in questi giorni, tuo malgrado, sei diventato popolare, proprio tu, che a mio giudizio, avresti voluto essere un bambino come tanti altri, semplicemente amato e cresciuto dai tuoi genitori. Invece la tua strana malattia, “rara” come la definiamo noi “grandi”, ti ha fatto conoscere ovunque. A dieci mesi, quanti ne hai appena compiuti tu, avresti potuto iniziare a gattonare, scorrazzare in giro per la tua casa o il tuo giardino, sorridere a coloro che ti rivolgevano lo sguardo e la parola, anzi tu stesso avresti già potuto gorgheggiare e pronunciare le prime classiche paroline fatte di suoni a te molto familiari : “ma ma” “pa pa”. Forse qualche volta avresti già tentato di verticalizzarti, per poter – e ti sarebbe piaciuto tanto – vedere le cose che ti circondano da un’altra prospettiva. Ma la prospettiva che invece ora ti è permessa è diversa e particolare : percepire le persone intorno a te con la tua capacità di amare – che nel tuo caso ha una modalità espressiva che va al di là delle parole – e con loro, soprattutto con mamma Connie e papà Chris, scambiare misteriosamente coccole fatte di carezze, parole, pensieri, sguardi, di intesa e di affetto. Eppure qualcuno – e si tratta di persone “grandi” che usano un linguaggio a te incomprensibile – avrebbe deciso di interrompere questo dialogo diverso, ma tanto profondo quanto vero. E’ un “qualcuno” che applica razionalmente la legge, per la tua modalità di vivere o peggio di morire. Tu non lo capisci, piccolo Charlie, ma da solo non puoi difenderti. I nostri lontani nonni e bisnonni avrebbero detto a questo proposito in un’altra lingua : intellectus sine amore malefica vis. Ecco allora che provvidenzialmente altri hanno riflettuto sulla tua vita e ora stanno aiutando te e i tuoi genitori. Sappiamo noi medici che la tua malattia non è guaribile, curabile però sì : tu, piccolo bimbo innocente, hai il diritto di essere “accompagnato “, “assistito” lungo il tempo che Dio ti vorrà ancora donare. Solo Lui deciderà quando chiamarti tra le schiere degli Angeli, non il giudice che vorrebbe farti interrompere freddamente le cure, perché davvero nessuno di noi “grandi” è “padrone” della vita di nessun essere umano!
Ho conosciuto, caro Charlie, tanti anni fa una piccola bambina, che chiamerò ora Margherita, affetta da una patologia simile alla tua, un’alterazione del mitocondrio, ma ancora più sfortunata di te all’inizio della sua vita, perché abbandonata dai suoi genitori in un lettino d’ospedale. Lei, pallida e immobile, coricata sempre sullo stesso fianco, se nessuno l’aiutava, aveva di meraviglioso due grandi occhi neri come due ciliegie mature: li muoveva quasi a ringraziare medici e infermieri che l’accudivano. Ma un bel giorno anche Margherita trovò una mamma adottiva che con il papà la curò, la crebbe ma soprattutto l’amò per diversi e inaspettati anni. Poi richiamata dalla schiera degli Angeli, simili a lei, Margherita chiuse per sempre i suoi incantevoli occhi, lasciando e facendo sbocciare tanti altri fiori di amore e di solidarietà. Caro piccolo amico, un’altra storia voglio ancora raccontarti per tenerti compagnia in questi tuoi giorni difficili: durante una notte di guardia pediatrica ospedaliera, ormai di diversi anni fa, fui urgentemente chiamata dalle infermiere perché un lattante polimalformato – cioè con alterazioni importanti a carico di diversi apparati – e che ora chiamerò Paolo, ebbe un’importante crisi di cianosi ovvero divenne tutto “scuro” e praticamente in arresto respiratorio. A nessuno venne in mente “…ormai…visto il quadro clinico…non facciamo nulla…” anzi ci fu una concentrazione di azioni e di forze che permisero al piccolo Paolo di “rinascere”. Grande la soddisfazione alla ripresa graduale del colorito cutaneo finalmente roseo e all’emissione dei suoi rinnovati respiri, quasi un novello primo vagito natale. Ritornò