La tutela del territorio è legata inscindibilmente con la sua cura e con il difendere la sua capacità produttiva. Con il prolungarsi dell’assenza di pioggia l’allarme siccità si è ormai esteso a oltre i 2/3 della superficie agricola nazionale, interessando, praticamente, tutte le regioni, anche se con diversa intensità. È quanto emerge dall’ultimo monitoraggio della Coldiretti, dal quale compare che la situazione si sta aggravando con effetti catastrofici per la produzione, con perdite ben superiori al miliardo stimato. Dappertutto la produzione agricola di cereali è crollata in maniera vertiginosa. Soffre quasi ogni tipo di coltura.
Ho, pertanto, scritto al sindaco del comune di Varese, al presidente della Provincia di Varese perché facciano il punto della situazione sull’emergenza siccità chiamando a intervenire la Regione Lombardia. Questa lettera l’ho chiaramente trasmessa al presidente e all’assessore al territorio della regione Lombardia.
Dirò in appresso come. Deve certamente essere praticato l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’innovazione con colture meno idro-esigenti. Ma non deve essere dimenticato che l’acqua è essenziale per mantenere in vita sistemi agricoli, senza i quali è a rischio la sopravvivenza del territorio e la competitività dell’intero settore alimentare.
Di fronte alla tropicalizzazione del clima, se volessimo continuare a mantenere l’agricoltura di qualità, dobbiamo organizzarci per raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi con interventi strutturali che non possono essere più rimandati.
Occorrono infatti interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, creando bacini aziendali e utilizzando le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere acqua.
Intanto gli enti istituzionali e il prefetto di Varese dovrebbero avviare l’iter per il riconoscimento dello stato di calamità e così garantire, in tempi brevissimi, alle imprese agricole un minimo di ristoro per quanto riguarda la dilazione dei contributi previdenziali ed i prestiti bancari.
Come poter irrigare i campi anche in anni di siccità e, nel contempo, evitare che le tante (troppe) ex cave di sabbia e ghiaia vengano trasformate in altre discariche? Usando i «crateri» dismessi come bacini artificiali di accumulo idrico.
L’ho scritto dopo avere ascoltato la trasmissione Falò alla televisione svizzera italiana. È troppo forte il pericolo che queste buche soprattutto in Lombardia siano utilizzati per portare rifiuti tossici provenienti dalla Svizzera italiana.
Se invece, dove possibile, le cavità fossero riempite in inverno con l’acqua che scorre bellamente nel nostro territorio e svuotate in estate, quando sembra non bastare mai l’«oro blu» conservato nei laghi potrebbe essere un’idea praticabile e auspicabile.
Questa idea, che non è mia, è del presidente della Coldiretti di Brescia e Lombardia (nonché vicepresidente nazionale). Ci sono anni (sempre meno) di abbonanti precipitazioni (come il 2014) ed altri (2003, 2005, 2007, 2012, 2015) dove il cielo è sempre più avaro, con conseguenze nefaste per le colture. Anche il 2017, dopo un inverno molto siccitoso, si preannuncia particolarmente critico. Meno acqua significa anche raccolti più scadenti.
Quali bacini d’accumulo le cave dismesse (come non pensare alle ex cave presenti proprio nel territorio varesino e in quello comasco) potrebbero essere quindi la soluzione ideale.
Sì, ma i tempi di realizzazione? La risposta è nelle mani della Regione Lombardia. Se questa decidesse in breve tempo di adottare questo come sistema di approvvigionamento idrico; a quel punto si potrebbero coinvolgere i consorzi di bonifica e gli stessi proprietari delle cave.
Ci sono anche misure di carattere comunitario che nei prossimi anni agevoleranno politiche di risparmio idrico». Le ex cave trasformate in bacini d’accumulo sarebbero i primi nel Nord Italia.
Varese agisca in fretta senza perdere tempo e la Regione Lombardia veda di attuare questa proposta.
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