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Attualità

EPOCA DI DISCORDIE

EDOARDO ZIN - 08/09/2017

Tra i seminatori di discordia nell’Inferno di Dante

Tra i seminatori di discordia nell’Inferno di Dante

Dopo la violenta calura che mi ha assediato per settimane, è gradevole sostare la sera sotto la magnolia magnifica e vitale per soffermarmi a riflettere sulle vicende del giorno e di questa stagione. La brezza che scende dal Campo dei Fiori stormisce fra le fronde e la luce della luna s’infiltra, contribuendo al raccoglimento.

Anche stasera la televisione mi ha portato il mondo in casa e attorno ad ogni avvenimento si è aperta non la discussione pacata, ma lo scontro rabbioso: lo stesso fatto è applaudito o disapprovato, c’è chi accusa e chi assolve, chi è di un ottimismo inaudito e chi biasima tutto e tutti, c’è perfino chi deride sulle tragedie umane e chi le condivide nella solidarietà. Sembra che prevalga non solo la logica dell’ “ognuno per sé” o del “si salvi chi può”, ma quella di “tutto contro tutti”. Argomenti, che dovrebbero essere trattati con prudenza e rispetto non solo nelle parole, ma anche nei toni e nei gesti, vengono messi in discussione e manipolati.

Le notizie mi presentano un pianeta parcellizzato, mi parlano di uomini discordi e divisi: la Corea del Nord lancia micidiali ordigni atomici, ma Trump e la Cina non riescono a trovare un accordo in sede ONU; in Venezuela c’è una latente guerra civile; in Kenia ancora massacri; lo stato d’allerta s’impone nel Mediterraneo, dove, accanto a pericoli di un conflitto palestinese-israeliano, continuano in Siria ed Irak convulsioni e massacri, in Turchia e in Egitto si violano i diritti fondamentali della persona. Il terrorismo colpisce ancora a Barcellona, a Bruxelles. In Polonia, paese dell’UE, si rigetta l’intervento della Commissione che accusa il governo polacco d’infrangere lo stato di diritto.

Il Mediterraneo, culla della civiltà occidentale, luogo di scambio di idee, di merci, di complementarietà, diviene luogo di migrazioni che suscitano paure incontrollate, nuove forme di schiavitù e di sfruttamento delle persone, lacerazioni culturali e religiose. Le migrazioni comportano il rischio della delinquenza, se non del terrorismo, ma troppo spesso i due termini vengono ritenuti sinonimi. Nasce la contesa tra chi desidera accogliere i migranti e chi li vuole rispedire a casa loro e, come se non bastasse, scoppia la zuffa tra Organizzazioni Non Governative e governo impegnato a mettere un po’ d’ordine nel caos del fenomeno migratorio. L’Europa si barcamena tra accordi siglati tra quattro paesi mediterranei e tra incapacità di far mantenere le promesse sottoscritte da tutti gli stati membri per collocare, secondo quote stabilite, i richiedenti asilo nei diversi territori nazionali: e così anch’ essa si frantuma tra solidarietà, pilastro fondante della sua costruzione, e animosità di paesi che fino a poco tempo fa erano stati oggetto dell’aiuto occidentale.

In Italia i partiti, infettati sempre più di populismo, sempre più rissosi, non riescono a trovare un minimo di coesione attorno a un programma su cui tutti convergere e preferiscono azzuffarsi sui nomi dei candidati alle elezioni. Il terremoto a Ischia provoca contese tra chi accusa le autorità preposte di aver permesso l’abusivismo edilizio e chi incrimina la vetustà delle abitazioni. C’è chi si schiera per le vaccinazioni obbligatorie e chi le vuole facoltative.

Anche la comunità ecclesiale è divisa: ci sono preti che predicano astio contro i neri colpevoli d’invadere il nostro territorio e preti che sono costretti a celebrare l’Eucarestia – segno di unità – scortati dalla polizia perché alcuni fedeli minacciano d’interrompere la celebrazione solo perché il parroco è reo di aver portato ragazzi neri in una piscina! Il mite presidente dei vescovi cerca di far coniugare il sacrosanto diritto alla vita con la necessità di assicurare dignità a chi chiede accoglienza nella legalità. Gli fa eco il segretario di Stato Parolin che con saggezza invita a far rispettare il diritto della proprietà privata, occupata abusivamente, con il diritto di assicurare una casa a chi è costretto a vivere sulla strada.

