(O) Ma dobbiamo proprio dedicare un’apologia a questo TRIPLETE, che io nemmeno so che cosa sia?
(S) Il direttore sa quello che vuole il pubblico, meglio di noi e … sa anche bene quello che interessa al suo ego bianconero. Tutto nel presupposto che, mentre stiamo scrivendo, mercoledì sera, non se ne perda un pezzo.
(O) Continua a non piacermi, certe parole straniere sembrano ambigui doppi sensi, il mondo del tifo sembra fatto apposta per le esagerazioni, per i conflitti che esasperano fantasie malsane, per eccitare l’aggressività. Aspettiamo almeno che si realizzi, per intonare l’epinicio.
(C) Ma proprio noi che siamo un trio affiatato nella diversità dobbiamo avere paura a parlare di una possibile triplice corona? Premesso che tutti gli sport esaltano sempre più le vittorie multiple (perché una sola non è difficile, nella quantità delle occasioni che gli sport odierni propongono), a me sembra che il desiderio del direttore sia ben diverso: vuole mettere alla prova la nostra capacità di usare la metafora, di cogliere il paradosso, quindi dobbiamo provarci.
(S)Il mio primo pensiero è che questi triplettisti siano esagerati: non si accontentano del sesto scudetto, anche quello un record e una esagerazione, si devono rendere conti che così facendo suscitano invidie, schiacciano la competizione, ammazzano l’interesse del gioco, che è bello quando è vario, anche nei risultati. Troppo facile vincere in Italia, specialmente dopo le traversie societarie delle milanesi.
(O) Ma no, quanto a questo non sono d’accordo. Non bisogna mai smettere di desiderare il massimo, chi si contenta muore e non lo sa. I calcoli sono ammessi negli affari, non nello sport, nell’arte, nella scienza e nella bontà; insomma in tutto ciò in cui il bene deriva da un impegno totale dell’umano e non da un puro meccanismo materiale. Non c’è nulla di così umano come desiderare il bene, per sé e per i propri cari. Da questo nasce la disponibilità al sacrificio, non da un comando morale o da qualcosa di astratto, tanto meno da un sofisticato calcolo utilitaristico di convenienza sociale, a mo’ di api nell’alveare.
(C) Condivido che una squadra di calcio possa essere una buona metafora di tanti aspetti della vita sociale e politica. In questo senso, Sebastiano ha detto bene. Troppo facile vincere in Italia. Nello sport e negli aspetti più importanti e difficili della realtà. Oltre che nello sport (pensiamo alle magre figure internazionali in altre discipline, il basket, l’atletica, il ciclismo) abbiamo perso il primato persino nella canzone e nella lirica. Non oso nominare letteratura ed arte, ma basta visitare una libreria o un museo all’estero per vedere quanto negletta sia la presenza di autori italiani contemporanei.
(S) Ma che c’entra col triplete?
(C) Io sostengo che dalla mancanza di coraggio, soprattutto nell’investire su noi stessi e sui nostri giovani che deriva tutto il nostro declino, anche economico e finanziario. Pensa al mondo della moda: quante firme ‘italiane’ sono ormai possedute da multinazionali estere, nonostante stilisti, manager e soprattutto il personale che realizza gli oggetti con una manualità prossima all’arte siano italiani. Essere capaci di fare belle cose è importante, ma non basta, occorre saperle imporre e per far questo occorrono doti non solo intellettuali, occorre lo spirito vincente, quello stesso che ti spinge a puntare al triplete. Noi invece siamo pronti a gufare. E pazienza quando c’è di mezzo il tifo calcistico, ma lo trovo assai meno ragionevole quando c’è di mezzo lo Stato, il governo del Paese. Troppe volte ho visto godere di sconfitte politiche, qualunque fosse il governo, da parte dell’altra mezza Italia che stava all’opposizione.
(O) Giustissimo! A me, del calcio m’interessa poco, ma capisco che una vittoria italiana in Champions League darebbe prestigio a tutto il Paese. Quindi darò il buon esempio evitando di gufare alla finale di Champions. Tu, piuttosto, dici tanto, ma non ti ho visto troppo felice per la prima vittoria del triplete, quella della Coppa Italia.
(C) Vero! E’ una noia! Però più che sul triplete, l’enfasi del mio discorso va sulla Coppa più importante, quella che continuo a chiamare ‘dei Campioni’, anche per l’ovvia considerazione che è il trofeo che dà visibilità internazionale e rilevanza economica alla società, ma pure a tutto il calcio italiano. A gufare sul triplete sono i nerazzurri, per i quali è importante rimanere gli unici in Italia ad averlo conseguito, perciò, dando per scontato lo scudetto, difficilmente seguiranno l’esempio dell’ex-patron Moratti, che augura la vittoria ai bianconeri. Noi milanisti ci consideriamo ancora superiori a queste meschinità, ricchi dei trofei dell’era berlusconiana: l’unico nostro competitore globale storico rimane il Real Madrid, quindi abbiamo quasi una ragione in più per desiderare una vittoria italiana a Cardiff.
(S) Dici ‘vittoria italiana a Cardiff’ e mi unisco anch’io, seppure a fatica, all’auspicio; ma possiamo considerare ancora ‘italiane’ le squadre oggetto della nostra passione, dal momento che molte non lo sono quanto alla proprietà e sono composte per lo più da calciatori provenienti da ogni angolo del globo? Non prendetemi per razzista, non vado allo stadio a fare ‘buuuuuuh’, anzi credo di essere uno dei pochi che vedrebbe bene Balotelli tra noi, anche in Nazionale. E’ l’effetto di una debolezza strutturale della Nazione, dello Stato e dei partiti di governo, intendo dire di quei partiti che avrebbero la tradizione e l’esperienza per governare e che non rischierebbero di mettere in scena la parodia di Trump o di Le Pen da strapazzo. Questo è il TRIPLETE maiuscolo di vittorie che dovremmo cercare di realizzare, tutti quanti insieme, come oggetto di un desiderio tanto vero da meritare qualche sacrificio, magari quello di mettere da parte litigiosità e opportunismo e cercare di realizzare qualcosa che produca un pochino di bene comune.
(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante
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