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Da bambina mi vietavano la lettura dei fumetti, perché dicevano che l’eccesso di immagini impediva di concentrarsi sui contenuti della lettura come avviene con i buoni libri. Il fumetto veniva accusato di limitare la fantasia evocativa suscitata dalla parola scritta priva di illustrazioni. Poi venne il periodo della conversione ai fumetti d’autore, specie dopo che Dino Buzzati stese il suo “Poema a fumetti”.
Mi piaceva leggere le sequenze delle nuvolette e ne imparai fin dalla più tenera età, il linguaggio grafico: una serie di pallini sotto al fumetto significava che il personaggio stava pensando; se la nuvoletta era tratteggiata, i personaggi parlavano sottovoce; se era irta di punte, i personaggi gridavano.
Ritorno col pensiero a quando di nascosto andavo dall’edicolante e comprare “Il Monello”. O a quando mi facevo prestare di soppiatto “L’Intrepido” dal vicino di pianerottolo, perché secondo mia madre “non sta bene che una bambina legga i fumetti dei maschi”. Ricordo con piacere le impavide avventure di Roland Eagle e di Liberty Kid.
Di “Il Monello” mi piace rievocare con affetto le strisce di “Superbone”, di “Arturo e Zoe” e soprattutto di “Pedrito el Drito” che pigliava sempre delle gran legnate in testa da sua moglie, l’irascibile Paquita: tutti eroi ingenui di storie ingenue.
Con Topolino invece avevo licenza di lettura. Ma della banda Disney, preferivo di gran lunga Paperino perché era più pasticcione, sfigato e non la sapeva così lunga come quel dannato Topo detective, personaggio forse troppo americano per i piccoli lettori italiani.
Tra i miei preferiti di adolescente resta la Banda TNT con Alan Ford & soci. Perché mi piaceva questa sarabanda di poveri sgangherati che avevano un negozio di fiori a paravento delle loro improbabili attività di agenti segreti, è presto detto. Forse perché avevano una connotazione grottesca, sarcastica e un po’ trucidona in stile Italietta del vorrei-ma-non-posso. E perché come agenti segreti non valevano un piffero. I fumetti di Bunker e Magnus (questi gli autori della banda TNT) contengono un sapiente miscela di avventura, umorismo e presa in giro della società italiana che sfocia spesso nello sberleffo.
Non parliamo poi del leggendario spazzino beone Superciuk e della trovata all’incontrario di rubare ai poveracci per elargire ai ricchi. I poveri infatti erano accusati di tenere sporche le strade e di vivere nei tuguri malsani, in perfetto disaccordo col correttismo politico sessantottino di quegli anni. Sua moglie Beppa Giosef poi con i bitorzoli sul naso e i peli sul doppio mento era una sorta di gansteressa racchiona e insolente che fumava sigari e lo trattava malissimo.
“Diabolik” delle due sorelle Giussani, lo leggevo in spiaggia durante le mie azzurre interminabili giornate estive, ma dopo un po’ me ne stancai, perché le sue trame divennero troppo prevedibili. Quel povero ispettore Ginko! mai una volta che realizzasse il colpaccio di acciuffare Diabolik e la sua complice, la bionda Eva Kant.
In seguito si volle dare una connotazione intellettuale ai fumetti (comics, in inglese, ma è più bello il termine italiano) e nacque “Valentina” di Guido Crepax, eroina di avventure erotiche più immaginarie che reali, ispirata nelle sembianze, un po’ a Brigitte Bardot, un po’ alla diva del muto Louise Brooks (nella pettinatura a caschetto). Ma anche “Corto Maltese”, uno tra gli eroi a me cari poiché romantico-avventuroso, sognatore, soprattutto viaggiatore legato alle atmosfere esotiche ed esoteriche e a misteri inestricabili. L’autore Hugo Pratt divenne famoso nel mondo, per aver dato corpo a questo personaggio di marinaio dedito alla pirateria, nato a La Valetta di Malta da una zingara di Siviglia e da un marinaio di Gibilterra. Corto Maltese è stato tradotto in molte lingue.
Il bravissimo Dino Battaglia su “Linus” (periodico a fumetti che già furoreggiava con Peanuts di Schulz, e altre strisce) catturò la mia fantasia con le saghe del Santo Graal e coi racconti di Hoffmann. Fu grazie a lui che poi scoprii la fiaba gotica del Mago Sabbiolino (der Sandmann) di Eta Hoffmann. Dunque non è poi così vero che il fumetto allontana dalla vera narrativa. In molti casi se ne ispira e ci riconcilia felicemente col mondo letterario e col cinema come nel caso di “Tex Willer” di Bonelli, personaggio di eroe giustiziere del Far west ispirato agli stereotipi di Gary Cooper, John Wayne e Clint Eastwood.
Come fece in Francia Jacques Tardi con il suo prezioso volume a fumetti “Il Viaggio al termine della notte” (Voyage au bout de la nuit) ispirato all’omonimo romanzo di Céline.
La grande età dell’oro del fumetto è oggi tramontata, diventando un oggetto di culto per appassionati collezionisti. Forse più che una vera lettura è una sorta di racconto emozionale, una suggestione, una reminiscenza adolescenziale che custodiamo negli scaffali delle nostre stanze e della nostra memoria.
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