Possono non piacere ma i numeri contano, sempre e in qualsiasi campo. A maggior ragione nello sport. Alla regola non sfugge ovviamente il ciclismo che in questi giorni vede ai nastri di partenza il Giro d’Italia numero 100. La cifra racchiude una fetta importante della storia del costume del nostro paese, da Nord a Sud custodisce frammenti grandi e piccoli di imprese sportive, avventure umane, fortune e disgrazie, speranze e delusioni. Cento anni sono l’occasione affinché ogni angolo d’Italia, grande o piccolo che sia, tracci un suo bilancio di partecipazione a quella grande kermesse nazionalpopolare che è la corsa a tappe organizzata dalla Gazzetta della Sport. “Un romanzo popolare a puntate” come amava dire Mario Fossati, impareggiabile narratore di ciclismo scomparso quattro anni fa.
Le cifre di Varese sono lusinghiere. In città la carovana ha sostato sei volte – la prima nel 1938, l’ultima nel 2008 – in provincia altre sei volte. In termini di risultati strettamente sportivi la partecipazione è molto più importante, forse una delle più significative su scala nazionale. I ciclisti targati Varese hanno collezionato infatti la bellezza di novantuno vittorie di tappa, nove i trionfi finali,sette i successi nelle classifiche di categoria ( maglie, bianche, verdi, azzurre, ciclamino). Certo la città giardino – per la precisione l’orgogliosa Cittiglio – ha avuto la fortuna straordinaria di mettere in sella un fuoriclasse assoluto come Alfredo Binda (classe 1902) che da solo di Giri ne ha vinti cinque e di tappe quarantuno. Per capirci soltanto Fausto Coppi e Eddy Merckx hanno saputo eguagliarlo nel numero di successi finali. I tre fuoriclasse rappresentano ancor oggi l’Olimpo indiscusso del ciclismo internazionale su strada.
Che Varese fosse una terra propizia al ciclismo lo si era capito fin dalla prima edizione del Giro ( 1909) vinta dal poderoso Luigi Ganna da Induno Olona che in seguito diventerà un industriale delle due ruote. Alla distanza Ganna e Binda si rivelarono, per così dire, i semi di fecondazione di generazioni di atleti di alto livello capaci di firmare grandi imprese ciclistiche. Le stelle più brillanti per numero di tappe vinte sono state quelle di Michele Mara (7), Luigi Casola (4) entrambi bustocchi di grande carattere, Pietro Giudici (3), Vladimiro Panizza e Luciano Borgognoni (2), Silvano Contini (4) Stefano Zanini (2) e molti altri con un successo all’attivo. Stefano Garzelli e Ivan Basso, con 6 tappe a testa e rispettivamente una e due vittorie finali, sono stati i più recenti e gloriosi epigoni del grande Binda. Basso è anche salito due volte sul podio al Tour de France. Una citazione particolare la merita Claudio Chiappucci, atleta di grandissimo temperamento, che tra il ’90 e il ’93 collezionerà sei piazzamenti d’onore e altrettante maglie di specialità tra Tour e Giro dove, ironia della sorte, riuscirà a conquistare una sola tappa, a Corvara nel ’93.
Saranno anche aride le cifre ma parlano chiaro. Varese è sì una “Provincia con le ali”, viste le sue storiche eccellenze aeronautiche, ma è anche e a maggior ragione “una Provincia a pedali”, visto il suo peso nella storia del ciclismo nazionale e il boom di quello amatoriale.
Varese ha prodotto grandi ciclisti ma anche grandi dirigenti, a cominciare da Togn Ambrosetti inventore con Binda della Tre Valli, padre del notissimo Alfredo a sua volta decisivo nell’assegnazione dei mondiali 2008, cinquantasette anni dopo quelli leggendari del ’51. Dopo il Togn una serie di buoni dirigenti ha consolidato il fascino della Tre Valli nel cui albo d’oro figurano i più grandi campioni di tutte le epoche.
Ormaida tempo le sorti del grande ciclismo varesino riposano nelle mani esperte di Renzo Oldani che ha il merito di aver rinvigorito la Società Binda e di essere stato il regista del secondo iride varesino. Per tutte queste buone ragioni il Giro dovrebbe quanto prima riapprodare a Varese, ma sappiamo quanto sia oggi difficile e costoso assicurarsi un arrivo di tappa. Tuttavia non disperiamo, nella speranza di poter rivivere giornate memorabili come quel 5 giugno del ’90 quando nella penultima tappa – Gallarate – Sacro Monte, cronoscalata di 39 chilometri – Gianni Bugno mise il sigillo sull’edizione numero 73 di un Giro corso in testa dall’inizio alla fine. Quel pomeriggio dalla fittissima coltre di nubi e dalla pioggia sbucò in piazzale Pogliaghi la maglia rosa, un coriandolo di colore sul grigio fitto della montagna. Giove Pluvio si era inopinatamente riappropriato della corsa espropriandola alla televisione, già allora padrona assoluta della scena, alla quale non consentì neppure un collegamento via elicottero. L’ascesa finale del grande Gianni ognuno dovette immaginarsela, come accadeva durante gli indimenticabili Giri raccontati dalla radio.
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