(S) Che libro leggi? Copertina stracciata, sottolineature grossolane, non è da te!
(O) Ah. Era nella biblioteca di mio figlio, ha attirato il mio sguardo proprio la copertina stracciata. Si tratta di “La chiusura della mente americana” di Allan Bloom, un filosofo americano. Ma è ancora più interessante il sottotitolo: “I misfatti dell’istruzione contemporanea”. Devo ammettere di essere in grave ritardo, il libro è del 1987, ma è stato tradotto e pubblicato in Italia nel 2009 e ne avevo sentito parlare solo superficialmente.
(C) Non vorrai raccontarcelo tutto!
(O)Tranquillo, l’ho appena iniziato, mi attira perché mi pare di capire che sveli un paradosso: la chiusura della mente americana dipende dalla presunta e forzata apertura dell’educazione, basata su un assioma: la relatività della verità è la condizione di una società libera. Capisci che la forza di una tale affermazione e l’eventuale possibilità di smentirla, non per bocca di un dogmatico teologo tedesco, ma di un americano, possibilmente nutrito di una buona dose di pragmatismo mi incuriosisce. Ma questo basta, ne discuteremo a lettura inoltrata, leggetelo anche voi.
(S) Non te la puoi spicciare così. Tu che tuoni tanto contro i muri, potresti costruirne uno di carta, senza accorgertene. Tanto varrebbe dire chiaramente che il relativismo è il presupposto necessario e sufficiente non solo della democrazia, ma di ogni convivenza che non si basi su di un rapporto supremazia/sottomissione, che sia classista o teocratico.
(C) Che cosa pensi di scoprire, dalla lettura del libro e da altre indagini?
(O) Senza esagerare, direi che m’interessano due aspetti: in che cosa consiste la “mente americana” e se questo misfatto dell’educazione relativistica ha effetto anche in Italia.
(C) Che cosa ti fa pensare il primo approccio alla tesi del libro?
(O) Il successo di Trump, contro l’ostilità della totalità del mondo intellettuale e della comunicazione è spiegabile solo come fenomeno complesso, ma unitario: in una mentalità pragmatica di cui sia contemporaneamente portatore e trasgressore, così da essere capito e apprezzato da alcuni e disprezzato da altri, per ragioni speculari, opposte nei contenuti, simili nel metodo. Non mi pare che nell’accanimento dell’intelligentia organizzata contro di lui ci possa essere solo passione politica o una differente concezioni di democrazia, ci vedo sempre più una delegittimazione intellettuale. Sembrano dire: lui sì che è un corpo estraneo, uno straniero negli Usa, terra della libertà. Bloom ovviamente non ha presente Trump, ma nota fin da allora una frizione tra la cultura democratica dei fondatori, improntata a valori comuni, accettati e riconoscibili e la nuova “vulgata” che a questi valori rinuncia in nome del rispetto delle diversità. In questo caso Trump non è un estraneo o solo un conservatore, ma, almeno potenzialmente, un restauratore.
(C) Se Bloom ha ragione, il seguito ottenuto da Trump ha radici meno avventizie di quello che potevamo immaginare, ma nello stesso tempo si apre in Usa e in Europa una questione politica assai seria: quella dell’interpretazione. È come se parlasse un altra lingua, diversa da quella cui sono abituati politici e diplomatici. Il rischio del fraintendimento è piuttosto alto, vedi Siria.
(O) Ciò riguarda politici e diplomatici, al massimo gli elettori repubblicani. Della tesi di Bloom a me interessa di più il discorso sull’ educazione.
(C) In che senso si parla di misfatti dell’educazione?
(O) Bloom sostiene che lo scopo dell’educazione è la formazione della persona per mezzo della ricerca dei valori, cosa che implica il rischio di una valutazione, socialmente condivisa, che serva di base alla convivenza civile.
Se invece nemmeno il metodo democratico può far accettare una prevalenza di valori e di comportamenti e tutto o quasi è ugualmente accettabile, l’educazione è inutile e la scuola si riduce a puro addestramento al lavoro, a qualche funzione sociale e, per le famiglie, a speranza di ascensore sociale ed economico per i figli. Negli Usa, infatti, le famiglie si indebitano moltissimo per far studiare i figli: uno dei problemi delle banche è se i giovani che hanno contratto prestiti d’onore per l’università saranno in grado di restituirli, vista la crisi.
(C) Il nesso scuola-educazione è davvero critico anche in Italia. Infatti, se riuscirò a procurarmi i dati che ho sentito troppo fugacemente in una trasmissione radio, dedicherò un’apologia a questo argomento. Anticipo solo che da un’inchiesta OCSE risulta che gli studenti italiani sono i più stressati dal ‘lavoro scolastico’, probabilmente perché le loro famiglie si aspettano dei risultati ‘concreti’. Ma ancor più singolare è lo ‘stress lavoro-correlato’ che colpisce i loro insegnanti: è altissimo, con conseguenti inabilità al lavoro di origine psichiatrica. Che nell’educazione contemporanea, se non misfatti, ci siano vizi occulti e palesi, non si può dubitare. Scoprirne le cause e rimuoverle è una bella impresa.
(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante
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