successivamente, sempre amorevolmente accudito dai suoi cari, tra le sue mura domestiche, ma poi anche Paolo, per un evento accidentale, fu chiamato a far parte della schiera degli Angeli: in tutti rimase il dispiacere per non averlo potuto aiutare e il ricordo di averlo sempre seguito con attenzione e dedizione. Ma la storia più bella che ancora voglio raccontarti è di Pietro : sempre come per gli altri due trattasi ovviamente di nomi di fantasia. Anche lui lattante di 7 mesi, affetto da una patologia cromosomica rara, era tra le mie mani un mattino di primavera di parecchi anni fa per un prelievo venoso dalla giugulare ( quella vena del collo che anche tu senz’altro conosci, perché fa meno male rispetto al braccio, ma spaventa molto i genitori astanti ). La sua mamma mi guardò fissa negli occhi, desolata per quel secondogenito diverso, arrabbiata con tutti e pronta ad arrendersi. La risposta del mio sguardo, senza parole all’inizio, fu di sostegno per continuare a lottare. Ebbene Pietro, che sembrava per la sua patologia e i dati della letteratura, sopravvivere al massimo fino all’età scolare, ha ora più che triplicato la sua esistenza prevista ; gradualmente ha dimostrato ai suoi genitori, parenti, operatori sanitari, quanto la sua tenacia sia stata grande, tanto che la schiera degli Angeli ha deciso che Pietro rimanga ancora tra tutti noi.
Caro Charlie in questi giorni attorno a te ognuno si affanna a dire o a scrivere la propria opinione. Ma io vorrei semplicemente ricordare, in tua difesa, a coloro che ti hanno in cura, i quattro principi basilari della Bioetica pediatrica : autonomia delle decisioni, delle scelte, nel rispetto della dignità umana ; non maleficità ovvero “primum non nocere” ; beneficità ; equità ; cui da poco si è aggiunto solidarietà e spirito comunitario. Come ben insegnava il grande maestro di Pediatria G. R. Burgio “ la bioetica si struttura e si configura nell’applicare tutti i principi dell’etica al rispetto e alla protezione della vita.” Anche la tua vita, anche se artificialmente condotta, è da rispettare e proteggere da parte di tutti noi esseri umani, fino a una decisione Superiore.
A questo punto volevo parlarti, caro bimbo, di una “mamma” particolare cui fu affidato circa settant’anni fa un importante compito a favore della mia città, Varese: iniziare quasi dal nulla a raccogliere e seguire, con poche altre sue consorelle, ragazze sole e con problemi di disagio psico-fisico ( un tempo chiamate handicappate ora diversamente abili) con patologie le più svariate alle spalle e spesso non assolutamente clinicamente identificate. Nasceva così il Piccolo Cottolengo di Casbeno : a Suor Fede, questa persona speciale dotata di grande senso materno ( le fu anche conferito – proprio a lei così schiva – attorno agli anni sessanta, un premio con il titolo di “Mamma dell’anno “ ) allora non interessava la diagnosi nei particolari, ma interessava amare quelle persone, rendere la loro esistenza serena, accompagnarle con senso di rispetto e di protezione lungo il loro cammino di vita. Suor Fede, che anch’io ho conosciuto durante i miei anni giovanili, ripeteva spesso a chi si rivolgeva a lei “vedrai”… lasciando una sorta di sospensione immaginaria, misteriosa, di fede, come il suo nome. “Vedrai che la Provvidenza ci aiuterà”, sembrava far intuire con il suo sguardo dolce e penetrante, capace di leggere l’animo umano…”che siamo tutti nella stessa barca di sofferenza e di dolore…” ma che “ciò che conta è amare” – parafrasando S. Agostino -.
Caro Charlie con il “vedrai” di questa mamma particolare vorrei salutarti, augurando a te e ai tuoi amati genitori la serenità che vi meritate, la forza per continuare a combattere e la speranza che siate davvero ascoltati. Unito ai tanti bambini che ho curato, ti abbraccio con immenso affetto.
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