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Opinioni

DESTREZZA MEDIATICA

ROBI RONZA - 21/07/2017

Trump con Macron

Trump con Macron

Per restare solo ai casi più importanti siamo già a tre. Sulle prime pagine della stampa che più conta nel mondo (sempre meno si capisce perché mai), l’incontro a Parigi fra Trump e Macron è stato raccontato ispirandosi al medesimo e sempre più logoro copione. È un copione i cui due eterni pilastri sono da un lato il preannuncio di grandi incomprensioni e attriti nei giorni che precedono l’incontro, e dall’altro la sorpresa per la cordialità dei colloqui e per i loro positivi risultati nei giorni che lo seguono. Era già accaduto con il Papa e con Putin, ma anche con altri personaggi dal re dell’Arabia Saudita al premier israeliano. Ci si inventa insomma una freddezza che non c’è, e poi si fa la notizia sul fatto che non ci sia.

Continua insomma la mobilitazione contro Trump di un ordine costituito del sistema mediatico internazionale che non lo voleva, che è stato preso di sorpresa dalla sua elezione, che non lo sopporta e non vi si rassegna. Non è questa malgrado tutto una battaglia impari. Trump infatti, che è fra l’altro un’ex star televisiva, conoscendo benissimo la tecnica e il linguaggio della comunicazione massmediatica, sta al gioco con grande abilità e per lo più finisce per aggiudicarsi la partita. D’altra parte questa sua destrezza era già emersa nel corso della sua campagna elettorale quando si mise sistematicamente a provocare le reazioni sempre più scomposte dei giornali e dei telegiornali “liberal”, dal New York Times alla Cnn, avendo capito che la campagna contro di lui organizzata da questi organi di stampa giocava per contraccolpo a favore dello schieramento a suo favore del blocco sociale che infatti gli ha poi dato la vittoria. Oggi che è alla Casa Bianca egli usa con altrettanta destrezza a suo favore del “Russiagate”, una montatura che non ha alcuna possibilità di successo.

Alla vigilia di ogni suo importante incontro internazionale Trump un po’ lascia girare e un po’ alimenta di persona notizie di dissensi e di attriti per quindi giocare con disinvoltura la carta della cordialità e del “Abbiamo visto che possiamo fare molte cose insieme”.

Se poi si passa dall’osservazione della sua tattica a quella della sua strategia diventa chiaro che l’uomo fa quello che ha promesso e sulla base di cui è stato eletto. Come europei possiamo talvolta esserne lieti e talvolta no, ma innanzitutto dobbiamo guardare alla realtà dei fatti e non ai vaneggiamenti per procura di quei corrispondenti italiani a New York che ogni sera, quando là dove vivono è mattina, ci ripetono come disciplinati pappagalline e pappagalline quanto hanno appena letto sul New York Times e sul Washington Post.

Trump non ama l’Unione Europea. In campagna elettorale aveva detto chiaro e tondo di considerarla un tentativo fallito di costruire un grande mercato interno in grado di far fronte a quello degli Stati Uniti. Da presidente non ha mai cessato di snobbare gli gnomi di Bruxelles, da Junker a Tusk, ritenendo che nel continente europeo ci sono soltanto due Paesi con cui si deve trattare, la Germania e la Francia; da prendere però in conto uno alla volta e non in blocco. E c’è poi un Paese con cui avere grande cordialità di rapporti: la Polonia. Questo sia per mandare un “segnale” alla Germania; e sia perché i polacchi-americani sono un pilastro del suo elettorato. Ci potrà dispiacere, ma l’Italia — e in particolare l’Italia di Renzi e di Gentiloni, maldestri e sfegatati ex-tifosi dell’ultima ora di Obama — non è invece in cima ai suoi pensieri.

Così stanno le cose, e tutto questo aiuta a capire obiettivi e risultati della sua visita di questi giorni a Parigi e del suo incontro con Macron. Il nuovo presidente francese è stato eletto con voti per lo più socialisti, ma con un programma per lo più nazionalista. Chi non ci crede vada a leggersi o a riascoltare il suo discorso davanti al Louvre la sera della sua vittoria contro Marine Le Pen. Da quanto si è visto e ascoltato in questi giorni a Parigi non si stenta a capire che Trump punta a prescindere dall’Unione Europea e a tenere a bada la Germania, facendo leva sulle ambizioni francesi (e sulle simpatie di cui gode in Polonia). Come si muove frattanto il nostro governo? Non si muove, ha ben altro da fare. Deve occuparsi dello ius soli.

robironza.wordpress.com

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