Pronti per la Doc? Dodici anni dopo la “conquista” della Igt Ronchi Varesini, i produttori alzano l’asticella e puntano alla Doc, la denominazione di origine controllata. Se ne parlerà l’11 giugno ad un convegno organizzato dall’assessorato alla cultura del Comune di Induno Olona nell’ambito della III Rassegna dei Vini Varesini con il patrocinio dell’amministrazione provinciale, della Pro Loco di Induno e la partecipazione di Slow Food Varese. Un progetto interessante.
Oggi la provincia conta meno di venti ettari di vigneti che non sono nulla rispetto ai tremila dell’Ottocento, ma ha le potenzialità per tornare ad averne almeno duecento valorizzando un vitigno d’elezione come il nebbiolo. Il clima e il terreno lo consentono, la storia e le tradizioni lo confermano. Tutto dipende dalla volontà imprenditoriale e dalla capacità di aggregazione del territorio e, naturalmente, è indispensabile l’appoggio delle istituzioni e della politica. Ma sognare è lecito e l’obiettivo è selezionare l’offerta troppo ampia della Igt, con un disciplinare Doc più stretto e severo.
Varese potrà un giorno competere con la Valtellina, l’Alto Adige e gli altri piccoli paradisi vinicoli italiani? É presto per dirlo, ma intanto la Igt del 2005 ha rilanciato il Varesotto nel vigneto Italia. Sono nate nuove cantine, hanno aperto agriturismi che producono vino, i ristoranti propongono gli abbinamenti con i piatti tipici, le piccole golosità agroalimentari si sono ritagliate nicchie di mercato, sono cresciuti l’impatto sul turismo e l’attenzione all’ambiente. Siamo sulla buona strada.
Le aree coltivate sono tuttavia ancora esigue, la produzione bassa, il rapporto qualità-prezzo dei vini sbilanciato e la notorietà insufficiente. Come risolvere questi problemi? Innanzitutto aumentando i terreni coltivati a vite, rispondono i tecnici. Dal 1° gennaio 2016 è andato in pensione il trentennale, discusso e costoso sistema della compravendita dei diritti d’impianto ed è entrata in vigore la nuova gestione che affida alle Regioni il compito di assegnare le autorizzazioni sulla base della validità dei progetti.
E Varese un progetto ce l’ha. L’idea di massima è puntare sulle uve che fanno già parte del disciplinare Igt Ronchi Varesini. I quattro rossi potrebbero essere nebbiolo, merlot, barbera e croatina con versioni in purezza e altre con tagli da definire. Ci sarebbe invece da mettere a punto la parte riguardante i bianchi e gli spumanti. L’attuale Igt considera il bianco un vino generico e non definisce i vitigni che concorrono a produrlo. Nella Doc anche il bianco dovrà avere una giustificazione legata al territorio e alla qualità del vino.
Insomma, non mancano gli spunti per ragionare sul “progetto duecento ettari” l’11 giugno a Induno (Villa Bianchi, ore 10.30). E per ricordare i numeri della nostra viticoltura che in vent’anni ha fatto passi da gigante nel lungo cammino verso l’antico splendore raccontato sui libri. Varese oggi conta una produzione di 50 mila bottiglie l’anno con un fatturato di 350 mila euro. Sono vini di buona stoffa, con bouquet fragranti e piacevole personalità, vini del territorio come il Pigato e il Rossese liguri, il Grumello bergamasco o i nettari della Valcamonica. Richiesti e gustati dai gourmet e dagli enoturisti. Con piena soddisfazione.
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