Già, e del Molina chi ne parla più. Eppure è proprio il caso di parlarne. A metà ottobre, cioè tra pochi giorni, si avranno due importanti scadenze: la magistratura amministrativa dopo aver preso tempo non concedendo sospensive dovrà pronunciarsi nel merito del ricorso dell’ex presidente della Fondazione, Christian Campiotti, mentre il presidente della Regione Roberto Maroni, attraverso gli organi deputati della Sanità, dovrà farci sapere se intende cessare la gestione commissariale della Fondazione Molina o rinnovarne il mandato semestrale. Il secondo dall’inizio e pure esso in scadenza a metà mese. Ovviamente due scadenze di estremo interesse per la città di Varese, vera titolare del patrimonio dell’importante Istituto geriatrico, la quale si aspetta che la gestione del Molina ritorni al più presto alla normalità.
Ed è qui che incominciano le preoccupazioni. Per quanto si ha modo di saperne il commissario straordinario Carmine Pallino ha comportamenti più consoni a quelli di un amministratore a vita che di quelli propri di un commissario pro tempore. Le sue intenzioni le ha esplicitate alcuni mesi fa a metà del suo secondo mandato presentandosi alla stampa a fianco del noto chèf Gualtiero Marchesi.
Siamo chiari, il commissario è più che legittimato ad esprimere opinioni e preferenze personali in ordine ad una futura gestione del Molina. Se fosse di suo gradimento, potrebbe addirittura sognarsi la costituzione di una Casa di riposo per ex scalpellini, sul tipo della Casa di Riposo milanese Giuseppe Verdi per ex musicisti, ma questo non dovrebbe rientrare nei compiti esecutivi di un commissario straordinario. Compiti, tanto per capirci, come quello di assumere impegni (e quali ?) con la Fondazione Marchesi per destinarle una particolare Casa per vecchi cuochi. Magari sfrattando la benemerita VARESE ALZHEIMER che occupa al Molina un particolare immobile e lì vi esercita da molti anni la sua specifica attività a favore di centinaia di ammalati e di loro famiglie. Sempre, se rientra nel gradimento di Pallino, questi può legittimamente pensare di utilizzare i locali della vecchia lavanderia per farne le cucine di una vera e propria scuola cuochi di alto livello, dove insegnanti sarebbero appunto i vecchi chef ospiti della costituenda famosa nuova Casa ad essi destinata. De gustibus…
Ma il commissario sarebbe andato oltre, ritratto penna in mano a sottoscrivere col celebrato Marchesi chissà quale accordo per dare vita all’ennesima scuola di alta cucina. Se fosse proprio questa che manca a Varese, in aggiunta a quella programmata a Villa Mylius e a quella operante al De Filippi ai Miogni avremmo più scuole di cucina che allievi. Di grazia quali accordi ha effettivamente sottoscritto il commissario per il futuro della Fondazione? I suoi comportamentI danno l’impressione che egli si ritenga amministratore di lungo periodo del Molina. Legittimo dunque ipotizzare che abbia ricevuto precise assicurazioni in merito dal suo dante causa che siede ai vertici della Regione Lombardia.
Una risposta la dia perciò Maroni. Due mandati semestrali di commissariamento del Molina dovrebbero ritenersi più che sufficienti per il chiarimento di quanto andava chiarito della gestione Campiotti. Ora bisogna tornare alla normalità, rendere la gestione del Molina chiara, trasparente in piena tranquillità al servizio dei tanti utenti che vi soggiornano e della comunità cittadina. Lo statuto della Fondazione non a caso affida per la nomina degli amministratori il compito di garante al primo cittadino di Varese. Un onore ma anche una alta responsabilità. I varesini si aspettano che il sindaco Galimberti, che giustamente fino ad ora si è tenuto lontano dalla diatriba non avendone alcuna responsabilità né precedente ne successiva, sia anche il primo a richiedere il ritorno della normalità al Molina. Normalità che vuol dire, senza nulla escludere, sia il possibile ritorno alla presidenza di Campiotti qualora la magistratura dovesse ritenere legittime le sue operazioni finanziarie, sia la cessazione del regime commissariale. Cosa questa che Galimberti dovrebbe da subito pubblicamente chiedere a Maroni che tra l’altro siede in Consiglio Comunale di Varese e non dovrebbe sottrarsi al compito di favorire la ricomposizione di un Consiglio di Amministrazione della Fondazione. Da eleggersi questa volta alla luce del sole, con la massima trasparenza e finalmente sganciato dalle posizioni di potere dei partiti.
D’altra parte anche Maroni, con la sua Lega Nord, avrebbe qualche peccato da farsi perdonare per gli errori del passato visto il comportamento dei suoi rappresentanti verdi presenti nel Consiglio del Molina, sempre e comunque solidali con l’agire di Campiotti.
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