Quello che comunemente si considera un problema, va vissuto come un’opportunità, un’occasione di evangelizzazione, un tempo di grazia, per rinnovare la mentalità e trovare il metodo per una più efficace azione pastorale…
Certo il discorso del Papa ci scomoda, perché ci obbliga a ridefinire il quadro e gli obiettivi generali della vita pastorale. Ma a cosa serve mantenere un quadro stretto, obsoleto, che non abbraccia più la realtà in movimento?
Il fatto che il documento sia uscito nell’anno del Giubileo fa capire quanto sia fondamentale per il bene della Chiesa “accompagnare, discernere e integrare le fragilità” col metodo della “misericordia pastorale”, che indica un quadro generale e favorisce un clima carico di amore, disposto sempre a comprendere, a perdonare, a sperare…
In tutte le iniziative che portiamo avanti, tradizionali o nuove, si deve rivelare sempre più e sempre meglio “il volto della Sposa di Cristo, che fa suo il comportamento del Figlio di Dio, il quale a tutti va incontro senza escludere mai nessuno” (Misericordiae vultus, 12).
Una Chiesa “lieta, col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza” – aveva detto Papa Francesco a Firenze, nel novembre 2015, al Convegno della Chiesa italiana. Siamo chiamati ad uscire con più decisione dal ruolo di controllori ed entrare in quello di facilitatori della grazia, annunciatori del primato della carità come risposta all’iniziativa dell’amore gratuito di Dio.
Come pastori e come comunità cristiane siamo invitati a frequentare di più gli “ambienti” nei quali si evidenziano situazioni spesso totalmente nuove e imprevedibili, per portarvi il lievito del Vangelo, non prontuari e ricette.
Come Chiesa dobbiamo essere sempre più pronti a portare nella mente e nel cuore l’esperienza umana ferita degli uomini e delle donne del nostro tempo.
Il cammino pastorale che dobbiamo affrontare insieme offre soddisfazioni, insieme a preoccupazioni; per questo dobbiamo tornare a formare le coscienze, a dedicare tempo e passione alla direzione spirituale e alla sana pratica della confessione regolare, a preoccuparci in prima battuta di una saggia evangelizzazione.
A Gesù interessano tutte le “cento pecore” dell’ovile; il suo Spirito, che è sempre all’opera, suscita nuovi carismi per la grande avventura della consegna del Vangelo della gioia alle famiglie di oggi, anche a costo di “subire oltraggi per il nome di Gesù”, come avviene a tanti nostri fratelli in Africa e in Oriente.
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