia.
Pur con ritardo, anche Varese aveva il suo Impero.
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