Con la ripresa dell’attività politica ritorna a galla il problema del taglio dei vitalizi parlamentari e su questa vicenda trovo corretto impostare un discorso che non sia solo basato sulla demagogia e cerchi di dare una logica alle cose.
Prima di tutto è mio dovere pensare a chi campa con 450 euro di pensione minima al mese o con 300 euro di assegno di accompagnamento se è in cattiva salute e quindi da ex deputato mi considero comunque un vero privilegiato, ma guardiamo i diversi aspetti anche giuridici del problema.
Personalmente sono stato infatti un parlamentare che ha versato 21 anni di contributi alla Camera (rinunciandone ad altri 4 perché allora c’erano delle regole in vigore che adesso cambiano, ma non potrò integrarli) e inoltre versai 93.350 euro alla regione Piemonte di integrazione contributiva per avere conteggiato il vitalizio anche con una legislatura da ex consigliere regionale: la regione li richiese al compimento del mio 60° anno (senza nulla versarmi perché ero ancora parlamentare), incassò l’integrazione ma poi ha cambiato le regole fregandomi anche lì e trasformando il versamento in una perdita evidente, mentre – va ricordato – per me il vitalizio della Camera ha assorbito anche la pensione della Cassa dei Dottori Commercialisti, che ovviamente ora non paga la differenza per i contributi non versati.
IL CONCETTO PERO’ NON DEVE ESSERE PERSONALE O SOLTANTO “QUANTITATIVO” PERCHÈ IL PUNTO CENTRALE – CHE VALE OGGI PER I PARLAMENTARI, MA DOMANI POTENZIALMENTE PER TUTTI I CITTADINI – È SE SIA GIUSTO CAMBIARE LE NORME IN MODO RETROATTIVO QUANDO NON SI PUO’ PIU’ INTERVENIRE A INTEGRARE IL PROPRIO DESTINO PENSIONISTICO.
Se è o fosse giusto togliere o ridurre il vitalizio ai parlamentari per motivi di equità, allora perché non si fa lo stesso con i funzionari e dirigenti di Camera e Senato (che guadagnano molto di più dei deputati e nessuno lo dice), ma quindi anche ai dirigenti “politici” (ovvero scelti spesso senza concorso) della Presidenza del Consiglio, della Magistratura e del CSM, della Corte Costituzionale, del Quirinale, delle Regioni, degli Enti Parastatali, delle società pubbliche, spesso e volentieri “distaccati” ma con contribuzioni “figurative” a carico dell’Ente originario (pensate a decine di migliaia di sindacalisti che non hanno mai effettivamente lavorato).
A proposito: un deputato è pagato come un magistrato: tagliamo allora la pensione anche ai magistrati?
E avete pensato ai dirigenti dello stato e degli enti locali? Sono decine di migliaia e guadagnano di solito molto più di un deputato, per equità anche a loro andrebbe allora tagliata la pensione.
Se poi deve esserci sempre una pensione commisurata a quanto versato, come la mettiamo allora con tutti i dipendenti pubblici che sono andati in pensione con solo 14 anni, 6 mesi e 1 giorno di contributi spesso anche solo anche figurativi (ho ex compagni di scuola pensionati/e a soli 30/32 anni di età e che magari già da 40 anni prendono la pensione, puntualmente rivalutata).
Oppure ricordiamoci dei dipendenti ex Alitalia, ENEL, telefonici, ferrovieri, dipendenti delle Poste e di tante altre aziende pubbliche o private commissariate, fallite o “ristrutturate”, persone messe in quiescenza per scelta politica ben prima degli anni dovuti.
Calcoliamo allora anche a loro le pensioni sui contributi versati: l’articolo 3 della Costituzione dice che la legge deve (o dovrebbe) essere uguale per tutti!
Certo fa figo urlare contro la “Casta” e magari fa perfino guadagnare voti mettendo sempre tutti nel mucchio, ma sommessamente penso si stia creando un precedente giuridico spaventoso e potenzialmente pericoloso per milioni di persone, PERCHÈ IN BUONA SOSTANZA NON CI SI PUO’ PIU’ FIDARE DI QUANTO SI È CONCORDATO A SUO TEMPO CON L’AMMINISTRAZIONE DELLO STATO.
Anche perché c’è un problema giuridico di fondo: se i “vitalizi” non sono giuridicamente considerate pensioni allora dovrebbero essere gestite dal bilancio interno delle Camere (come tuttora), se invece diventano “pensioni” allora la legge è (o dovrebbe) essere appunto uguale per tutti.
Ma a maggior ragione spiegatemi allora il perché delle buonuscite miliardarie dei manager pubblici (quasi tutti nominati e non eletti) e perché un Fazio qualsiasi – visto che comunque è anche lui un dipendente pubblico! – debba guadagnare da solo alla RAI come circa 12 PARLAMENTARI MESSI INSIEME, pur in presenza di un “tetto” di retribuzione a 240.000 euro fissato per tutti i dipendenti pubblici.
Aspetti sui quali sarebbe corretta una riflessione al di là del pur comprensibile odio che la “Casta” fa spesso di tutto per meritarsi.
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