Un’altra firma storica del commercio è giunta all’ammaina bandiera finale, il negozio Verga presente sulla scena commerciale varesina dal 1898 quando il nonno Antonio, proveniente dal comasco, scelse per il suo futuro professionale la promettente periferia ovest dell’allora provincia di Como sciogliendo il sodalizio con il fratello dopo anni di lavoro e fatiche nei mercati del Lario e della Valtellina. La prima bottega, con retro su via Romagnosi, aprì i battenti accanto all’ex “Giojelleria” Buzzetti aperta nel 1875 e cancellata nella sua antica architettura alcuni anni fa.
Con mestoli, setacci, posate, catini, pentole, bicchieri, piatti, scodelle, lanterne a olio e vasi da notte, Antonio Verga occupò uno spazio ancor oggi identificabile da un fregio inciso nel muro sul quale spicca il numero 33 dell’allora Corso Vittorio Emanuele oggi Corso Matteotti. Nel 1934 il negozio troverà definitiva collocazione fino ai giorni nostri nel palazzo d’angolo tra la nuova Piazza Monte Grappa e via Marcobi, già via Verbano, progettato dal varesino ingegner Cantù, fatto costruire dallo stesso Antonio Verga e perfettamente inserito nell’intero brano di città riconducibile alla vecchia piazza Porcari. Da allora, nell’alternarsi delle generazioni, un percorso rettilineo di successi commerciali con gli ultimi decenni illustrati da vetrine di prestigio con in bella evidenza arredi, sopramobili, porcellane e cristallerie delle più prestigiose fabbriche internazionali. Un’eccellenza cittadina. Da sempre un’aspirazione interclassista depositare da Verga liste nozze e liste per altre celebrazioni familiari o meno. Oggi il vento è girato. Qualche tempo fa Antonio Verga, il continuatore della dinastia, ci diceva: “I gusti sono cambiati perché si vive in spazi piccoli, ridotti rispetto a un tempo e l’approccio con gli oggetti di casa è diverso. I giovani hanno altre priorità, non sono più interessati a servizi di qualità da the, da caffè da tavola, men che meno agli argenti che richiedono cura e manutenzione”. In effetti oggi chi si sposa le liste nozze preferisce depositarle nelle agenzie di viaggio o chiede a parenti e amici contributi in denaro fresco. Un cambiamento epocale che ha spinto la famiglia Verga verso la liquidazione totale dopo aver rinunciato già qualche anno fa alle scintillanti vetrine su via Marcobi.
L’inaridirsi di un commercio di alta gamma, in buona parte imputabile al progressivo affievolirsi della domanda di determinati prodotti, sta comunque dentro il millenario dipanarsi della storia economica, altri abbandoni sono invece ascrivibili a cause più strutturali e discriminanti come l’ inarrestabile lievitazione dei canoni d’affitto ( può reggere solo chi è padrone dei muri) e la crescita esponenziale della grande distribuzione alle porte delle città strettamente connessa alla motorizzazione di massa. Un intreccio timidamente iniziato negli anni sessanta che sta ormai mettendo in ginocchio i centri storici di località grandi e piccole.
“Piange il piatto dei negozianti, librerie specializzate che chiudono, antiche pasticcerie costrette ad alzare bandiera bianca, gallerie del centro desertificate… anche i sassi sanno che i negozi sono il miglior baluardo contro il degrado del centro e delle periferie, un importante metro di valutazione dei turisti e un antidoto al traffico, agli intasamenti e allo smog “ scriveva amaro Sergio Redaelli su queste colonne alla vigilia delle elezioni comunali 2016. In effetti non vi è stato aspirante a Palazzo Estense- ma è cosi ovunque – che non abbia stigmatizzato il progressivo svuotamento del centro auspicandone imminenti rifioriture. In realtà rivitalizzare e rilanciare sono verbi molto familiari alla politica ma assai difficili da coniugare nel concreto. Al fondo della questione vi è infatti un pilastro, in apparenza inattaccabile, dello sviluppo capitalistico che si chiama rendita immobiliare, ovvero l’insieme della rendita fondiaria e della rendita edilizia. La rinuncia a controllarla o quanto meno a mitigarla – come è accaduto solo in alcuni paesi del Nord Europa – sta facendo strame dei centri storici consegnadoli alle grandi catene commerciali planetarie (abbigliamento e occhiali in primis) e al terziario. Oggi acquistare un etto di prosciutto in centro a Varese è in effetti una bella sfida. Quasi quasi ci si potrebbe organizzare una caccia al tesoro.
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