Sarà perché la decisione è stata presa dalla Giunta Galimberti nelle immediate adiacenze del Ferragosto ovvero in un periodo classico di distrazione di massa, fatto sta che poca attenzione è stata dedicata a una scelta – sia pure di massima – molto importante in prospettiva futura: il via libera al progetto di ammodernamento e ampliamento del Palace Hotel posto sulla collina del Colle Campigli, uno dei gioielli del liberty varesino progettato intorno agli anni’10 del secolo scorso dall’architetto milanese Giuseppe Sommaruga.
In buona sostanza si è detto sì – stando alle scarne notizie di cui ancora si dispone – a una piscina, a un parcheggio di due piani, uno dei quali interrato, a un centro benessere variamente attrezzato. Con questa operazione la nuova proprietà (la società Finalba Seconda rappresentata da Elisabetta Gabri e dall’ingegner Mauro Morello per un periodo vicesindaco di Attilio Fontana) si propone di adeguare la struttura agli standard internazionali richiesti da un segmento di mercato elevato sia per quanto riguarda il turismo congressuale sia per quello individuale. Tutto sembrerebbe in linea con le indicazioni del Pgt, anche le compensazioni di carattere viabilistico (marciapiedi su via Crispi, attraversamenti pedonali su via Sanvito) a fronte di alcuni sacrifici di alberi presenti nel vasto parco dell’Hotel.
In attesa di conoscere nei mesi a venire i singoli dettagli del progetto Finalba, sui cui il Comune dovrà vigilare con attenzione e rigore data la grande valenza storico architettonica dell’edificio, giova sottolineare come in questa vicenda si stia affermando un principio di collaborazione, in trasparenza, tra pubblico e privato indispensabile per pensare seriamente all’avvio di un processo rigenerativo di brani della città. Finora non si sono neppure levate le consuete voci del fondamentalismo conservativo locale sempre pronte a chiedere sviluppo e crescita senza offrire qualcosa in cambio a chi è disposto a investire e a rischiare.
Di passaggio giova pure ricordare che il Colle Campigli è un luogo magico della città, vicinissimo al centro, con una vista eccezionale sui laghi e il Monte Rosa. Quando si è in vetta si ha la sensazione, splendida, di stare in un altrove domestico, dentro una vacanza sempre a portata di mano. Ne era già ovviamente consapevole chi più di un secolo fa decise di edificarlo proprio lassù attrezzandolo con comfort di assoluta razionalità: la funicolare per evitare faticose ascese a carretti e carrozze e il casinò mecca di divertimenti. Furono distrutti entrambi durante il bombardamento alleato dell’Aeronautica Macchi nell’aprile del 1944.
Insomma anche Varese sembra imboccare un percorso positivo come è già accaduto altrove, sui laghi Maggiore, Lario e Ceresio tanto per restare in zona dove numerose strutture d’epoca sono state sottratte al degrado e restituite alla fruizione turistica e non solo. Un esempio vicino e recente arriva da Cademario nel Malcantone (Cantone Ticino) venti minuti d’auto dal valico di Ponte Tresa. Lì a ottocentocinquanta metri d’altezza è stato strappato a un destino di inesorabile abbandono il vecchio monumentale Kurhaus (1914) in stile liberty tedesco. E’ stato trasformato in un albergo multifunzionale di alta qualità (residenziale, salutista, sportiva, congressuale) con investimenti coraggiosi e lungimiranti.
E’ questa l’unica strada che può ragionevolmente portare in futuro anche al recupero del Grand Hotel Campo dei Fiori. Ridotto a parcheggio di antenne, il gemello del Palace ufficialmente chiuso dal 1968, fatta eccezione per alcune meritevoli iniziative culturali dedicate al liberty, è entrato anche lui nel forziere immobiliare della Finalba. I nuovi proprietari in un’intervista rilasciata al collega Flavio Vanetti, un tifoso ultrà del leggendario albergo, nelle pagine di Lombardia del Corriere della Sera (29 agosto) parlano di un possibile progressivo recupero di tutto il complesso a partire dalla funicolare chiusa nel 1953 e dallo splendido ristorante in rovina adiacente la stazione d’arrivo. Ottime intenzioni che dovranno trovare un punto di sintesi politico e imprenditoriale che tenga conto della differente realtà del Sacro Monte, delle ragioni del Parco regionale e del Centro di eccellenza astronomica e meteo voluto da Salvatore Furia. Insomma il rilancio complessivo della montagna di Varese potrebbe non essere più un sogno o una suggestione letteraria.
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