Non era così inimmaginabile il flop grillino alle amministrative. Programmi vaghi, candidati deboli, litigi interni, demagogia crassa. E risultato finale magro. Del resto, la Raggi a Roma ha combinato sinora il peggio possibile, e l’Appendino a Torino è reduce dalla figuraccia di piazza San Carlo. Per non dire di Pizzarotti a Parma, eletto coi Cinquestelle e obbligato a separarsene per governare la città. Perciò: chi si fida di chi?
Morale semplice e vecchia come il cucco: protestare è un conto, proporre un altro. Ci vogliono idee praticabili ed esecutori autorevoli. Tutt’e due mancano all’M5S, che raccoglie le lamentele nazionali e però non sa darvi risposte istituzionali. Il pericolo, per i piattaformisti di Rousseau: che anche al prossimo cimento politico vada come alla fresca consultazione amministrativa. Perché uno dice: i vecchi arnesi non li voglio più vedere, e però se i nuovi non mi convincono, piuttosto diserto le urne.
Va aggiunto che l’ondivagare degli ultimi tempi ha affossato la credibilità pentastellata. Avanti-indré su un sacco di questioni: l’euro, il trumpismo, le strategie economiche, i rapporti con il mondo cattolico e le sue gerarchie, la legge elettorale. Un mix di giravolte da far perdere la testa a chi era bendisposto ad accordare fiducia alla “rivoluzione dei cittadini”. A proposito: uno vale uno? Non scherziamo, por favor.
Dunque, aggiornando l’agenda alla contemporaneità: tripolarismo tutto da dimostrare. I sondaggi attestavano l’equivalenza di centrosinistra, centrodestra e grillini. Rien à faire, a giudicare dal verdetto degl’italiani di 1004 comuni. Sarà così anche in autunno o nella primavera 2018, quando voteremo per il Parlamento? Gli umori appaiono variabili, il pronostico impossibile. Ma sembra di capire che circoli voglia di serietà/competenza oltre che d’insofferenza/dissenso. Quasi quasi vien da sentenziare che siamo migliori di ciò che pensiamo d’essere: non ci facciamo prendere dalla smania autodistruttiva, riusciamo ad assegnare un mandato ai costruttori.
E la crisi dei partiti, così evidente da consigliarli ad alleanze con le liste civiche, delegando di frequente ad esse i candidati a sindaco? La crisi c’è, resiste, si perpetuerà. Se ne può tuttavia uscire. Dipende dai partiti. Che non sono morti, bensì malati. Esistono medici e farmaci per guarire. La conferma/speranza che arriva dal verdetto della scorsa domenica è questa: i partiti, se capaci di trasformarsi, conservano un ruolo aggregante. Più di servizio che di guida. E comunque sempre d’importanza cruciale. Sono i non partiti che tradiscono le aspettative di palingenesi e finiscono alle ortiche. Provocando l’allergia, e che allergia, al populismo.
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