In un’afosa giornata di luglio, mi hai fatto conoscere, Signore, il Tuo nuovo apostolo della Chiesa che fu di Ambrogio, di Carlo, di Ferrari, di Schuster, di Montini. L’hai voluto scegliere prima delle ferie, che per molti sono l’unica occasione per accorgersi dei ritmi naturali, e nella pienezza dell’estate quando ogni frutto è turgido di semi.
Il mio primo sentimento è di lode verso di Te, mio Signore, che, tramite il vescovo di Roma, hai donato alla nostra chiesa un nuovo vescovo. A capo della Chiesa ci sei solo Tu, alcuni sono chiamati a collaborare con Te nel servizio episcopale accanto al successore di Pietro, tutti i battezzati uniti ai loro vescovi “in un cuore e anima sola” formano la Tua Chiesa. Molti, apparentemente remoti dalle Tue proposte evangeliche, attendono la Grazia che Tu distribuisci, ma che la Chiesa deve testimoniare in questo tempo e in questa porzione di terra lombarda.
L’hai voluto scegliere, Signore, tra i presbiteri di questa Chiesa, forse perché il vescovo Mario Delpini, durante il suo lungo servizio accanto ai buoni e saggi arcivescovi degli ultimi decenni, egli è stato l’accompagnatore, l’educatore, il maestro di tanti preti di cui conosce non solo il nome, ma il cuore e la sapienza. Ti rendo grazie, Signore, anche per questo Tuo dono.
Il vescovo Mario ha il compito di guidare la Tua Chiesa. Si è presentato a noi povero, umile, dichiarando la sua inadeguatezza e chiedendo il nostro aiuto perché egli possa divenire santo come tanti suoi predecessori. Non Ti chiedo, Signore, che non vada ad abitare nel palazzo: non è questa la povertà. Ci sono uomini poveri che vivono sfarzosamente nei loro palazzi avvinghiati ai loro beni perituri di cui fanno un bene supremo, come ci sono uomini ricchi di gioia, di sapienza, di soddisfazioni che sono poveri perché mancano di quello che hanno accumulato a dismisura gli abbienti.
Ti chiedo, piuttosto, Signore che la dimora del Vescovo diventi come la casa di Betania, dove preti e uomini affaticati, possano essere accolti e ascoltati e magari dove il Tuo apostolo viva assieme ai suoi collaboratori, preghi con loro, condivida non solo la Parola e il Pane, ma anche la mensa. Una casa dove tutti possano trovare il padre a cui rivolgersi per trovare una parola autorevole capace di dirimere opposizioni e conflitti.
Nutro la speranza, e scusami la sfacciataggine, che il nostro nuovo arcivescovo esca dal palazzo per andare incontro alle periferie esistenziali a proporre con mitezza e dolcezza la Buona Novella che Tu hai annunciato. Non ci sono solo nuove e vecchie povertà: quelle che la crisi economica ci ha fatto riscoprire e quelle di uomini e donne che dal fondo del loro vivere alzano veemente il pugno verso promesse mai mantenute. Ci sono i molti uomini e donne dubbiosi, incompresi che Ti cercano e non Ti trovano perché noi, Tuoi seguaci, non siamo capaci di distribuire loro l’audacia delle proposte evangeliche.
Come Tu, Signore Dio, dopo la Tua resurrezione sei sceso negli inferi a trarre da essi il vecchio uomo per condurlo al Padre, così Ti domandiamo che l’arcivescovo Mario raggiunga i molti uomini e donne là dove essi si trovano.
Assieme alla capacità di discernimento, donagli, o Dio di ogni Grazia, la sagacia di parlare chiaro e di non usare eccessivi silenzi che non sono virtù perché non provengono dall’amore, ma dal desiderio del quieto vivere. E concedigli di cogliere i segni dei tempi. Fa’ che la sua voce si levi mite, ma nitida e che tutti la possano accogliere anche fra i più strenui negatori di ogni cielo, in mezzo ai violenti, agli spietati, ai devastatori del Creato, ai traditori del bene comune, fra gli spacciatori e i drogati, fra i cinici e gli inermi. Viviamo in un arco della storia dove la giustizia è una maschera, la solidarietà un fardello di frasi consunte dall’abuso, l’amore per l’equità un manifesto lacero, l’accoglienza del fratello il bersaglio per razzi già incoccati, la concordia un suono sgonfio e quasi flaccido, la politica una delega al pallore di tanti carrieristi.
Mario, l’apostolo di questi giorni, dovrà governare questa Chiesa, che è la Chiesa particolare più grande del mondo, ha una struttura ben piantata, mille iniziative, ricca di beni materiali ereditati da coloro che ci hanno preceduto, un patrimonio prezioso che non deve essere dissipato. Concedici, Signore, a noi tutti, preti e laici, di non tendere a conservare la memoria ma a sentirla come notizia nuova per questi tempi, unico vero debito che abbiamo verso i non credenti. Ci manca spesso l’audacia di compiere cose nuove perché abbiamo paura di questo mondo che siamo tentati più a preservare che a rinnovare.
Ma il nostro padre Mario chiede, o Signore, il nostro aiuto. Ci chiede di affiancarci a lui e di camminare assieme, ragionando come facesti Tu con i discepoli a Emmaus. La Chiesa non è opera di un singolo, anche se grande, pastore. È un cammino percorso insieme nella storia, verso il Regno, come cantiamo in chiesa, ciascuno con la sua grazia e con il suo peccato, tutti impegnati a riconoscere e a vivere la logica del servizio. Perché ciò si realizzi, Ti offro, Signore, il desiderio di dialogo fra noi e il pastore, la nostra brama di unità per combattere le divisioni che coprono d’ombra il nostro esistere e intristiscono la convivenza. Perché questo camminare assieme sia reso luminoso, Ti chiedo che sia l’Eucarestia a mostrare l’articolazione della Chiesa, non le gite, i pellegrinaggi, le feste, le assemblee vuote che tolgono alle nostre comunità l’anima. È nella frazione del Pane che Ti riconosciamo e rinsaldiamo la nostra unità, condividiamo gioie e dolori, affermiamo di credere in Te. “Meno messe e più Messa” – invitava un predecessore dell’arcivescovo eletto.
In questa società frammentata, parcellizzata, mentre passiamo l’uno accanto all’altro come degli sconosciuti stranieri, carichi di indifferenza e spesso di aggressività, il ritrovarci assieme la Domenica per ascoltare la Tua Parola e spezzare il Tuo pane ci rende struggenti di verità e desiderosi di Te che Ti libri nel mondo. E accorda alle nostre comunità non solo di lavorare assieme, ma a portare i presbiteri a vivere assieme perché testimonino lo spirito di fratellanza.
Se saremo così, se vivremo così allora saremo, Signore, testimoni gioiosi di Te risorto. Ce lo ha chiesto anche il nostro nuovo vescovo. Dalla scoperta di essere soddisfatti di vivere in una Chiesa aperta al mondo e in dialogo con esso, di ritrovare unità attorno all’Eucarestia, di vivere in comunione, daremo gioia e speranza a tutti. Questa gioia ci fa esplodere, è comunicativa, si irradia. È il contrario dell’egoismo, delle grettezza, dell’egoismo di certe nostre comunità autoreferenziali. Parafrasando un verso di un poeta francese vorrei dirti, Signore, che verremo a te non uno a uno, ma a due a due.
Non ti chiedo, Signore, di esaudire le richieste dell’ultimo dei Tuoi figli, ma di mantenere le promesse che hai pronunciato nello scegliere il padre Mario come nostro vescovo. Così sia.
You must be logged in to post a comment Login