Da giorni, sottovoce, a Santa Maria del Monte non si parla d’altro. La parrocchia avrebbe messo in vendita il ristorante Sacro Monte e l’asilo in via Caterina Moriggi e sarebbe in corso una trattativa ben avviata con un compratore. Si tratta di strutture non di stretto interesse pastorale e la parrocchia avrebbe preventivamente chiesto e ottenuto il consenso della Soprintendenza alle Belle Arti, che ha posto dei vincoli per preservare il patrimonio storico. Chi compra, tanto per fare un esempio, non potrà fare alcun intervento che non sia rispettoso dell’ambiente, sui muri esterni del ristorante così come nel contesto del borgo.
Perché vendere? Perché il castelletto lasciato da monsignor Pasquale Macchi, se non azzerato, si è negli anni pericolosamente assottigliato e, in prospettiva futura, manca la liquidità per tenere in ordine tutto il complesso storico-architettonico del Sacro Monte. Alcuni lavori sono stati fatti e pagati – come il restauro dell’arco di San Carlo – ma altri, come il ripristino della tredicesima cappella, sono in fase di stallo, in attesa dei finanziamenti promessi, con cui si provvederà a coprire le spese sostenute, opportunamente rendicontate al dettaglio.
Sono rimasti indietro dei pagamenti per le prestazioni di alcune ditte intervenute negli anni scorsi, pendenze che saranno risolte non appena arriveranno i soldi stanziati ad hoc. Con il ricavato dalla vendita si potranno affrontare altre spese, ad esempio il recupero del salone dell’Oratorio, anch’esso in via Moriggi, che non è più a norma se deve diventare uno spazio aperto al pubblico. D’altra parte la prospettiva pastorale è quella di adibire una sala poliuso, da destinare in particolare all’accoglienza dei pellegrini, specie dei gruppi di ragazzi e giovani.
C’è chi storce il naso pensando a monsignor Macchi che sapeva raccogliere i fondi necessari alla conservazione del futuro patrimonio Unesco. Negli anni ‘80 don Pasquale, ex segretario personale di Paolo VI a Roma, aveva conoscenze altolocate e straordinarie capacità personali. Sensibilizzava grandi donatori a staccare ricchi assegni per la buona causa. Ma erano altri tempi. Oggi è difficile ottenere l’attenzione degli istituti di credito e degli enti pubblici, fatti salvi i generosi contributi che la Fondazione Cariplo in questi anni ha assicurato al Sacro Monte e la concreta collaborazione della Regione allo splendido, recente restauro della cripta. La vendita dei beni immobili risponderebbe al più recente orientamento della Curia, attenta a gestire il patrimonio senza forti esposizioni e favorevole a vendere laddove non sia possibile provvedere in altro modo.
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