Marc Augé, l’antropologo francese noto per il suo neologismo di non luogo con cui ha ben definito certi spazi moderni, ha scritto un pensiero da utilizzare come riflessione dopo le vacanze estive, caratterizzate -spesso- dal turismo di massa. Scrive Augé. “Forse uno dei nostri compiti più urgenti consiste nell’imparare di nuovo a viaggiare, eventualmente nelle nostre vicinanze, per imparare di nuovo a vedere”.
Vedere al di là degli stereotipi, vedere e non solo fotografare, magari bulemici di selfie, vedere nel tempo. Con questa volontà,anzi speciale bussola interiore, può essere energetico per la mente visitare (applicando il suggerimento di Augé) un luogo che è abbastanza vicino a noi: il monte Verità, sopra Ascona. Sulle guide e dépliant turistici si legge che è un luogo di straordinaria valenza culturale, conosciuto a livello internazionale. Pochi altri siti nel corso del XX secolo hanno ospitato un numero così elevato di personalità alternative, artisti, scrittori e ballerini, attirati sia dal clima mite e dalla bella vista sul Lago Maggiore, sia dalla speranza di trovare individui affini che condividessero lo stesso percorso artistico e spirituale.
Lo scopo di questa premessa non è parlare del Monte Verità e dell’interessante museo riaperto da pochi mesi di casa Anatta (la parola rimanda alla cultura del buddismo) ma immaginare di camminare nel tempo e di incontrare alcuni personaggi che vissero quella particolare avventura culturale e spirituale. Con etichette di comodo sono stati definiti hippies ante litteram (e come per il viaggio spesso prevalgono gli stereotipi che cristallizzano il nostro modo di giudicare e di relazionarci con gli altri). Nella comunità naturista del Monte Verità (il nome fu dato proprio da quel gruppo di intellettuali) vissero Bakunin e più tardi anche Carl Justav Jung, Erich Maria Remarque, Hermann Hesse per citare nomi molto noti. E proprio Hesse ci riporta al tema del viaggio. Esemplificativa- tra le tante- è questa sua considerazione.
“Sulla questione circa il modo in cui l’uomo moderno dovrebbe viaggiare esistono tanti libri e opuscoli, ma a mio avviso nessuno di buono. Chi intraprende un viaggio di piacere dovrebbe in verità sapere che cosa fa e perché lo fa. Il cittadino di oggi che si mette in viaggio non lo sa”.
Forse è troppo scontato pensare che manca non solo al cittadino in viaggio molta consapevolezza di perché si fanno certe scelte ; anzi spesso siamo simili al viaggiatore che – secondo Hesse- va a Roma perché è un obbligo culturale. Oggi per quali obblighi viaggiamo ? E non solo come turisti. A pensarci bene viaggiamo molto ma non siamo più veri viaggiatori (a parte qualche eccezione) e meno ancora esploratori in ricerca di qualcosa che dia davvero senso alla nostra vita. Il libretto Siddharta, noto romanzo di Hesse, amato molti anni fa (oggi forse letto con nostalgia da una certa generazione) è un viaggio di ricerca, fatto di ostacoli,di inquietudini e di sconforto, come è la vita. Siddharta ad un certo punto si augura che almeno ci sia un vino, un veleno capace di portargli lo stordimento, l’oblio e il sonno… Quel suo augurio si realizzò in modo diverso e più profondo. Noi, al contrario, auguriamoci di non essere storditi né dai viaggi né dal vino e tanto meno dalla vita. Anzi vorremmo nel viaggio della vita poter esprimere con Hesse speranze più lievi.
Mi piace a volte, silenzioso e solo, bere tranquillo in un fresco locale, con il mio vecchio vino prediletto scambiare due parole d’amicizia e d ‘affetto.
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