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Cultura

IL METODO DI DURKHEIM

LIVIO GHIRINGHELLI - 26/05/2017

durkheimNato a Épinal (Lorena) da famiglia ebraica Émile Durkheim (1858-1917) vive in un periodo di particolare tensione per la repressione della Comune di Parigi, l’acceso antisemitismo, esploso intorno all’affare Dreyfus, alla ricerca di fattori di equilibrio e di integrazione sociale, tanto da esporsi ad accuse di conservatorismo e di marginalizzazione della dialettica storica, dei processi di trasformazione.

Allievo dell’École normale supérieure, vi consegue nel 1882 l’agrégation in filosofia. Dal 1887 è docente di pedagogia e di scienza sociale presso l’Università di Bordeaux, in cui produce le sue opere di maggior rilievo: La divisione del lavoro sociale (1893), che conduce una polemica verso l’utilitarismo inglese e la filosofia di Spencer. Vi figurano due forme di solidarietà: meccanica, tipica delle società primitive, e organica (ciascuno vi assolve una funzione a suo modo indispensabile); Le regole del metodo sociologico (1894), Il suicidio (1897). Nel 1896 esce la rivista da lui fondata, L’annata sociologica. Nel 1901 è chiamato alla Sorbona.

 Si allontana sempre più dal positivismo iniziale per analizzare le componenti normative della società verso lo studio delle rappresentazioni collettive. Nel 1912 pubblica Le forme elementari della vita religiosa, con largo influsso sulla sociologia e l’antropologia francesi.

La società non si fonda per Durkheim sull’interesse reciproco, né su un calcolo e su finalità razionali, non su relazioni contrattuali, bensì su una solidarietà organica, che esprime una coscienza collettiva, cioè un insieme di sentimenti e di credenze comuni ai membri di un gruppo.

Nelle Regole del metodo sociologico si precisa che i dati della sociologia sono i fatti sociali in quanto trattati come cose, il che non significa classificarli in questa o quella categoria del reale, ma rivendicarne l’esistenza autonoma sia rispetto a quelli naturali e biologici, sia rispetto a quelli psichici. Possono così essere trattati sulla base dell’impianto metodologico delle scienze positive.

La sociologia prende le distanze da qualunque teoria, che si collochi prima dei fatti. L’idea di Comte di una evoluzione continua unilineare del genere umano di fatto non esiste. Il concetto di normalità va definito all’interno di ogni società; in ognuna è normale ciò che è accettato e quindi maggiormente diffuso.

La varietà empirica è raggruppata sulla base della similarità strutturale in tipi o specie sociali, in cui si trovano riunite e l’unità, che esige ogni ricerca veramente scientifica e la diversità, che è data nei fatti. La spiegazione dei fatti sociali non è né storica né teleologica. Mostrare perché un fatto è utile non è spiegare come è nato e perché è quel che è. Invece Spencer sovrappone l’analisi causale della genesi e quella della funzione che un fatto ha all’interno del sistema sociale.

Il funzionalismo di Durkheim, che è approccio distinto dal finalismo, è di tipo strutturalistico e fa sì che un fatto sociale vada considerato funzionale alla conservazione della struttura sociale, nel senso in cui tutte le istituzioni contribuiscono al corretto funzionamento della società. I fatti sociali non vanno ridotti ad espressione dei singoli individui e quindi a una matrice psicologica. Non derivano dagli individui, ma dalla società stessa e sono individuati dalla loro coercività. Preesistono all’individuo, derivano da generazioni precedenti. Il singolo trova già costituita, alla sua nascita, una determinata religione, un insieme di norme morali, una visione del mondo specifica della propria società e si forma interiorizzando queste rappresentazioni collettive. Che non sussistono separatamente l’una dall’altra e hanno vita autonoma, sopravvivono alla società che le ha prodotte.

Il simbolismo religioso e con esso le rappresentazioni collettive, che ne sono il fondamento, esprimono in forma sacrale, e perciò assolutizzata, i concreti rapporti sociali distintivi di una comunità. La religione ha rappresentato l’ambito originario, in cui si sono espressi i contenuti sociali a causa della rilevanza, che in essa assume l’aspetto mitico-simbolico. Indirizzandosi in modo forte, attraverso la sacralità connessa, ai sentimenti degli individui, è in grado di esaltare la costrittività delle norme sociali.

Prima manifestazione il totemismo, analizzato sulla base di una documentazione etnografica relativa agli aborigeni australiani. Il sistema totemico è la base anche dell’organizzazione logica del mondo. L’origine delle categorie della conoscenza è da collocare nella religione, intesa come rappresentazione della società in una dimensione universale e assoluta.

A fondamento della religione stessa la distinzione tra sacro e profano. Anche la funzione del rito è ripensata in riferimento alla società (non per onorare la divinità o sollecitarne l’aiuto, ma per suscitare e mantenere stati mentali in funzione della sicurezza, della coesione di gruppo). La religione è così secolarizzata.

Per Durkheim la società è concepita come un sistema di funzioni sinergiche. I fatti sociali sono in un certo modo gli stampi in cui siamo costretti a versare le nostre azioni (Le regole del metodo). Il pensiero non è un prodotto individuale, che reagisce chimicamente su altri prodotti individuali, ma è nel suo nascere elemento sociale.

Quanto al suicidio Durkheim ne rileva tre tipi: egoistico (per mancata realizzazione personale), altruistico (per il bene della collettività), derivante dalla condizione di anomia, che si verifica in società in rapida trasformazione quando viene meno la struttura normativa.

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