Tutti sanno tutto e lanciano giudizi, indicano possibili e balzane soluzioni, gettano colpe a destra e a sinistra. Sembra che il nostro mondo – per dirla con l’ironia di Gianni Rodari – abbia “ solo parole per vendere, parole per comprare, parole per fare parole, ma mancano parole comprensibili per pensare”. La sapienza greca che ci invitava a ricercare la comune capacità di ragionare e di collegare è sparita, il senso del diritto romano si è dileguato, l’essenza evangelica, che è amore, è stata sostituita da un nichilismo raccapricciante. Oggi tutto sembra congiurare contro la riflessione personale.

La luna intanto batte sul fianco della collina che mi sovrasta e gioca a rintracciare il mio volto, sale, piano piano, dietro un costone e io sono lì a pormi domande alle quali non so dare risposte certe. L’oasi di solitudine che mi sono creato per rifuggire dai pettegolezzi e dalle vanità televisive mi può aiutare a comprendere le opere e le parole combattendo così l’ostinazione di chi non vuol sentire ragione. Le tragedie e le discordie mi interpellano, ma non voglio prendere partito preso per qualcosa che non so, di cui non conosco le ragioni aperte. Vorrei rispettare il pizzico di verità che c’è in ogni posizione, piuttosto che discutere con chi è irrazionale e con i saccenti che trovano sempre soluzioni per problemi così immani. Penso alle violenze che ogni giorno vedo scatenarsi: popolo contro popolo, uomo contro uomo, uomo contro natura.

Perché tante discordie? Penso che una causa vada ricercata nell’uomo d’oggi che non sa esaminarsi liberamente e razionalmente, non sa ricercare la Verità con la linfa vitale del pensiero, preferendo piuttosto i bassi istinti; non sa andare alle cause autentiche di un fatto con il ragionamento e il dialogo: preferisce schierarsi con chi urla più forte; non ama l’agonismo, il confronto e si abbandona alle ciarle dei social media; non gli piace la ricerca: costa fatica. Ciò provoca in lui un profondo senso di solitudine interiore: anche se è connesso virtualmente con il mondo, la stessa tecnologia gli ruba l’intimità e la concentrazione profonda.

Penso che un’altra causa sia dovuta alla mancanza di memoria, da uno strappo dalle radici familiari, dalla cultura trasmessa dalle generazioni che ci hanno preceduto, dalla stessa scuola che insegna, ma non coltiva, non educa perché manca di docenti autorevoli e competenti che diventino punti di riferimento e capaci d’infondere nei giovani il senso della vita, del bello, del buono, del vero. Anche viaggiare è divenuto occasione di sollazzi passeggeri e non modo per allargare i propri confini alla ricerca di nuove forme di conoscenza e stili di vita diversi dai propri.

E accanto all’incapacità di rientrare in se stesso, alla solitudine, alla smemoratezza nasce spontanea l’inettitudine a relazionarsi con gli altri, soprattutto con i diversi. Pregiudizi razziali, culturali, sociali nutrono di astio e di odio coloro che osteggiano chi è in situazione di disagio, chi è a rischio, chi è ai margini, chi è disadattato.

Ormai la luna è andata a riposare e le tenebre, fresche e quiete, mi avvolgono. Mi ritiro in camera per dormire. Mi corico e prima di addormentarmi apro il solito libricino “de chevet”. Apro a caso e leggo:” A un mondo che muore di fame, di miseria, di pesantezza, d’odio, che gli egoismi divorano, le parole non bastano. Occorre che qualcuno esca e pianti la tenda dell’amore accanto a quella dell’odio, dichiarandosi contro apertamente a tutte le ferocità dell’ora, ovunque si trovino, sotto qualunque nome si celino, in uno sforzo di santità sociale che restituisca un’anima a questo nostro povero mondo che l’ha perduta”. Sono parole scritte da don Primo Mazzolari nel 1937.

Cerco il pirolino della lampada per spegnerla. Sveglio Lidia che mi chiede: ”Che ore sono?” “E’ tardi. Dormi. Buonanotte”- le rispondo. Io fatico a prendere sonno. Mi sento colpevole e impotente.

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