Preoccupante è ormai in Italia il deficit di legalità. Se mafia e criminalità organizzata ne sono clamorose manifestazioni, una corruttela pervasiva si annida e si coglie in ogni ganglio del tessuto economico, amministrativo e politico in forme più o meno macroscopiche.
E tutti si allarmano per la microcriminalità urbana. Diffuso è il fenomeno di chi “si arrangia” nella crisi generale dei valori. In campo economico si tratta di un costo “parassitario” che distoglie energie e risorse, che falsa il quadro della libera concorrenza, alterandone il meccanismo e frena la crescita. Non la contrasta dovutamente la sovrabbondanza legislativa, né l’eccesso di burocratizzazione.
Guardando al fondo l’esigenza di regolare in tutto per legge i comportamenti e gli ambiti relativi alla sfera della moralità e dell’educazione civica significa una clamorosa sconfitta del senso e della pratica della legalità.
Imposizioni esterne che non vengano interiorizzate afferiscono solo all’accademia delle discussioni sterili e improduttive, mentre si allarga e si approfondisce la divaricazione, il solco tra legge e sentire sociale, col risultato che i cittadini diffidano dello Stato e viceversa.
Il controllo di legalità va ben oltre la tutela dell’ordine pubblico e l’elevato contenzioso aperto dinanzi alla magistratura rileva falle che non lasciano speranze eccessive. Il processo che è un mezzo concepito per accertare responsabilità individuali non è una risposta valida per rispondere a problemi di sistema. Le risposte strutturali appartengono alla responsabilità della politica e della società civile e bisogna passare da una società costrittiva ad una creativa.
Ci si deve richiamare prepotentemente alla responsabilità del “convivere”, stipulando praticamente un patto intergenerazionale di ecosostenibilità sociale. Il termine lex è da porre in riferimento a ligare (raccogliere ciò che è disperso per orientarlo alla coesione).
A fronte di un avviato percorso di unione monetaria e di armonizzazione giuridica non tutto confortante in Europa e tutto da definire rimane aperto il discorso sui livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Le persone vanno considerate nella loro dignità e come nodo di relazioni. Va ricostruito un patto fondativo di fiducia, che è presente nella Costituzione come valore in sé, per il contenuto che esprime e i valori, i principi e le regole enunciati. È essenziale investire nella cultura e nell’educazione mediante un’alfabetizzazione costituzionale, delegata innanzitutto alla scuola. È una sfida urgente e autentica, che tutti ci interpella nell’orizzonte di programmi, iniziative ed esperienze di cittadinanza attiva, che corrispondano ad una impostazione solidaristica e creino un senso di appartenenza, di partecipazione. Il fenomeno del volontariato ne è un fenomeno significativo e di maggior respiro.
Non certo trascurabile è il ruolo di una stampa, di una comunicazione più libera e professionale, meno evasiva, meno condizionata dalle logiche del potere nel denunciare i tanti attentati alla giustizia, meno corporativa nel tutelare i propri privilegi e interessi.
Nessuna delega in bianco da parte dei cittadini, se la democrazia vuole avere un senso compiuto. La chiarezza, la trasparenza è l’arma più efficace nel denunciare gli abusi e far vivere regole condivise. Là dove il silenzio e la discriminazione sono solo indizi di colpevolezza, noi cittadini comuni dobbiamo sentire l’orgoglio di una testimonianza che si faccia attiva oltre il facile livello del mugugno e ci veda protagonisti. Con la convinzione che ai diritti facciano riscontro i doveri.
Solo così si ristabilirà il delicato equilibrio che riflette al meglio una società complessa e globalizzata, ma tonificata.
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