Come ogni estate in alcune regioni del nostro Paese (più o meno sempre le stesse) tornano gli incendi, in attesa che con l’autunno tornino le alluvioni. E come ogni estate tornano agli onori delle cronache i piromani, i misteriosi e imprendibili geni del male che si divertono a dar fuoco ai boschi e soprattutto alle boscaglie. Imprendibili perché non c’è alcuna proporzione tra i danni causati e le pochissime persone arrestate con tale accusa. Misteriosi per l’onnipotenza e l’onnipresenza sovrumane che cronisti e telecronisti attribuiscono loro, cui i profili dei pochissimi arrestati non corrispondono minimamente.
In realtà la prima e principale causa degli incendi delle aree boscate non sono i piromani, bensì la mancata cura dei boschi. Se un bosco, se una distesa di macchia mediterranea non vengono “coltivati” con regolari interventi, non tanto d’estate quanto soprattutto d’inverno, allora nei mesi estivi il sottobosco e i rami secchi caduti sul terreno diventano una massa di materiale pronto a prendere fuoco per cause non solo dolose ma anche accidentali. Nel caso di incendio doloso c’è per definizione un dolo, ovvero una colpa immediata e personale, che va senza dubbio censurata e punita. A monte di essa c’è tuttavia una responsabilità comune non solo dei governanti ma anche dei governati. Dei primi perché non si fanno carico del problema, ma anche dei secondi perché non li sollecitano in tal senso.
In questa prospettiva sarebbe interessante domandarsi come mai non si ha da decenni notizia di grandi incendi boschivi nelle regioni alpine, e in particolare in Alto Adige/SüdTirol e in Trentino che pure hanno vastissime foreste di alberi per di più resinosi. Ancora una volta invece, come troppo spesso accade nel nostro Paese, di fronte a un grande problema scatta la caccia ai colpevoli nell’infondata speranza che per risolvere ogni cosa basti trovare dei rei, condannarli e gettarli in carcere.
Fermo restando il dovere delle polizie di individuare i responsabili di reati e di delitti, e fermo restando il dovere dei magistrati di giudicarli secondo legge, non è da questo che la costruzione del bene comune dipende principalmente. Nel momento in cui, come è accaduto nel nostro Paese da “Tangentopoli” in poi, il confronto politico assume un carattere giudiziario, l’affronto positivo dei problemi diventa sempre più difficile. Chi non fa nulla, chi non governa, chi non affronta i problemi è avvantaggiato rispetto a chi fa. Non corre infatti alcun rischio in un sistema istituzionale come il nostro che non prevede sanzione alcuna per chi non fa. Chi invece fa, chi governa, chi affronta i problemi corre grossi rischi.
Non appena quindi si solleva la questione di come migliorare le cose tutte le parti in causa si chiudono in difesa, preoccupate più di non avere guai che di dire che cosa si potrebbe fare di meglio. Questo spiega perché a ogni emergenza naturale (incendio boschivo, terremoto, alluvione o valanga) è sempre come se fosse la prima volta.
Di tale stato di cose la questione degli incendi estivi di aree boscate è un caso esemplare. Non è prevista alcun censura, non è configurabile alcuna colpa per chi non provvede alla coltivazione dei boschi, alla pulizia del sottobosco, all’apertura di viali taglia-fuoco e a tutto ciò che è ancora necessario perché un’area boscata sia in buona salute. Se però mai si riuscisse a individuare il Grande Piromane, colpevole dell’accensione di ogni focolaio d’incendio boschivo d’Italia, allora da tutti i pulpiti dell’ordine costituito verremmo invitati a plaudire alla giustizia fatta e al problema risolto.
Non manca poi anche la versione “di sinistra” del mito del Grande Piromane: quella secondo cui le macchie mediterranee e le pinete vengono incendiate per poterci costruire sopra. Una tesi del tutto infondata poiché un’area non edificabile resta tale anche se percorsa dal fuoco; e se qualcuno può e vuole edificarla abusivamente lo fa comunque.
Così come i boschi si difendono dagli incendi estivi coltivandoli d’inverno, così i corsi d’acqua si difendono dalle alluvioni autunnali lavorando sugli alvei d’estate. E aggiungiamo pure che ci si difende dalle valanghe di neve costruendo d’estate i ripari para-valanghe. Vedendo alla tv un Canadair che sgancia una nuvola d’acqua su un bosco invece di compiacerci dello spettacolare “bombardamento” dovremmo cominciare piuttosto a domandarci quante inadempienze lo hanno reso necessario. Ciò detto siamo lieti che il nostro Paese disponga di buone organizzazioni di soccorso, dai Vigili del Fuoco al Soccorso Alpino, alla Protezione Civile e così via. Ciononostante, diversamente dai cronisti e dai direttori dei telegiornali d’assalto, non possiamo essere lieti del loro troppo frequente impiego.
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