Proprio perché questo maggio mi sembra ancora mutevole e deciso a non farmi godere il giardino, questo suo cielo gonfio di nuvole mi fa inversamente ricordare i giorni tiepidi della mia giovinezza, ricchi di memorie “europee”.
Si incominciava, a scuola, a ricordare, il 5 maggio, la nascita, avvenuta nel 1949, del Consiglio d’Europa: il maestro si destreggiava a parlarmi della “nostra Patria Europa”. L’8 maggio mi ricordava che, con la resa totale dei tedeschi, era finita pochi anni prima la seconda guerra mondiale, di cui ricordavo i bombardamenti, le corse nei rifugi antiaerei, i voli notturni di Pippo e le alte fiamme sprigionatesi di notte dall’incendio della carena lignea rovesciata della basilica palladiana, colpita da bombe incendiarie.
Ricordo benissimo il giornale radio della sera del 9 maggio 1950 quando, nel silenzio profondo preteso da mio padre, una voce sgraziata annunciò che Francia e Germania avevano deciso di fare la pace per sempre. Mia madre corse alla finestra da dove, sullo sfondo, alta sul colle Berico, si vede troneggiare la basilica dedicata alla Madonna e pronunciò queste parole: “Madona Santa de Monte Berico, te ringrassio che me fiojo ‘n ‘andrà in guera!”.
Seppi più tardi (e quante volte la risentii!) che quella voce era di Robert Schuman, ministro francese degli Affari Esteri.
Con una dichiarazione che sorprese il mondo intero, Schuman tendeva la mano al nemico di ieri – la Germania – non semplicemente per perdonarlo, ma per costruire assieme l’Europa del futuro. La conciliazione franco-tedesca diventò così la “pietra angolare” della casa europea che si stava per costruire.
Atto profondamente profetico quello di Schuman non perché esso preveda il futuro, ma perché, proprio come un profeta biblico, indica ai popoli europei la strada da percorrere per raggiungere e custodire la pace. È un profeta che – parafrasando il premio Nobel Nelly Sachs – irrompe per le porte della notte seguita ad una guerra mondiale e fa sprizzare scintille di speranza dalle macerie. Da uomo di profonda fede, Schuman cerca di tradurre lo sguardo di Dio nel suo tempo e nella storia. Cerca orecchi che l’ascoltino, orecchi non ostruiti da odio e rancori. Odono e accolgono il suo messaggio De Gasperi, Adenauer. Alle nazioni d’Europa lacerate da odi secolari provocati dall’estenuante difesa di frontiere sacralizzate, ai delusi che gridano. “Non dateci visioni!”, ai falsi profeti che gridano:” Non fateci profezie sincere, / diteci cose piacevoli, profetateci illusioni” (Isaia, 30, 10), Schuman ha la forza di andare controcorrente e, con mitezza, difende il suo piano di pace.
Per Schuman, l’Europa non è uno spazio geografico, ma una comunità che, prima di essere economica o militare, è spirituale e culturale. Essa si fonda sulla solidarietà (“gli europei saranno salvi nella misura in cui saranno coscienti della loro solidarietà di fronte ad un medesimo pericolo”). Essa implica che, se l’interesse di uno stato è in gioco, i suoi partner devono dare prova di comprensione e di tolleranza per conservarne la fiducia. Si espande nella sovra-nazionalità che non è la negazione della patria, non è la sconfessione della propria identità, non è il rifiuto dei propri confini, ma l’allargamento dei valori nazionali che sono maggiormente garantiti in un contesto internazionale. Si promuove con la prosperità, frutto di un lavoro comune, di scambi commerciali, di interessi comuni che assieme garantiscono meglio il bene di tutti e la lotta alle diseguaglianze.
La fede nella giustezza delle sue idee proviene a Schuman dalla profonda fede in Dio che testimonia non a parole, ma con gli atti della sua vita quotidiana. Agli amici scrive che fa “tutto per il Signore”, si sente “uno strumento della Provvidenza”, si abbandona “alla volontà di Dio” e vive alla sua presenza.
Non gli mancano i momenti di sconforto, gli attacchi in parlamento, le aggressioni verbali, ma Schuman si rifugia nella preghiera, la dilata nella mitezza verso gli avversari, che tratta non come interlocutori o rivali, ma come uguali. La preghiera gli riscalda l’anima, la dilata e la riconforta.
Pensavo a queste virtù di Schuman ascoltando il dibattito fra i due candidati all’Eliseo: sono volate parole violenti, calunnie, menzogne. Più che a un dibattito, sembrava di assistere ad una partita di boxe dove imperava “il terrorismo delle chiacchiere” (Papa Francesco). Se la Politica (notare la “P” maiuscola!) non ritornerà ad essere confronto fra idee e non fra attacchi personali, difficilmente i nostri paesi e l’Europa si salveranno.
Di Robert Schuman, vero artigiano di pace, si è conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione e si attende il giudizio della Chiesa. Quando la Chiesa designa dei santi non esibisce dei superuomini, ma reclama la sola santità, quella di Dio, che si manifesta attraverso persone che hanno vissuto evangelicamente.
Sull’esempio di Robert Schuman l’Europa, che è angosciata del suo destino, deve riunire gli europei in una cultura scandita dal rispetto di ogni uomo e di tutto l’uomo, prossimo e fratello il cui il volto, questa finestra dell’anima aperta sull’infinito, attesta la presenza di Dio. Il rinnovamento dell’Europa incomincia anche da qui.
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