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Editoriale

DIALOGO

GIAMPAOLO COTTINI - 23/06/2017

ITALIA PRIMA NELL'UE NEL CONCEDERE LA CITTADINANZA A MIGRANTISu questioni così delicate e decisive per la vita di un popolo, come quella relativa al conferimento della cittadinanza agli immigrati che giungono in un paese che non è il loro, non si possono prendere decisioni affrettate o approssimative, ma occorre valutare adeguatamente le implicazioni legate alla concessione del diritto di cittadinanza in termini di equilibrio generale delle persone e delle istituzioni, di saggezza nell’impostare le relazioni di convivenza, di magnanimità e di lungimiranza nel propiziare le modalità del reciproco rispetto.

Il dibattito sullo Ius Soli in atto in questi giorni dimostra che le soluzioni non possono essere trovate in base solamente a limitati interessi elettorali o a particolari considerazioni di possibili vantaggi di singole forze politiche: in gioco c’è il destino di migliaia di persone, di migranti che abbandonano i loro paesi di origine alla ricerca di una possibilità nuova di vita, cioè dei volti e delle storie che hanno un preciso peso specifico nella vicenda umana, da cui possono scaturire conseguenze anche difficili da gestire.

Certo dire che si acquisisce il diritto alla cittadinanza per il solo fatto di essere nati nel territorio in cui si chiede di usufruire di tale diritto non pare a tutti motivo sufficiente, perché non rende adeguato conto della totalità dei fattori di storia ed appartenenza in gioco che definiscono il volto specifico di un popolo; ma altrettanto non basterebbe neppure un astratto riconoscimento formale che si limitasse a dettare regole, limiti o clausole temporali vincolanti.

Sono giustificabili allora sia le preoccupazioni di chi ritiene che non si debba svendere indiscriminatamente un diritto di appartenenza così fondativo per l’unità sociale, ma altrettanto si comprendono le buone intenzioni umanitarie e solidali che spingono ad allargare le condizioni di accoglienza dei migranti sino a mettere in campo il riconoscimento dello ius soli.

Il problema è il punto di equilibrio tra il senso di appartenenza ad un popolo che condivide valori e principi giuridici cui si aderisce lealmente perché sentiti propri, e l’accettazione delle regole di cittadinanza già precedentemente accettati a garanzia dell’equilibrio di una determinata società. Infatti, quello di cittadinanza non è un concetto astratto, ma è l’espressione giuridica di un’appartenenza concreta, specifica, particolare che la nozione di Stato (inventata in tempi relativamente recenti) codifica in una forma specifica di contratto sociale vincolante coinvolgente soprattutto la questione dei confini e della giurisdizione.

Ciò significa che l’eguaglianza originaria tra gli uomini, identificata dal Diritto naturale, è poi regolata dal Diritto Positivo proprio di ogni Stato e si realizza in forme storiche culturali e sociali differenti. Infatti, il volto dell’altro può essere un bene per me solo se lo riconosco come essenziale al mio esserci come cittadino non di un astratto cosmopolitismo, ma di un sistema giuridicamente compatto ed ordinato. Ciò non deve identificare lo Stato con l’Assoluto che diventa criterio di esclusione per chi non vi appartiene, ma implica piuttosto il fiorire di un reale dialogo tra tutti i componenti della società.

Oggi è essenziale andare oltre al carattere spesso ideologico delle discussioni sulla cittadinanza, riconoscendo realisticamente che si devono porre condizioni effettive per impedire che l’allargamento dei diritti diventi fattore di disgregazione invece che di integrazione. Non sarebbe saggio pretendere di rispondere a tutti i bisogni dei migranti solo in forza di buoni principi, senza pianificare adeguatamente una effettiva ridistribuzione delle risorse complessive a disposizione.

In questi anni la Chiesa si è molto spesa per poter aiutare il fenomeno migratorio, ben conoscendo il valore della dignità e dell’umanità di ogni uomo in quanto “essere a immagine e somiglianza di Dio”. La Chiesa ritiene infatti che ogni uomo sia alla ricerca della propria dignità, che deve essere tutelata in ogni circostanza, e per questo, senza pretendere di dare delle indicazioni univoche ed indiscutibili, si impegna a richiamare i politici alle loro responsabilità di decidere.

C’è da augurarsi che il dibattito politico delle prossime settimane sia equilibrato, rivolto a cercare gli elementi del bene comune, in vista di una non facile integrazione, che possa attuarsi sul modello del meticciato tra tradizioni differenti come auspica il Cardinale Scola. L’importante è però mantenere aperto l’ incontro tra le culture ed il dialogo tra istituzioni politiche e flussi di migranti, lavorando insieme per una convivenza pacifica, costruita su una reciproca magnanimità e su una prudente lungimiranza.

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