Varesini e comaschi non si amano, il loro massimo della benevolenza e dell’attenzione è rappresentato da un reciproco zero, molto simile a quello dei rapporti del nostro capoluogo con Busto Arsizio. Anche a Como ci sono stati notevoli errori nella gestione della comunità e dei suoi beni ambientali, ma non sono mancate piccole e interessanti iniziative degne di finire sul taccuino degli appunti dei nostri attuali amministratori civici.
Per esempio in riva al Lario ha riscosso consensi l’intitolazione a due storici educatori di una bella passeggiata, recuperata molto bene al verde pubblico, lungo le mura romane del lato occidentale della città che sono costeggiate pure da un importante viale dedicato, guarda un po’, alla città di Varese.
Giacomo Sfardini e Paolo Maggi a Como insegnando italiano, latino e greco dagli Anni 50 al liceo classico Alessandro Volta hanno contribuito a formare le classi dirigenti della città e inoltre con i loro generosi apporti sono riusciti a sviluppare le attività culturali dell’intera comunità.
Anche a Varese il liceo Cairoli è stato un ingranaggio perfetto della formazione dei suoi allievi, ancora oggi fieri dei loro trascorsi studenteschi se non a caso si autodefiniscono “cairolini” e celebrano i loro compagni di classe che raggiungono la notorietà.
Non so se analoghe iniziative le prendano gli ex del “Volta”, ma sicuramente essi hanno pesato molto nel riconoscimento ufficiale dello spessore culturale e civico di due dei loro educatori di un tempo.
Non ricordo analoghe iniziative nelle nostre scuole medie superiori, ma avendo conosciuto imprenditori e professionisti non solo ben disposti ma addirittura fieri in relazione al ricordo dei loro insegnanti, posso ipotizzare un vuoto nella memoria collettiva dovuto forse anche a disattenzione dei governi cittadini della Varese democratica.
Non drammatizzo, d’altra parte proprio volendo ricordare un docente speciale, il professor Bulferetti, ho realizzato quella che poi avrei considerato la mia Caporetto professionale.
A questo prof doveva molto anche la scuola che preparava coloro che sarebbero stati fior di dipendenti delle aziende protagoniste del boom economico varesino; essendo stato Bulferetti legato da vincoli di parentela con l’indimenticabile avvocato Luigi Zanzi nello studio di via san Martino, riferimento mitico per i varesini grazie alla famiglia Zanzi, mi presentai con tanto di registratore. Lo accesi e per quasi un’ora non presi appunti salvo poi accertarmi che avevo inserito il tasto “pausa” e quindi nulla avevo registrato. Con grande imbarazzo comunicai la ferale notizia a Luigi che da vero signore nei tanti successivi nostri colloqui mai mi ricordò l’episodio e tanto meno volle sapere perché avessi rinunciato anche a una sommaria ricostruzione dell’incontro e quindi della vita e delle opere di un docente di incredibile livello.
Da quel giorno sarebbero passati anni e anni perché qualcuno si ricordasse del professor Bulferetti, poi a sollevare totalmente il velo sulla sua vicenda è stato un altro docente, Fabio Minazzi, oggi guida dei giornalisti che seguono i corsi della Facoltà dell’Insubria. Fabio figlio e fratello di due cari e bravi colleghi, il compianto indimenticabile Bruno e il caro Enrico, a lungo alla Gazzetta dello Sport in un ruolo nel quale precisione, tenacia e cultura sono pane quotidiano per chi ha responsabilità dell’ edizione.
Ecco ho segnalato Bulferetti come riferimento importante, ma sicuramente risalendo nel tempo si ritroveranno personaggi dell’insegnamento degni di menzione.
A Varese l’intitolazione delle vie sicuramente è un problema culturale: anche con i migliori sindaci ci sono state delle storiche toppate in fatto di toponomastica, a volte dovute a retroscena e manovrine politiche.
La più famosa quella della piazzetta antistante l’edificio che ospita oggi il multisala Impero. Edgardo Sogno con Varese aveva poco o nulla a che fare, ma lo si volle ricordare con motivazioni senza collegamento alcuno con la sua tribolata e ribelle vicenda umana che ebbe anche risvolti eroici nella lotta di Liberazione e altri decisamente improbabili in tempi successivi.
L’ultima sua qualifica che ricordo è quella di statista. Ripassando la storia dell’Italia repubblicana in molti affermano che il solo De Gasperi tale sia stato. Sogno a Varese poteva essere ricordato come medaglia d’oro della Resistenza, ma evidentemente non andava bene ai nostalgici del passato che nell’occasione hanno avuto ragione di chi a Palazzo Estense avrebbe potuto e dovuto ragionare.
In attesa che eventualmente emergano educatori e docenti degni del pubblico ricordo, nella impossibilità di riordinare la toponomastica cittadina improntata a una cultura ottocentesca, per esempio tesa a premiare per esempio i benefattori, in un edificio agibile – ma bastano pochissimi locali – si potrebbe avviare un luogo elettronico della memoria.
Un luogo da consegnare ai varesini del prossimo secolo e magari dei seguenti, ma già fruibile oggi in relazione a questa epoca di transizione in generale e di trasformazione della comunicazione in particolare.
Una storia, grande o anche piccola delle nostre istituzioni, di tutto quanto è stato o ci é sembrato significativo del nostro tempo possono essere messi a disposizione del futuro di Varese ma anche di un presente che continua a essere difficile.
L’Università, i bravi storici che da molto tempo sono un collettivo e credibile riferimento, i politici che sanno andare oltre i confini ideologici quando prevale l’interesse comune, i varesini di ottima cultura e i mondi del giornalismo e della scuols possono contribuire all’avvio e alla crescita di questo luogo della memoria, museo dell’attualità oltre che del passato. Se poi questo luogo fosse immerso nel verde, magari in un parco di quelli che il Comune già possiede, ci sarebbe una ulteriore promozione della storia della Città Giardino.
P.S. Ho segnalato anche i giornalisti tra i possibili collaboratori, però per un sacco di ragioni mi autoescludo. Non solo: se mai qualcosa di concreto ci dovesse essere e venissi avvistato in circolazione con un registratore siete autorizzati a chiamare il 118. Varese va sempre salvata.
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