A prima vista la persistente mobilitazione dell’establishment americano contro Trump, lo scarso successo (anche se non la sconfitta) di Teresa May alle elezioni britanniche, e la triste fine della pantomima della legge elettorale in Italia, silurata in segreto dal voto contrario di chi aveva detto in pubblico di volerla sostenere, sono vicende che non hanno niente in comune. Se però le si vanno a considerare più da vicino si scopre che c’è un filo che le tiene insieme tutte quante al di là di ogni differenza: si tratta della crisi della democrazia. È a questo che siamo oggi purtroppo di fronte in Occidente, ossia dove la democrazia è nata e dove aveva finora più che altrove prosperato.
Se infatti si vanno a leggere certe pagine de La democrazia in America di Alexis de Tocqueville e le si confronta con quanto sta accadendo adesso negli Stati Uniti ci si accorge che oggi, sia negli Usa che altrove, non c’è più nulla di paragonabile a quel fitto tessuto di valori esplicitamente condivisi, di relazioni dirette e di luoghi di confronto immediato tra i cittadini che sono la base indispensabile del formarsi di un’opinione pubblica sufficientemente stabile e informata. E in secondo luogo rispetto ad allora il ruolo dei media si è del tutto ribaltato. Oggi i media non sono più, nemmeno minimamente, strumenti di controllo di chi detiene il potere politico. Al contrario ne sono divenuti parte integrante; né mancano casi in cui si può ben dire che ne prendano il posto. Si veda ad esempio la vicenda della nuova legge elettorale in Italia nel cui dibattito e nel cui susseguente naufragio le manovre de la Repubblica e del Fatto Quotidiano hanno pesato ben di più degli accordi presi tra le direzioni dei quattro partiti che la sostenevano.
Negli Usa non c’è a tutt’oggi alcuna possibilità che Trump venga incriminato e deposto: e questo sia perché dalla deposizione resa in Senato dall’ex capo dell’FBI Comey non è risultato nulla di sufficiente ad incriminarlo, e sia perché per la sua incriminazione (impeachment) occorrerebbe al Congresso una maggioranza che i suoi avversari sono ben lungi dall’avere. Inoltre dai sondaggi risulta che i suoi elettori continuano ad essere contenti di lui. Eppure non passa giorno che ci raccontino che è a due passi dal baratro.
Come negli Usa da quando è stato eletto Trump, così in Gran Bretagna da quando il popolo ha votato per l’uscita dall’Unione Europea, la grande stampa, di cui i telegiornali sono oggi la punta di lancia, si è mobilitata per… rimettere le cose a posto. In altre circostanze il leader laburista Jeremy Corbyn, un uomo la cui filosofia politica è ferma agli anni ’70 del secolo scorso, sarebbe stato per così dire raso al suolo. Questa volta invece la Bbc e le altre grandi reti televisive anglosassoni se lo sono preso tra le braccia e l’hanno portato fino al posto giusto: non al governo, il che sarebbe stato disastroso, ma a due passi da esso. Quanto basta cioè per rendere il più lenta possibile l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, e quindi per dare alla City di Londra più tempo per riorganizzarsi. Con il suo scarso carisma politico Teresa May ci ha messo del suo ma, se gli fosse convenuto, il “Grande Fratello” mediatico l’avrebbe fatta volare ugualmente. Si pensi poi, tanto per fare un esempio recente, al caso di Emmanuel Macron che in quanto a mancanza di comunicativa e di presenza scenica è anche peggio; e per di più era uno dei ministri-chiave del governo del sempre più impopolare presidente Hollande. Eppure in meno di un anno è stato rimesso a nuovo e rilanciato al punto da poter diventare presidente della Repubblica francese.
Tutto ciò è divenuto sempre più facile anche a causa di un diffuso venir meno della capacità di memoria e quindi di riflessione. Di questo però il proverbiale “uomo della strada” non può che accusare se stesso. Quale che sia il controllo che l’ordine costituito esercita sui media e quale che sia la propria rispettiva formazione di base, confrontare quello che ti dicono adesso con quello che ti dicevano sei mesi fa, e rifletterci sopra, sono cose alla portata di tutti.
L’unica differenza tra l’esperto e l’inesperto è che il primo può magari arrivare a comprendere la realtà delle cose più in fretta del secondo. In fin dei conti però, siccome le cose importanti cambiano lentamente, ciò non è molto importante. È viceversa molto importante riprendere a parlarsi di persona, riprendere a parlarsi in casa, con i vicini, al lavoro, e in primo luogo riattivare quelle capacità di memoria e di riflessione di cui si diceva. Per questo occorre tuttavia emanciparsi da quell’uso passivo, puramente reattivo dei telefoni mobili, dei tablet e così via, che è una vera e propria forma di schiavitù. Nel nostro tempo la schiavitù più diffusa.
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