Pur vincendo le primarie della Lega Nord con un successo anche più ampio del previsto, Matteo Salvini non ha fatto passi avanti verso Palazzo Chigi, ma semmai ha sottolineato con forza di voler opzionare la futura opposizione e di controllare bene l’apparato della Lega visto che gli aventi diritto – più che rappresentare iscritti ed elettori – coinvolgevano soprattutto gli organici “storici” del movimento.
Salvini ha giocato due carte, solo apparentemente diverse: da una parte ha aperto (o riaperto) il tentativo di crearsi uno spazio politico anche a sud della Padania, dall’altra ha ribadito la volontà di portare avanti una forte critica all’Europa nonostante la sconfitta della Le Pen, cercando di intercettare potenziali voti di euroscettici anche e soprattutto in casa M5S.
Può riuscire la prima mossa – anche se in passato il “raccolto” leghista a sud della Toscana è apparso limitato – ma sul secondo aspetto Salvini fa una scelta di campo perché sa che – in questo modo – non avrà mai la maggioranza nel Paese e quindi punta piuttosto a fidelizzare elettori e conquistare futuri parlamentari piuttosto che puntare a governare.
Nello stesso tempo la mossa di Salvini è abile perché – soprattutto se passasse un sistema elettorale proporzionale senza necessità di unirsi ad altri per premi di maggioranza – significherebbe confinare Berlusconi e dare alla Lega una vasta e durevole visibilità all’opposizione in concorrenza elettorale con il M5S.
Il Cavaliere annaspa perché è circondato, non ha intorno a sé facce nuove e per trovare spazio sarà obbligato a giocare la carta post elettorale della necessaria “governabilità” e quindi – di fatto – a dare spazio a un suo connubio con Renzi nonostante gli scontati, opposti e precedenti slogan elettorali.
In altre parole – se non obbligati da un premio di coalizione – Salvini giocherà fino in fondo la sua linea di rottura togliendo spazio a Forza Italia che invece rischia di trovarsi omologata a un Partito Popolare Europeo con sempre meno simpatie.
In questo senso è logico per Salvini voler puntare anche all’elettorato del centro-sud soprattutto per intercettare euroscettici, mentre le recenti dichiarazioni “pro Merkel” dell’ex Cavaliere sembrano più un’implicita implorazione alla Corte Europea di Strasburgo – che dovrà esprimersi per la sua riabilitazione politica – che un’improvvisa folgorazione verso la “Frau” tedesca, non certo campione di simpatia.
Si torna quindi – come sempre – al capolinea della nuova legge elettorale, ai suoi dubbi ed ai suoi contorsionismi con alla fine più o meno tutti i leader che gradiscono bloccare i capilista, ovvero mantenere il proprio diretto controllo sugli eletti ai danni dei nemici interni.
Una linea che, per contro, certo non può piacere ai leader forzisti e leghisti che governano città e regioni perché crea divisioni e sospetti indebolendo le classi dirigenti locali e non è un caso che Maroni si fosse messo ai margini sperando in un ridimensionamento del suo leader.
Ultima nota in casa Carroccio è stata anche la rinnovata quanto fugace e un po’ patetica presenza di Bossi che è apparso decisamente messo ai margini della sua stessa creatura (di cui medita il ripudio) ma che si è ritrovato sostanzialmente abbandonato.
L’esito delle primarie porterà infatti anche alcuni dei potenziali oppositori interni a Salvini a correre dietro a chi comanda in via Bellerio e che in fondo – ricordiamocelo – ha comunque preso in mano una Lega squassata e ai minimi termini portandola alla dimensione attuale su numeri a due cifre.
Un ottimo posizionamento complessivo rispetto al quale sarà difficile crescere ancora (e lo testimoniano i sondaggi, ormai stabilizzati da tempo), ma che significherà comunque portare decine di deputati a Montecitorio rischiando alla fine di fare maggioranza proprio con quei 5 Stelle che saranno agli antipodi per alcune tematiche, ma che sono politicamente vicini in termini di opposizione globale.
Uno stato di grazia che Salvini vorrebbe quindi giocarsi subito con elezioni anticipate anche se è sempre più scontato che non arriveranno.
Piuttosto se tra un anno – magari con un governo di necessità istituzionale sostenuto da Renzi-Berlusconi – si vedesse all’opposizione una variegata ma consolidata armata Salvini-Meloni-Grillo sarebbe facile immaginare una legislatura agitata per i cronisti parlamentari, ma con sullo sfondo un’ Italia ingovernabile e quindi sempre più a pezzi.
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