La signorina Silvani è rimasta sola, non c’è più, neanche il pechinese, arrostito da tempo al ristorante giapponese. Il professor Otto von Kranz non ci stupisce più coi suoi complessi giochi di prestigio. Fracchia è in pensione.
Cita Haywort è orfana. Pina, la moglie del ragionier Fantozzi, è vedova. Villaggio se n’è andato.
Ma sarà poi vero?
Chi invece gode grande salute è il mitico Vasco, più in forma che mai. Vasco è il più romantico dei rockettari, da sempre iscritto al partito radicale, amico sincero di Pannella che andò a salutare fraternamente un mese prima della morte, nel 2016. Fu un incontro farcito di risate, abbracci, tabacco, battute, tra i due fantastici protagonisti di vite alternative, soddisfatti di se stessi.
Si è parlato di record di presenze a Modena, di grande evento, di concerto dell’anno. Televisione e cinema hanno moltiplicato la visione. Grande è stata l’organizzazione ed ancora più significativo il fatto che 220mila fan di Blasco non abbiano creato problema alcuno per il dispiacere di chi era già pronto a blaterare su alcolizzati, fumati e drogati. Bel colpo ragazzi! Complimenti che vanno estesi anche ai… nonni, (perché Vasco sta sulla piazza da 40 anni).
La piazza che incanta e stupisce resta però sempre quella di Londra: Trafalgar Square. L’evento? Fu la visita di Giuseppe Garibaldi a Londra, invitato dal Primo ministro inglese Lord Palmerston, massone come il nizzardo.
Tra il 3 ed il 27 aprile del 1864, Garibaldi visitò Londra dopo aver occupato i territori del Sud-Italia e averli consegnati a Vittorio Emanuele II. Un milione di persone affollarono le strade percorse dalla sua carrozza il giorno 11 aprile 1864. La carrozza impiegò sei (6) ore per percorrere il tragitto dal porto di Londra a Trafalgar Square, nel 1864… Tutto nel più totale giubilo per l’uomo che aveva spinto all’esilio i Borbone, per la sua avversione al Papa, per le sue gesta in Sud America ed in Italia. Peppino era considerato ormai in Inghilterra ed in Francia come il più grande eroe romantico del secolo. Il Primo ministro inglese adorava Peppino al punto di far costruire un letto speciale ed inviarlo al Varignano, la galera dove venne tenuto Giuseppe Garibaldi, dopo i fatti di Aspromonte, 1862, e col rischio di cancrena per la pallottola nel piede sparata dagli uomini del gen. Cialdini, uno dei tanti poveretti del tempo.
Fosse un incontro di campionato italiano di pallanuoto tra Garibaldi e Vasco, in fatto di piazze, potremmo dire che ci sta perlomeno un 4 a 1.
Se invece ci gettiamo in campo mondiale i risultati non mutano, pur mutando i tempi. Un esempio? Il Garibaldi del XX secolo è sicuramente il Che. E’ comunque arduo fare raffronti: entrambi fascinosi, di bell’aspetto, idealisti, uomini di azione e sognatori. Tuttavia, fatti i debiti conti ci vogliono almeno quattro vite del Che, che non è campato tantissimo, per fare la vita di Giuseppe Garibaldi, nato marinaio e morto contadino, eroe di Due Mondi, repubblicano al servizio di un re pur di raggiungere l’unità dell’Italia; giovane combattente e mazziniano negli anni 30 e che salva la faccia ai francesi nel 70 a Digione, dopo aver salvato la faccia ai Savoia nel disastroso 1866, terza guerra di Indipendenza, a Bezzecca. Mille attacchi, mille avventure, anche a New York dove con Meucci lavora per far candele e sbarcare il lunario. Muore povero a Caprera dopo aver regalato un regno ai Savoia. E’ poco?
Molti han scritto biografie del nizzardo: Alessandro Dumas, l’autore dei Tre Moschettieri, teneva rapporti diretti col Peppino e ne scrisse una in prima persona, in veste di Garibaldi. Giuseppe Guerzoni, Jessie White Mario scrissero in tempi diversi e molti altri aggiunsero la cronaca al punto che si scopre ogni giorno qualche cosa di nuovo. Nel 2011 quando si diede vita ai festeggiamenti per l’Unità, girando per librerie nel Nord Italia si trovava sempre qualche biografia del Che e nessuna di Garibaldi. Il 4 a 1 è però certificato con grande godimento di chi scrive. Il professor Antonio Orecchia dell’Insubria, in un incontro di mazziniani varesini, all’AMI Giovanni Bertolè Viale, ha sostenuto quanto scritto più sopra. Ci vogliono quattro vite del Che per farne una di Garibaldi ma gli italiani non leggono e non studiano, tanto meno la loro storia recente. Finisce ancora 4 a 1.
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