Non v’è certo bisogno di scomodare i più quotati opinionisti per comprendere come il distacco tra cittadini e politica si stia facendo sempre più grande. Sfiducia, rassegnazione e indifferenza la fanno da padroni; grave è anche che i nostri politici sembrano non accorgersi di questo profondo fossato scavato tra loro e il Paese reale. Si continua a ballare mentre il Titanic affonda!
Si va avanti imperturbabili con le solite polemiche, i soliti personalismi, le solite spartizioni di poltrone, il solito vocabolario incomprensibile ai più. Si confrontano due linguaggi che sembrano creati apposta per creare barriere anziché costruire ponti: l’uno, quello di molti politici, fatto di burocratese, astrazioni, rimandi a commi e leggine, apparenze e non sostanza; l’altro, quello dei cittadini comuni che vorrebbero parole agganciate alla realtà quotidiana e concretezza.
E questo solco non è che si fermi a Roma, ma a cascata, in un perverso gioco all’imitazione, investe anche le realtà amministrative locali dove pochi sono i momenti di confronto tra cittadino e amministratore. Alcune potenziali e importanti occasioni di partecipazione dei cittadini, come i contributi obbligatori nella formulazione del PGT – Piano di Governo del Territorio –, si stanno risolvendo in un gioco delle parti; in un teatrino a comparti stagni, in cui il politico illustra pubblicamente soluzioni già decise e il cittadino invitato ad esprimersi e a proporre se ne rimane zitto perché non ha elementi per giudicare ed esprimersi. Questi incontri si esauriscono in un penoso adempimento imposto dalla legge al politico, che ne farebbe, in cuor suo, volentieri a meno.
E come tutte le cose non amate e non condivise finiscono per tramutarsi in una perdita di tempo, in un vuoto parlare imposto nel nome della “partecipazione” .
“Libertà è partecipazione”, cantava Giorgio Gaber e anche il sindaco Fontana ne ha fatto un suo slogan in campagna elettorale. Giusto, ma per partecipare bisogna offrire gli strumenti comprensivi a tutti, bisogna – virtù rara – voler rendere cose apparentemente difficili e incomprensibili semplici e chiare; è necessario, se davvero si vuole la partecipazione, andare tra la gente, nei rioni, parlare, spiegarsi e confrontarsi. Altrimenti non è più partecipazione, ma solo imposizione.
Varese necessita di momenti condivisi, di dialoghi tra le parti; necessita di valorizzare le eccellenze e le capacità di cui il nostro territorio è ricco; dare loro la parola perché possano portare il loro contributo professionale e personale alla soluzione dei problemi locali.
Sinceramente trovo sempre più disagio ad ascoltare, come è oggi ormai la norma, professionisti e politici che disquisiscono, certo in modo dotto, della realtà varesina che però non conoscono. Si arriva così a ricette e soluzioni che vengono sentite dai comuni cittadini avulse ed estranee alla loro realtà. Si abbia dunque il coraggio di parlare anzitutto tra coloro che vivono e amano veramente la propria città.
Con questi fini e su questa strada, semplice e logica, ma che nessuno mai si è presa la briga di attuare, l’Associazione culturale varesina Floreat promuove una serie di quattro incontri con i varesini per testimoniare che un’altra città è reale e possibile. Quattro serate in cui i varesini parleranno e discuteranno con i varesini delle emergenze che attanagliano il nostro territorio.
Niente di calato d’alto, nessun grande progetto presentato ai cittadini da relatori e politici, certo illustri, ma poco partecipi delle realtà e dei problemi locali.
Mercoledì 29 febbraio con inizio alle ore 21, presso la sede di VareseVive, di recente magnificamente restaurata, in Via Lonati angolo Via San Francesco, a Varese, si parlerà di emergenza economica. Una dura realtà che soffoca anche il nostro territorio; certo non si discuterà di spread, di bond, di Borse o di quant’ altro; si vorrà affrontare la crisi economica con una sfida ideale; con la proposta che forse, di questi tempi e in questa città in cui qualcuno grida alla secessione, valga invece la pena di restare uniti, coesi e solidali. Forse dalla crisi si può anche uscire affrontando le difficoltà con spirito di collaborazione e di condivisione, come fece un illustre varesino d’adozione nel secolo scorso, l’ingegner Emanuele Lanzerotti, studioso e uomo d’azione, con tre lauree, due volte parlamentare a Vienna, e soprattutto fondatore del sistema cooperativo del Trentino, allora dominio austriaco. A parlarne, a illustrane l’opera, i sogni e la vita sarà la varesina Maria Grazia Sironi, nipote del Lanzerotti, architetto ed eccellenza silenziosa del nostro territorio, vincitrice tra l’altro del Leone di Pietra alla triennale d’architettura di Venezia.
La cooperazione dunque come risposta umana e morale alla crisi economica; argomento affascinante ed intrigante di questi tempi dove la crisi, anziché aggregare, porta molti a rinchiudersi nel proprio orticello, a difesa dei propri privilegi e interessi, perfino a proporre separazioni o annessioni al Ticino.
Nel mese successivo Floreat proporrà ai varesini un’altra grave emergenza, quella ambientale, e il titolo dell’incontro sarà proprio “La Città Giardino”, perché c’è il rischio concreto di vivere in una Varese sempre meno verde e sempre più grigia, sempre più inquinata e sempre più devastata da un’edilizia egoista e miope. E questo nessuno, a parole, lo vuole; nei fatti poi sembra che accada il contrario. Anche in questa occasione la voce sarà data ai varesini, si andrà a riscoprire una Varese fatta di giardini che non ci sono più, perché questo sia di monito a preservare e valorizzare la nostra peculiarità principale. Nell’incontro “La Città reale”, a maggio, si parlerà dell’emergenza urbanistica, di cosa sia il PGT, del perché Varese abbia bisogno di risposte semplici e consone alle peculiarità del proprio territorio e non di mega progetti, ospedaloni, grattacieli e quanto altro, buoni per le lobbies, per gli speculatori e non certo per i varesini.
L’ultima emergenza ad essere affrontata sarà quella sociale, quella dell’accoglienza ne “ La Città e la gente”; tema scottante in questa terra dove si installano panchine monoseduta per scoraggiare i vagabondi, dove si muore ancora di freddo, dove si fa la fila per avere un pasto caldo gratuito presso gli enti assistenziali, ma dove, d’altro canto, è altissimo il numero di volontari che si dedicano all’aiuto, all’accoglienza, all’assistenza di malati e indigenti. E allora dove è la quadratura del cerchio? Floreat, con l’aiuto e l’intervento di tutti i varesini, al di là e al di sopra delle appartenenze, cerca di dare risposte, o quantomeno di alimentare un dibattito dialettico e costruttivo perché veramente “ la libertà sia partecipazione”.
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