Non ci sono statistiche attendibili, ma credo che a oltre il 90% degli italiani non interessi assolutamente nulla della possibile nuova legge elettorale, così come il 99% della gente non capisca decisamente più niente della maionese impazzita che sembra contraddistinguere le ultime giornate alla Camera dove – almeno al momento in cui scrivo – sembra già dissolta in una sequela di reciproci insulti la “coalizione a quattro” (Pd-M5S-Lega e Forza Italia) che sembrava raccogliere il voto (prontamente smentito) dell’80% dei deputati.
Gli italiani sono scettici e distratti anche perché non percepiscono l’importanza di una legge elettorale per il futuro del Paese, scetticismo e distrazione perché si parla più dissidi e dei meccanismi che non dei punti fondamentali di una riforma.
Credo che, se interpellati, quasi tutti i cittadini vorrebbero poter eleggere deputati, senatori, consiglieri regionali e sindaci di loro diretta conoscenza e fiducia e non imposti, mentre le diverse formule all’esame della Camera all’inizio di giugno prevedevano comunque sistemi in cui tutti i deputati sarebbero stati nominati dai partiti e nessuno eletto direttamente dalla gente.
Questo diritto lo ha invece affermato più volte anche la Corte costituzionale, ma se lo sono già dimenticati tutti in attesa di una ennesima formula che probabilmente nuovamente verrà dichiarata incostituzionale, ma intanto sarà riuscita a far piazzare gli amici degli amici, cosa che avviene ormai da un decennio.
Questo aspetto mi disturba perché significa prendersi in giro, uccidere la democrazia diretta, nominare persone magari anche valide, ma senza alcun rapporto con i propri elettori. Perché si ricorre a mille trucchi e non si dice chiaramente che si vogliono approvare formule volute sostanzialmente dai vertici di tutti i partiti pur di poter nominare e far nominare solo chi sia di rispettivo gradimento?
A mio avviso solo il voto di preferenza permette (almeno in territori omogenei o comunque non troppo grandi come collegi di circa 100.000 abitanti) di far emergere le persone più valide e gradite. Solo norme per indicare liberamente i candidati nei collegi (per esempio con le “primarie”) garantiscono in alternativa che emergano i nomi più popolari e solo il voto “disgiunto” in caso di eletti in una quota proporzionale e in una maggioritaria – come per l’elezione dei sindaci – di indicare singole persone che si presume siano personalmente migliori, indipendentemente dall’appartenenza ad un rispettivo partito.
Questo sistema funziona bene per i sindaci, perché non usarlo anche a livello parlamentare? Perché non devono contare soprattutto la “qualità” nel personale politico, l’esperienza e la preparazione?
In parole semplici, chi scrive è stato per diciotto anni deputato grazie a leggi come queste, eppure – proprio sulla base della mia personale esperienza – ritengo che servano sempre di più persone libere e scelte direttamente dai cittadini (ai quali devono direttamente rispondere in prima persona) e non solo “schierate”.
La politica italiana sta portando il paese a pezzi soprattutto perché è in mano a incompetenti che quindi sono nelle mani dei burocrati, ma se si continuano a nominare politici in questo modo non ci saranno mai speranze di cambiamento.
Pensiamoci un attimo: il nostro medico di fiducia, cui affidiamo la nostra salute, come minimo ha fatto l’università, ha un dottorato di specializzazione e superato poi un esame di stato oltre ad essere iscritto all’ordine professionale.
Può mai un Paese essere invece affidato a persone che spesso non hanno alcuna esperienza politica o amministrativa?
Un medico – è il nostro esempio – può poi essere un famoso, preparato e valido cardiochirurgo o uno scienziato, ma se non si è mai occupato di politica, se non sa la differenza tra un decreto-legge e un decreto legislativo, come potrà mai fare seriamente il deputato?
Prima impari almeno un po’ i meccanismi parlamentari e solo successivamente si candidi o venga candidato. A volte è il “nome” che conta e viene accalappiato come specchio di richiamo dai partiti e questo vale per sportivi, attori, presentatori, magari solo per dare lustro alle liste e spesso poi emarginando il personaggio che in aula non prende mai la parola. Una democrazia seria questi problemi se li pone, non pensa solo ai meccanismi per perpetuare il potere e possibilmente fregare la concorrenza.
Certo che il sistema delle “nomine” va bene ai leader: perpetuano la casta e il loro potere, emarginano il dissenso e – se si troveranno in difficoltà – potranno sempre comprare il voto dei vari voltagabbana di turno specializzati nel rimanere sempre a galla cambiando casacca, con successive ricompense alle prossime elezioni.
A mo il mio paese e vedo con sgomento che queste cose non vengono dette (quasi) da nessuno e tanto meno dai commentatori politici.
E poi ci lamentiamo dei conseguenti, logici disastri…
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