Concluso il prolungato letargo invernale tipico dei vecchi orsi pieni di reumatismi, domenica scorsa, dopo circa un mese di assenza, sono andato in centro. Ascoltata la messa, l’ultima della mattinata e quindi non ho trovato nessun amico per le tradizionali quattro chiacchiere, una breve passeggiata mi ha permesso di dare un’occhiata a quanto offriva la consueta e varia “movida” festiva.
La novità era rappresentata dall’incontro con i sapori di Francia, paese che non conosco come il collega Ezio Motterle del Giorno – ne sa dei transalpini quanto può bastare per una grande enciclopedia – ma che spesso è stato mia meta di viaggi, soggiorni o anche semplici incursioni.
Gli stand in piazza Monte Grappa, erano molto frequentati dai varesini che peraltro non trascuravano i tradizionali “sapori” bosini esposti in corso Matteotti. La manifestazione, gradevole e partecipata, si svolgeva però in una cornice indegna, in una Varese abbruttita da una valanga di scritte sui muri dei palazzi, segni e segnali di una cultura che non ci appartiene e quindi incomprensibili ai più, messaggio anche di arroganza, impunità e inciviltà se si considera che vengono imbrattati edifici privati e pubblici che ci si sforza di presentare in ordine agli abitanti e agli ospiti.
Una Varese come quella vista domenica “comunica” che non sembrano interessarci l’accoglienza e il rispetto, anche quello per noi stessi, che non siamo soprattutto come dice lo slogan “land of tourism”, davvero un tantino fuori luogo.
Abbiamo fatto un caso degli imbrattatori padani, quelli di “Monti bufi” sui muri delle Bettole, ma ritengo che siano ben più gravi la tolleranza e l’inazione verso coloro che da sempre trasformano il centro urbano in un festival di scritte murali. Poiché l’area è ristretta e facilmente controllabile ci si chiede una volta di più se non sia arrivato il momento di imparare a lavarci la faccia se gli altri si divertono a sporcarla, se non sia tempo di fermare mano e pennello di coloro che pensano di essere i padroni di qualcosa che è a disposizione di tutti e come tale andrebbe rispettata.
Non è il mio un invito alla guerra, ad atteggiamenti duri, che sarebbero veramente fuori luogo, è una semplice rinnovata richiesta di attenzione a un problema piccolo e tuttavia importante, è un richiamo a impegni che vengono solo strombazzati e mai onorati dalle istituzioni.
Il centro cittadino è storico punto di incontro e luogo privilegiato di attività commerciali, è una delle immagini di Varese. Va ripulito, tenuto bene e tutelato. Anche dagli sporcaccioni della “movida” notturna, che si ingozzano e tracannano di tutto e poi, in assenza di servizi igienici, eliminano la parte miserabile di sé vicino al campanile del Bernascone e negli spazi circostanti. Sono peggio dei Picasso da muro e anche nei loro confronti non si è mai presa un’iniziativa. Che dovrebbe essere ferma ed esemplare perché si tratta di indigeni, magari con l’erre moscia.
Quando arriva la notte il centro urbano ha solo la protezione, chiamiamola così, costituita dal transito di qualche autopattuglia. Troppo poco a fronte di presenze che in qualche misura impediscono alla città di offrirsi anche con un aspetto gradevole.
È un vizio antico delle istituzioni quello di non farsi carico di una situazione così antipatica. Un difetto al quale purtroppo manca ancora il riscontro di una presa di posizione degli elettori della zona al momento giusto. Provino almeno una volta a diversificare voto e preferenze rifiutando i ben noti che non li tutelano: vedranno quali miracolosi effetti avrà avuto la loro scelta.
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