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Libri

I VINTI DI PANSA

MANIGLIO BOTTI - 06/10/2017

pansaIl giornalista e scrittore Giampaolo Pansa, uno dei più noti e celebrati commentatori italiani del nostro secondo dopoguerra (dagli anni Sessanta del Novecento fino agli inizi del Terzo Millennio), per avere attraversato la storia politica e la cronaca – sempre in posizioni di rilievo – nei più importanti giornali italiani (Stampa, Giorno, Messaggero, Corriere, Repubblica, Espresso…), è tornato in questi giorni all’appuntamento con i suoi lettori con un libro che ripercorre vicende in parte già narrate, ma sulle quali egli si sofferma ora come fa un operatore fotografico con uno zoom: “Il mio viaggio tra i vinti – Neri, bianchi e rossi”. Il libro è pubblicato da Rizzoli.

Chi siano i “vinti” di cui parla Giampaolo Pansa è presto detto. Sono per la maggioranza gli sconfitti della Repubblica sociale italiana, i mussoliniani, i fascisti tout court ma non solo quelli uccisi nei mesi della guerra civile – dall’autunno del ’43 alla primavera (25 Aprile) del ’45 – bensì quelli assassinati nei mesi successivi, a guerra ormai finita ma non “chiusa”: fino a tutto il 1945 e anche nel ‘46.

Quando quindici anni fa Pansa – grande conoscitore del periodo della Resistenza italiana nel Nord, tra Genova e il Po, per avergli dedicato anni di studio prima e dopo la sua monumentale tesi di laurea – diede alle stampe per i tipi di Sperling & Kupfer il libro “Il sangue dei vinti” scoppiò il finimondo, specie nella sinistra comunista, che aveva avocato a sé stessa ogni merito resistenziale.

Come si permetteva il Pansa di “revisionare” la storia? Per di più proprio lui, un giornalista che fino ad allora era passato per essere, se pure da posizioni non ortodosse, un “simpatizzante”. Le polemiche, anche violente, che ne sortirono produssero tuttavia l’effetto contrario. E il libro si rivelò poi uno dei più grandi e importanti successi editoriali degli ultimi anni, arrivando a più ristampe e alla vendita almeno di un milione di copie. Fatto inusuale in un Paese che legge poco, specie libri o saggi di storia.

In realtà Giampaolo Pansa non scriveva cose del tutto ignote, perché degli eccidi e degli assassini – compiuti anche da “partigiani” nei confronti di “fascisti” – s’era spesso parlato, ma in libri quasi sempre scritti da “autori di destra” che finivano nascosti negli scaffali di qualche casa privata o, tutt’al più, esiliati in biblioteche di piccoli paesi o cittadine di provincia.

Giampaolo Pansa no, era troppo noto e autorevole per essere messo a tacere con qualche battuta sarcastica. I cosiddetti “Gendarmi della memoria”, come poi proprio Pansa li volle chiamare in un suo successivo libro al “Sangue dei vinti”, si diedero da fare, eccome, anche facendo scendere in campo veri pezzi da novanta della Resistenza e del giornalismo, come Giorgio Bocca, per esempio, di cui Pansa in parte s’è sempre considerato un “allievo” (Bocca era del 1920 e Pansa della generazione successiva, 1935, ma entrambi figli del “vecchio Piemonte”, essendo l’uno di Cuneo e l’altro di Casale Monferrato). Con un risultato – s’è già avuto modo di annotare – opposto agli intenti denigratori. Perché non c’è riga di ogni libro scritto da Giampaolo Pansa che non sia vera e verificabile; non c’è testimonianza che si possa smentire o prendere con approssimazione.

Il nuovo libro di Pansa, dunque, recupera alcune storie del “suo viaggio tra i vinti” e ne racconta di nuove. E ci dice anche di come in questo viaggio sia stato sempre assistito e consigliato da Adele Grisendi, già funzionaria della Cgil, a sua volta scrittrice, sua compagna da una ventina d’anni. È forse anche per questa ragione che, in modo talora più approfondito rispetto al passato, venga scandagliato il mondo femminile, con storie di donne a volte travolte come fuscelli nel gorgo della guerra civile, altre volte protagoniste e “dure” più di personaggi maschili. E pure v’è una ripresa e una ricostruzione puntuale della fine – oltremodo tragica – della stragrande maggioranza degli ebrei di Casale Monferrato, la cittadina in cui Pansa – nella casa dei suoi – visse ragazzino, liceale e studente universitario… E non mancano, com’è ovvio, nemmeno storie in cui l’amore e anche il sesso giòchino una parte importante. Perché il mondo va così. Non c’è tragedia – e la guerra civile lo è stata e grave – in cui un uomo e una donna insieme non riescano a intravedere una piccola luce che è, in fondo, il simbolo e la rappresentazione della vita.

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