Chiunque si prendesse la briga, anche per sua curiosità, di fare una piccola navigazione-esplorazione su Internet, scrivendo nella striscia il nome di Giulio Giordani, e cliccandovi sopra, scoprirebbe che il personaggio è contraddistinto con la dicitura di “martire fascista”.
Niente da dire: ogni causa ha le sue vittime da ricordare e da celebrare. In quanto a Giulio Giordani, approfondendone la conoscenza, si scopre che era un “avvocato liberale” nato nel 1878, già eroe e grande invalido della Grande guerra e in seguito consigliere comunale a Bologna, ucciso in aula – ma negli scontri di piazza erano rimaste sul terreno una decina di persone tutte sostenitrici della causa socialista – durante l’evento che, il 21 novembre del 1920, passò alla storia come l’“eccidio di Palazzo Accursio”, il municipio di Bologna.
Sull’assassinio di Giordani – perché di assassinio si trattò, per quanto nell’ambito di scontri a fuoco tra manifestanti e guardie regie – non vi sarebbero misteri, anche se nella sua intera dinamica l’“eccidio”, a quasi un secolo di distanza, non è mai stato chiarito nelle sue vere e precise responsabilità. Chi e perché sparò e uccise. Tipico, nel nostro Paese.
È probabile che, anni fa, diciamo prima del 1943, la stessa scritta “martire fascista” – perché il fascismo nascente in quella circostanza avocò a sé il compito di commemorare la vittima, immediatamente arruolata nelle proprie file – comparisse anche nell’indicazione della targa della strada che, da Masnago, porta verso Calcinate degli Orrigoni e quindi, passando per via Valle Luna, alla Schiranna e al lago. Un tempo probabilmente una tranquilla strada di campagna, oggi una specie di tangenzialina che collega la parte nordovest di Varese con la nordlacuale, e l’autostrada, e percorsa sempre a spron battuto da auto e camion – tant’è che la polizia locale ha dovuto impiantarvi di recente delle paline per il rilevamento della velocità. Una strada importante, dunque. Nessun problema per gli ignari che la via sia intitolata dedicata a un “martire fascista” o a un partigiano. Bisogna solo percorrerla con attenzione.
Per intanto l’Amministrazione civica ha chiuso la vicenda dell’intitolazione con una dicitura anodina scritta sulla targa: via Giulio Giordani (1878-1920), combattente; e in effetti Giordani combattente lo fu, e anche valoroso, nella prima guerra mondiale, come migliaia e migliaia di connazionali, tant’è che subì una grave ferita a una gamba che gli fu poi amputata.
Ma una completa attenzione storica per adesso sembra essere sfuggita ai cultori della materia. La toponomastica è disciplina legata agli eventi e – forse si può dire – alle passioni dei politici in carica. Si presta sempre a qualche critica. Varese, passato il fascismo, passati anche gli anni bui e “di piombo” del terrorismo, ha cambiato il nome di alcune strade importanti del centro: così corso Vittorio Emanuele II, il re del Risorgimento, è diventato corso Giacomo Matteotti (cosa che non ha fatto Milano); l’altro corso che dalla piazza Monte Grappa conduce a Est della città, verso le stazioni – una volta corso Roma –, dopo l’uccisione del leader democristiano da parte delle Brigate rosse, è stata denominata corso Aldo Moro: statista.
Nulla da dire. Anche se, scorrendo le notizie che compaiono sui social, per esempio, si scoprono ogni tanto annotazioni interessanti. E così – tanto per restare sempre a Varese – si viene a sapere che qualcuno, anche autorevole personaggio, avrebbe voluto cambiare o eliminare la via Padre Reginaldo Giuliani, a Casbeno, intitolandola a qualche altro protagonista della vita politica nazionale meglio accreditato. Padre Reginaldo Giuliani era un domenicano, un religioso dunque, che però volle mescolare con la fede religiosa anche altre qualità da lui considerate basilari. Sicché fu eroico combattente degli arditi, di cui era anche cappellano, nella prima guerra mondiale; partecipante all’impresa di Fiume con D’annunzio e poi alla marcia su Roma. Con entusiasmo immarcescibile – dicono le cronache – prese parte alla guerra di Etiopia, morendo in combattimento nella battaglia di Passo Uarieu, e lì sepolto.
Se è consentita un’affermazione del genere, si potrebbe dire che oggi la vita militare (e religiosa) di padre Reginaldo, secondo un comune sentire, non sia proprio politically correct. E si capisce perché qualcuno vorrebbe eliminare la via a lui dedicata, sostituendo l’intitolazione magari con il nome di qualche altro martire di qualche altra guerra combattuta per una più giusta causa.
Ma non crediamo – è una nostra impressione – che la cosa possa interessare più di tanto, e in questo pure noi non siamo cultori della toponomastica, a coloro che transitano ogni giorno o ogni tanto in questa strada di Casbeno o, più su, nel rione di Masnago, imboccano la via Giordani per andare a dare un’occhiata al lago e alla Schiranna.
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