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Spettacoli

GIANNA D’ARCO

MANIGLIO BOTTI - 29/09/2017

giannaSe a un qualsiasi appassionato di canzonetta italiana, anche un po’ di straforo, si domandasse quale sia la più famosa nostra rockstar, in senso femminile, credo che per il novantanove per cento dei casi la risposta sarebbe senza esitazioni: Gianna Nannini. Così come, coniugando la domanda al maschile, molti direbbero: Vasco Rossi.

Gianna, che di anni è ormai ben over sessanta (ma anche Vasco, da par suo, non è più un virgulto), calca la scene da più di quarant’anni. Diciamo che, rispetto al Blasco, che l’estate scorsa a Modena ha festeggiato un suo ben lungo genetliaco con la canzone (record di 220mila presenti al Parco Ferrari), ha forse un allure più internazionale. Per esempio è molto nota, e sin dagli inizi della carriera, in Germania e in Inghilterra. Ma ha decisamente in comune anche con Vasco un imprinting tutto italiano. Bruno Lauzi, che era uno che se ne intendeva, diceva che le canzoni di grande successo di Gianna Nannini (almeno quelle che l’hanno lanciata) sono dei “valzerini”. Pensiamo senza ombra di dubbio a Fotoromanza, agli inizi degli anni Ottanta. Come dire, va bene il rock, ma senza dimenticare la nostra tradizione, il nostro folk.

Tradizione che per Gianna (e anche per Vasco) non è solo italiana nell’arte ma anche nella formazione. Quando lei viene intervistata mette subito i puntini sulle i: sono nata a Siena – dice – nella contrada dell’Oca. E subito riecheggiano nelle sue parole il Palio e la curva di San Martino o la curva del Casato, la Torre del Mangia e la piazza del Campo pronta e ricoperta di terra per la corsa – a volte pure cruenta – dei cavalli. La sua famiglia, che Gianna abbandonò poco più che ragazzina, con l’italianissima e splendida città di Siena e con le sue tradizioni dolciarie, ha appunto molto a che vedere.

Non che il racconto di Gianna e Vasco debba necessariamente procedere pendant, ma allo stesso modo il cantante di Zocca (provincia di Modena) tutte le volte che è apparso sul palcoscenico, nonostante il suo voler essere a tutti costi alternativo, con la sua parlata ha sempre dato l’idea di lambrusco, parmigiano, prosciutti, ciccioli e gnocchi fritti.

Tornando a Gianna Nannini, la sua produzione artistica (rock e… meno rock) è fuori discussione per bravura, competenza, modo di presentarsi, esecuzione. Anche la parte intellettuale e poetica del suo lavoro è sempre stata molto bene sottolineata. Pensiamo alla sua collaborazione con quel grande chansonnier italiano (ma di vasta cultura del Nordovest europeo) che è Paolo Conte. E anche al “marchio” canzonettistico impresso insieme con Edoardo Bennato ai campionati italiani di calcio di Italia ’90 con un’Estate italiana, più nota forse come Notti magiche.

Nonostante anche qui – citiamo da una recente intervista per il Corriere della Sera fattale da Aldo Cazzullo – Gianna lanci il sasso, poi lo ritiri, poi lo rilanci di nuovo… Come a dire: io sono sempre io, trasgressiva e no. Afferma infatti Gianna: “Non volevo più cantarla (ndr Notti magiche), chiamai Edoardo in soccorso. Ero turbata dagli incidenti nei cantieri degli stadi: tutti quei morti… Il calcio mi aveva stufata: papà era presidente del Siena, non parlava d’altro. E poi sono sempre stata contro il potere, contro le celebrazioni. Alla fine la canzone piacque. È diventata degli altri, non più mia. Ora la canto volentieri”.

A parte il fatto che tutte – proprio tutte – le canzoni, una volta cantate presentate e ascoltate, “diventano degli altri”, si rileva anche qui una Gianna Nannini double face. Rockstar alternativa – una specie di santa Giovanna d’Arco della canzonetta – dentro di sé, e italiana solidale e furba amicona… al di fuori. Un po’ sempre tra il voler essere e l’essere di fatto. Sono inevitabili contraddizioni del personaggio – ma chi non ne ha? – manifestate anche nella già ricordata intervista concessa a Aldo Cazzullo sul Corriere.

Tanta è la poesia dei sentimenti delle sue canzoni, e delle sue scelte artistiche colte e identificabili, e altrettanta – spesso – è la convenzionalità del suo comportamento perenne di attempatello Giamburrasca, che saltella e sbeffeggia come se avesse sedici anni, e tanta anche la banalità delle sue citazioni. Sembra provocare quando dice che il tale è un “ganzo” (Beppe Grillo ex comico e ora attivista politico), che non ama le “dicotomie” (sinistra e destra, etero e omo, Trump e Berlusconi) e che le interessa solo la “creatività delle persone”, che del tal altro era attratta soprattutto dall’ “odore” (Giorgio Gaber, cantante e guru), che l’Italia “è un Paese che ha bisogno di un cambiamento profondo”. Ma non provoca. Sono cose, ormai, da bar o da “aperi-cena”.

Gianna è meglio ascoltarla nei concerti. Fino a quando ce la farà, lei a cantarli e noi a seguirla.

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