Riprendo dopo un tempo di silenzio la mia collaborazione con RMFonline, scrivendo sempre del lago di Varese in qualità di rappresentante dei Comuni rivieraschi nel Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio del lago. Pur non essendo un politico, né avendo intenzione di diventarlo, lo spunto me lo ha dato un recente articolo apparso sulla stampa locale in cui un Consigliere regionale, già Assessore provinciale all’ambiente, accusava il Sindaco di Varese di non aver fatto nulla per il recupero del nostro lago. Forse l’avvocato Marsico non ricorda che non è compito del Sindaco del capoluogo risolvere il problema, anche se egli può e deve mettere allo scopo il suo peso in un contesto più ampio. Non ricorda poi che durante i venti anni passati, per alcuni dei quali egli ha anche ricoperto cariche in materia ambientale, non si è fatto praticamente nulla se non velleitari, costosi ed anche pericolosi progetti, per fortuna non attuati.
Attualmente si ripropone il progetto del prelievo ipolimnico, con il ripristino di un impianto vecchio e dismesso, da allungare con tubature che arrivino fino al depuratore di Gavirate, ove trattare le acque in una vasca di depurazione che è da rifare. È ovvio che i costi di attuazione del progetto sono piuttosto elevati. Per capire meglio il processo proposto, bisogna partire da che cos’è l’ipolimnio: sono le acque profonde del lago che essendo a contatto con il fango del fondo, pieno di sostanze chimiche di cui non conosciamo né la quantità né la qualità, si saturano più o meno di dette sostanze. Logicamente eliminando l’acqua sporca si diminuisce il carico inquinante ed in un congruo numero di anni si otterrebbe un risultato apprezzabile.
Ma se noi asportassimo direttamente il fango, l’ipolimnio non sarebbe più carico di sporcizie ed otterremmo un risultato più efficace in un tempo molto più breve. Tale possibilità esiste ed è già stata proposta e riproposta ad interlocutori politici, che evidentemente hanno altri interessi. Si sta pensando di attuarne un prototipo dimostrativo di cui già ci sarebbe il permesso di utilizzo. Si tratterebbe di attrezzare una chiatta su cui portare il fango prelevato con un sistema ideato da un chimico e da un ingegnere, e di separare direttamente la parte solida da quella liquida direttamente sulla chiatta, in modo poi da eliminare gli inquinanti.
Per brevità tralascio i particolari tecnici che sono in parte segreti e che potrebbero anche essere aggiornati e modificati a seconda delle esigenze in corso d’opera. I costi sarebbero ridotti, l’efficacia maggiore e proporzionale al numero di bettoline che si vogliono realizzare, ed inoltre il sistema avrebbe il vantaggio di poter essere spostato nei punti più critici, mentre il prelievo ipolimnico è fisso. Il costo maggiore di tutto il processo sarebbe semmai lo smaltimento dei fanghi anche se si potrebbe ipotizzare un loro riutilizzo come concime o, se contenenti sostanze pericolose, inertizzato come rifiuto speciale (cosa per altro già fatta con i fanghi del depuratore).
Naturalmente il progetto va verificato sul campo, i fanghi raccolti analizzati per capirne i contenuti, e solo a questo punto si potrebbe fare un preventivo reale di spesa, potendo anche calcolare con una certa precisione i quantitativi da raccogliere ed eliminare. Sarebbe indispensabile ora che qualche parte politica importante sposasse il progetto e ne facesse un suo vessillo, in modo da fregiarsi del merito del risanamento reale del lago di Varese, malato cronico da sessant’anni.
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