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Pensare il Futuro

IL FATTORE KURZ

MARIO AGOSTINELLI - 20/10/2017

??????????????????????????????????????????????????????????????????I dati sul voto in Austria confermano le previsioni della vigilia: i popolari (ÖVP) tornano dopo 15 anni primo partito del paese, dietro di loro socialdemocratici (SPÖ) ed estrema destra (FPÖ). La grande coalizione tra popolari e socialdemocratici è affaticata da 11 anni di governo: appare dunque possibile un’alleanza tra popolari ed estrema destra. Quali conseguenze potrebbe avere la virata a destra di Vienna sugli equilibri politici in Europa?

FPÖ al governo: quali i precedenti?

Il Partito della Libertà, fondato nel 1956 come successore della Federazione degli Indipendenti (che raccoglieva ex nazisti e nazionalisti), nel corso dei decenni ha vissuto diverse trasformazioni. Inoltre, in due fasi distinte ha già partecipato a esperienze di governo.

Tra il 1983 e il 1986 il partito, dopo una netta revisione del programma in senso più liberale, partecipò a un governo di coalizione con i socialdemocratici. La legislatura fu tuttavia interrotta dall’elezione alla guida del FPÖ di Jörg Haider, considerato “impresentabile” in quanto espressione dell’ala intransigente.

Tornato all’opposizione, Haider riuscì a far decollare il partito, portandolo a un risultato storico alle elezioni del 1999. Quell’anno il FPÖ superò per poche migliaia di voti il partito popolare, e nelle trattative successive emerse un governo di coalizione tra ÖVP e FPÖ. I membri dell’Unione europea condannarono fermamente l’accesso all’esecutivo da parte di un partito filonazista. Sotto la spinta della Commissione Prodi, nel febbraio 2000 i restanti 14 membri Ue imposero sanzioni bilaterali contro l’Austria: congelamento delle relazioni diplomatiche e non-sostegno di Vienna all’interno delle istituzioni internazionali. Le sanzioni furono sollevate a settembre, quando divenne chiaro che la partecipazione di forze di estrema destra al governo austriaco non avrebbe avuto serie ripercussioni sullo stato di diritto.

Oggi il FPÖ non è più l’unicum che poteva essere nel 1999: ha posizioni simili a diversi movimenti nazionalisti che già governano nell’Europa centro-orientale, primi tra tutti il partito Fidesz di Viktor Orbán, al governo dell’Ungheria dal 2010, e Diritto e Giustizia di Beata Szydło e Jarosław Kaczyński, che guidano la Polonia dal 2015.

Sebastian Kurz: il Macron austriaco?

L’ascesa nel maggio scorso del giovane leader Sebastian Kurz alla testa dell’ÖVP ha riportato il partito in vetta ai sondaggi. Grazie a Kurz i popolari, che solo poco prima si avviavano verso il peggior risultato della loro storia (le proiezioni gli attribuivano circa il 20% dei seggi), sono tornati primo partito nel paese dopo 15 anni. Differenza ancora più importante riguarda inoltre il programma: mentre Macron ha scelto di fare una campagna europeista e antipopulista, andando controcorrente al sentire comune, Kurz ha deciso di assecondare paure e insicurezze degli austriaci, avvicinandosi alla destra, come dimostrato dalle tensioni con l’Italia al Brennero.

Economia: una crisi solo percepita

La crisi migratoria è stata vissuta come una minaccia anche a causa del rallentamento dell’economia austriaca, che ha reso l’opinione pubblica meno sicura della stabilità dimostrata negli anni da Vienna. Vista dall’esterno, in realtà, l’Austria appare ancora come uno dei paesi “virtuosi” dell’Unione europea e dell’Eurozona. Nonostante la crisi il debito pubblico è salito solo in maniera contenuta (dal 65% al 86% del PIL) ed è oggi sceso già di cinque punti dai massimi del 2015, mentre il tasso di disoccupazione resta a un invidiabile 5,9%.

Gli austriaci patiscono tuttavia da sempre il confronto con i loro “fratelli maggiori” tedeschi. Se fino al 2005-2006 la Germania era considerata il “malato d’Europa”, dopo la crisi finanziaria del 2009 il paese ha invertito la rotta e oggi può essere considerato in piena occupazione. In Austria, il tasso di crescita economica si è invece quasi dimezzato, mentre la disoccupazione è cresciuta fino a superare quella tedesca: un sorpasso solo simbolico se confrontato con l’alta disoccupazione dell’Eurozona, ma comunque sufficiente a ingenerare timori nella popolazione. Timori tanto diffusi che oggi i cittadini che considerano la globalizzazione un fenomeno negativo sono il 55%: il valore più alto in Europa, superiore persino a quello dei francesi, tradizionalmente ostili a un mondo sempre più globale. Ci sono, purtroppo tutte le premesse perché anche gli austriaci infrangano la visione sociale all’origine dell’Europa.

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