Prima o poi deve succedere. Gli sguardi nel vuoto, silenzio di piombo, sudore freddo, terrore interiore, infinito desiderio di rigettare la realtà, speranza spezzata: alla persona che più ami oppure a te è appena stata detta la diagnosi a cui non si può sfuggire e che sarà la fine della vita.
Fino ad ora c’è stato il positivo, il bello, e il futuro è sempre stato illuminato dalla speranza. Qualunque problema si dovesse affrontare, c’era l’aspirazione al positivo, al successo, al bene. E l’ottimismo rimaneva sempre, nonostante magari i numerosi insuccessi. Ora no! Sai quale sarà la fine e addirittura quando sarà. Hai sempre saputo che ci sarebbe stata, che un momento o l’altro sarebbe arrivata, ma non sapevi quando e la speranza ti sosteneva nell’affrontare il futuro. Ora la speranza vacilla e trionfa il contrario: la disperazione domina. Sai che la fine crudamente è stata diagnosticata. Un no interiore urlato all’infinito prende la coscienza.
Tutto questo fa parte della vita? Questa esperienza unica e grande, che ci è stata data senza che noi si sia potuto sceglierla, dicono alcuni. Altri invece con maggior ottimismo la considerano un grande dono e ringraziano d’averlo ricevuto.
Dono o imposizione la vita è comunque intrisa di bene e di male. Tutti sappiamo che sulla ricerca di una soluzione a questo conflitto hanno lavorato, e continuano a studiare, scienziati, medici ed anche filosofi. E se non possibile venirne a capo, si cerca almeno di alleviare le sofferenze sia fisiche che morali che l’uomo incontra.
Gli epidemiologi hanno constatato negli ultimi tempi notevoli risultati positivi, ma purtroppo anche sconfitte. L’epidemiologia, che è una disciplina importantissima per guidare la ricerca scientifica, ultimamente ha messo in luce un elemento sconcertante: l’apporto negativo del fattore economico sulla qualità della vita dei pazienti oncologici, ma purtroppo anche sulla durata della vita stessa, negando il superamento della patologia, negando la possibilità della guarigione. (Quotidiano Sanità del 18-05-17)
Anche qui c’entrano i soldi, vien quasi da imprecare!
Purtroppo anche in questo caso domina l’azione deleteria della economia; quando il suo valore vien malamente interpretato e malamente usato per cui l’errore trionfa. È innegabile che le nuove scoperte mediche riescano a far recuperare anni di vita, concedendo anche un vivere soddisfacente, anche se “la spada di Damocle” diagnosticata pesa sulla psicologia dei pazienti e delle famiglie. L’epidemiologia evidenzia che il costo troppo elevato di queste nuove medicine va ad influenzare negativamente i bilanci della famiglie ma anche i bilanci dello Stato, che rallenta così con la burocrazia dei suoi apparati il riconoscimento del loro valore terapeutico; ma anche quando questo è riconosciuto, si selezionano in modo crudele i casi da curare. A questo punto i sofferenti esclusi sono costretti a superare l’ostacolo pagando direttamente, con tutte le ovvie conseguenze.
Questo avviene nei paesi dove c’è il “welfare” pubblico che cerca di difendere la salute dei cittadini. Il problema diventa ben più grave dove questo non c’è. Negli Stati Uniti ad esempio il 30% dei malati di cancro ha dovuto dichiarare bancarotta ed è stato costretto a rinunciare alle terapie: la vita dei pazienti si è accorciata di oltre tre anni.
Di fronte a notizie simili non si può restare indifferenti. Non si può non imprecare contro una società così crudele, così perversa che sembra rivolta solo al profitto da far aumentare a qualunque costo. Logico cercare di recuperare la spesa della ricerca, anche superandola per avere possibilità di nuovi studi, ma questa necessità non può recar danno ai soggetti per i quali il lavoro stesso è stato fatto. È perverso ottenere un successo e poi negarlo.
Mi è recentemente capitata sotto gli occhi una poesia, o una preghiera, o una raccomandazione (non so come definirla) di suor Teresa di Calcutta che è un inno alla vita, ma che contrasto con la nostra società attuale! Che contrasto con “la rivoluzione della tenerezza” (Evangelii gaudium) costantemente raccomandata e invocata da papa Francesco.
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