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Cultura

HIC SUNT LIGURES

MANIGLIO BOTTI - 09/06/2017

La vignetta di Morgione

La vignetta di Morgione

Un caro amico e collega sosteneva che l’epiteto con il quale, anche qui da queste parti, molti “nordisti” apostrofano i “meridionali” contiene – chiamiamolo così – un alto tasso di relativismo culturale, data la conformazione geografica del pianeta: sicché si sarebbe sempre o quasi trovato un “terùn” anteposto a un “non terùn” collocato più a Nord di lui.

A esemplificazione più vasta e cosmica del ragionamento, il collega – Gaspare Morgione –, che era anche un bravo vignettista, molti anni fa e in occasione del primo sbarco di un terrestre sul suolo lunare pubblicò una vignetta in cui un improbabile lunatico si rivolgeva al nuovo arrivato pronunciando il fatidico “terùn”. Insomma, una parolina, un soprannome per definire un diverso, e pure una distinta proclamazione di sé e del proprio stato “superiore” con un contenuto sussiegoso e forse razzista… Almeno un pochettino.

Anche a questo si pensava, qualche giorno fa, riguardo un fenomeno complesso – quello delle migrazioni – che finora non s’è trovato altro modo di fronteggiare, se non ricorrendo alle barricate. E pure un giornalista bravo e documentato e con una storia personale importante come Magdi Cristiano Allam, che ha parlato di recente a Varese, ha voluto vedere in questo problema una sorta di invasione magari programmata o in qualche oscura maniera gestita da una “finanza globale”. Può darsi che qualche interessamento di chi si vuole arricchire impunemente dinanzi ai fatti della storia ci sia, come accade per i borsari neri durante le guerre. Ma nel caso in questione ci si dovrebbe domandare quanto grande e impegnativo possa essere in certi casi lo sforzo della “finanza globale” che per costringere i migranti, o parte di essi, a scappare per poi controllarne l’esodo e specularci su devono anche sostenere bombardamenti, guerre civili e di religione, carestie.

Forse quanto sta avvenendo non ha paragoni con le invasioni barbariche e con la caduta dell’Impero romano, cui contribuì, come noto, anche una diversa e nuova concezione religiosa e dei rapporti tra gli uomini. E quindi anche giudizi e soluzioni possibili lasciano un po’ il tempo che trovano. Sta di fatto che – da tempo – gli esperti di politiche demografiche indicano in un breve futuro una presenza di miliardi di uomini giovani presenti nel Nordafrica e qualche centinaio di milioni di vecchi residenti nell’ (ex) Europa opulenta, con un “desiderio” altissimo di cambiamenti e di spostamenti.

Non solo. E speriamo che anche Magdi Cristiano Allam, che ha scelto il nostro Paese per viverci e la nostra religione da professare, se ne sia accorto. L’Italia di oggi, parliamo di migrazioni e di integrazioni già avvenute, lentamente e senza nessun coinvolgimento apparente della finanza globale, è cambiata ed è di gran lunga diversa rispetto a quella di trenta, quarant’anni fa. Per rendersene conto basta fare un giro a Milano sul metrò o bazzicare qualche periferia di una grande città.

Anche sul diritto di primogenitura e di difesa della propria terra – senza fare fosche previsioni e senza lanciarsi in azzardati commenti – ci sarebbe qualcosa da dire. Cent’anni fa, poco più o poco meno di un secolo, che sono uno schizzo nella storia di millenni, chi erano i padroni dell’Africa? È difficile poter continuare (e convincere gli altri della sua bontà) nella politica estera della botte piena e della moglie ubriaca.

Quando poi alle primogeniture stanziali, pensando – proprio qui in queste terre e stando a recenti pronunciamenti politici – agli stanziamenti dei Celti, vien subito da pensare chi fossero questi Celti prontamente integratisi – qualche migliaio di anni fa – con i cosiddetti Liguri, presenti prima di loro. E più si legge più si scopre o si intuisce che i Liguri venivano dall’Africa e che proprio l’Africa è stata la culla dell’umanità. Teorie? Sembra di no.

Non saranno questioni che si risolveranno a breve termine. Anche se il tempo galoppa e sembra procedere con maggiore rapidità rispetto al passato. È possibile, anzi molto probabile, che chi scrive e chi legge non potrà assistere a questi “sconvolgimenti”. Ma una considerazione, un’ipotesi – pessimistica o no, a seconda di come la si guarda – ci sembra di poterla fare: il futuro è nero.

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