Il 7 giugno del 1953 si votò per il rinnovo del Parlamento. Fu una campagna elettorale particolarmente infuocata, anche perché nel marzo precedente era stata varata la cosiddetta Legge truffa, quella che riconosceva un premio di maggioranza (il 65% dei seggi alla Camera dei deputati) a quella forza politica o a quella coalizione che avesse ottenuto più del 50% dei voti. Dopo l’insuccesso del 18 aprile 1948, comunisti e socialisti si presentarono divisi.
La coalizione che faceva capo alla Democrazia cristiana non riuscì a superare la soglia del 50%, ma il partito cattolico, benché avesse visto diminuire il consenso, si riaffermò come forza di maggioranza relativa, con più del 40% dei voti. In occasione di quella campagna elettorale, a Varese giunse padre Virginio Rotondi, uno di quei religiosi che, su incarico del pontefice, si occupavano di stringere relazioni con la politica e l’economia italiane. Era stato un attivo collaboratore di padre Riccardo Lombardi (erano entrambi gesuiti), ricordato dalle cronache come il microfono di Dio, per la sua straordinaria capacità oratoria, sfoderata in occasione delle elezioni del 1948. Padre Rotondi parlò a Varese a fine maggio, in una gremita piazza Monte Grappa. Il tema del suo discorso, annunciato dai giornali locali, fu il seguente: Il comunismo, la maschera e il volto. Per un paio d’ore, l’illustre religioso intrattenne il suo pubblico sul codice sovietico, sui principi teorici del marxismo, sulle posizioni dei comunisti italiani. In conclusione, espresse la ferma convinzione della imminente fine del comunismo.
Le cose non andarono, in Italia, come aveva sperato Rotondi e la sua Chiesa. A Varese, invece, dove si era votato per rinnovare il Consiglio comunale due anni prima, la Democrazia cristiana aveva conquistato ventisei consiglieri su quaranta. Poté così governare indisturbata sino al 1956.
Ma se nella tranquilla cittadina lombarda non si registravano preoccupanti sussulti politici (la popolazione varesina, scrisse Luigi Ambrosoli, «non è certo tra le più “politicizzate” e […], semmai, pecca di moderatismo»), sullo stivale continuava ad allungarsi la pericolosa ombra comunista. A conferma della incombente minaccia, tra la primavera e l’estate del 1954 le statue delle Madonne iniziarono a lacrimare. Il 16 luglio, in occasione della festa della Madonna del Monte Carmelo (a cui è legato, per intenderci, l’antico ordine dei carmelitani), il vescovo di Milano, Ildefonso Schuster intervenne in merito agli episodi miracolosi che si erano manifestati a Nocera Inferiore nel mese di maggio. Qui, nella casa di un operaio, aveva iniziato a muovere gli occhi e a lacrimare un quadro raffigurante la Madonna piangente di Siracusa. Diffusasi la notizia, l’abitazione privata era diventata meta di pellegrinaggio e scenario di accadimenti miracolosi: almeno due paralitici, riferivano i giornali nazionali, avevano ripreso a camminare (le cronache riferiscono anche che, nel mese di giugno, un uomo sulla sedia a rotelle, immobilizzato e muto, aveva iniziato a levare al cielo le braccia e a gridare al miracolo; si trattava in realtà di un impostore, che aveva poi rischiato il linciaggio).
Il 16 luglio, dunque, Schuster affrontò l’argomento in questi termini:
«A Salerno, qualche eminente Presule ci ha riferito sul pianto della Madonna nella vicina città di Angri, e circa i vari segni prodigiosi che avrebbero accompagnato il concorso di quei fedeli. Un mese fa, un tale che se ne faceva beffe e che sprezzantemente aveva gettato a terra un’immagine della SS. Vergine, è rimasto cieco sull’atto. Più tardi, ha ricuperato la vista, dopo aver implorato perdono pel suo peccato. […] Andiamo fra noi riflettendo: perché mai la Madonna continua a piangere? I motivi possono essere molti, ma non è azzardato il sospetto che una Madre piange soprattutto per i suoi bambini. Qui da noi – non sappiamo se anche altrove – i comunisti si dimostrano perfettamente organizzati per fare strage delle anime dei bambini, sradicando dai loro cuori i germi di ogni religione.»
Con queste parole, il vecchio cardinale (sarebbe morto a fine agosto, a Venegono Inferiore, all’età di 74 anni) si riferiva al pericolo rappresentato da quella organizzazione giovanile del Partito comunista, che si proponeva come alternativa allo scoutismo cattolico: i Pionieri. O meglio: Associazione pionieri d’Italia, che proprio agli inizi degli anni Cinquanta aveva conosciuto una importante crescita (una delle figure di riferimento dell’organizzazione, nonché animatore del periodico «Il Pioniere», fu Gianni Rodari).
L’ossessione paranoica per la minaccia comunista era certamente frutto del clima politico internazionale. Ben altri pericoli stavano per affacciarsi sul finire degli anni Cinquanta, nel momento in cui l’Italia si lasciò alle spalle l’Italietta arcaica e rurale per saltare bruscamente nella modernità industriale. La rivoluzione dei costumi e degli stili di vita fu il segnale più evidente di quel momento storico. E Varese se ne accorse quando incominciò ad essere interessata da un turismo del tutto nuovo. Non più quello che da Milano, in carrozza, veniva a prendere il fresco nelle dimore estive, circondate da lussuosi parchi e rigogliosi giardini. Ma un turismo giovanile, più disinvolto, in tenda e sacco a pelo.
Nell’estate del 1958, nel mese di agosto, il giornale cattolico «Luce!» pubblicò un’invettiva carica di sdegno e risentimento verso i nuovi e giovani turisti (ma dovremmo dire meglio, le nuove e giovani turiste):
«Mancano al senso del riserbo e della decenza femminile quelle signorine e quelle donne che girano tra noi in calzoncini ed in prendisole (per non dire in costume balneare). Queste persone offendono quel sentimento profondo di grazia e di riservatezza che, grazie al Cielo, è ancora patrimonio invidiato delle nostre popolazioni cristiane. È un diritto ed un dovere di fronte a certe aberrazioni, invocare il garbato ma deciso intervento dei tutori dell’ordine e del buon costume; e non è detto che, se si sarà più energici, la cosa abbia a dispiacere.»
Ancora nel 1961, il consigliere comunale Elia Sartori, avvocato, interpellò la giunta comunale affinché, con l’approssimarsi della stagione estiva, fosse garantita una più efficace sorveglianza sul buon costume di cittadini e turisti. Il pericolo comunista aveva ceduto il posto al pericolo della turista.
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