La partecipazione degli italiani alla vita culturale, da tempo a livelli inferiori alle medie europee, è oggi in ulteriore diminuzione. In particolare, si nota l’aggravarsi del divario tra i pochi che hanno un’alta esposizione alla cultura, nelle sue diverse forme, e i molti che non ne hanno alcuna. II posizionamento mediocre dell’Italia nelle statistiche comparate sui consumi culturali trova probabilmente una radice storica nel fatto che, tra l’Ottocento e il primo Novecento, si sia prodotta in Italia una netta separazione tra cultura “alta” e cultura “popolare”, la quale ha dato vita a un diffuso senso di diffidenza verso la cultura.
Da parte sua, l’investimento pubblico in cultura – sempre inferiore alle medie europee – non è mai riuscito ad arginare questo fenomeno. L’ulteriore diminuzione cui si assiste in questi anni non fa che aggravare la situazione ed effettivamente pone seri interrogativi circa la possibilità per il settore di mantenersi ricco, vivace e plurale.
Appare fondamentale sottolineare la responsabilità delle organizzazioni culturali nel promuovere il miglioramento delle competenze dei cittadini. Nei rispettivi territori spesso frammentati esse sono chiamate, oggi più che mai, a stimolare l’aggregazione, il confronto, lo scambio, la crescita del senso civico, l’apertura verso il mondo, lo sviluppo di una maggiore consapevolezza di sé e degli altri, l’elaborazione di nuove sintesi culturali. È quindi necessario che tali soggetti si impegnino a fondo nell’allargare, diversificare e fidelizzare i propri pubblici in modo, tra l’altro, da perseguire sostenibilità economica nonostante l’assottigliarsi delle risorse pubbliche a disposizione della cultura.
Applaudo quindi all’ intraprendenza dell’Assessore alla cultura e al turismo del Comune di Varese che, in tempi stretti con le Associazioni culturali e ambientalistiche varesine che avevano promosso il convegno di studio sul Castello di Belforte, il giorno 11 aprile 2015, ha voluto concorrere a un bando di concorso della fondazione Cariplo dal Titolo “Partecipazione Culturale”.
Preliminarmente faccio presente come debba essere fatta una conferenza stampa per rendere palese al pubblico quella che è stata un’azione (presentazione del bando) secondo me assolutamente innovativa e carica di senso civico.
Chiedo però che vengano predisposte le azioni preliminari già indicate nel corso delle riunioni, riguardo lo storico sito, da Amici della Terra Varese (che rappresento) e da una pluralità di altre associazioni e di persone interessate alla storia della città. Amici della Terra ha quindi, in particolare, scritto all’Assessore alla cultura del comune di Varese chiedendo:
1) L’acquisizione di tutta la proprietà del castello da parte del Comune senza fermarsi alla sola quota di maggioranza di cui dispone ora: domandiamo quindi di invitare in Comune gli esponenti della proprietà che non hanno ancora ceduto per ascoltare le loro proposte. Con questo non vogliamo chiedere al Comune di risolvere economicamente eventuali richieste dei comproprietari, bensì di responsabilizzarli tanto da invogliarli alla cessione delle quote.
Un fare di questo genere, non è mai stato utilizzato in passato (e ci siamo chiesti le ragioni di ciò senza mai trovarle e senza che ci fossero fornite dai predecessori dell’attuale Assessore alla Cultura). In Consiglio comunale di Varese era stato detto all’inizio degli anni 90 che era meglio mettere una bomba piuttosto che spendere dei soldi per il Castello e più recentemente che il mettere mano alla salvaguardia del Castello di Belforte non rappresentava una priorità del Comune di Varese. Ripetiamo: bene che l’Assessore a cultura e turismo ora abbia voluto agire dando una risposta al quesito se i siti culturali anche se cadenti possano ancora essere fonti di ricchezza e interesse. È stata assunta una posizione positiva e di questo ci rallegriamo assai.
2) Impedire possano cadere su strada (viale Belforte) dei calcinacci dagli immobili in rovina. Il Comune potrebbe per esempio in questo caso agire in via sostitutiva.
3) Invitare i Donanti del Castello per ricevere un ringraziamento da parte del Comune che non l’ha ancora dato a sufficienza. Agli ex proprietari sarebbe opportuno illustrare il bando di concorso (bando Cariplo) cui si intende concorrere e il progetto presentato.
4) Promuovere un Parco locale di interesse sovraccomunale del territorio solcato dal torrente Vellone che prima di gettarsi nell’Olona, scorre presso i Castelli di Masnago e di Belforte.
Il recupero del Castello comporta necessariamente la tutela dei luoghi ad esso circostanti tra cui il fiume, fonte dei commerci e dell’economia che il castello sovrintendeva. Transazioni talmente importanti da giustificare che un Imperatore (Barbarossa) venisse a soggiornarvi.
5) Attivare, in considerazione dei temi di Expo, un dialogo con il Comune di Busto Arsizio che è proprietario di Cascine storiche quali la Burattana e la Malvasia (da poco sede di un distruttivo incendio), perché possa nascere una coltivazione di prodotti tipici varesini, nelle aree di queste costruzioni storiche, votate tutte, almeno a partire dal medioevo, all’agricoltura.
6) Promuovere incontri per addivenire a un gemellaggio di Varese con le città della Germania in cui ha abitato Federico Barbarossa che, come risulta dai documenti storici, aveva soggiornato presso il Castello di Belforte. Altri incontri, dovrebbero essere fatti per arrivare ad un Gemellaggio di Varese con le città austriache da cui provenivano i militari sconfitti dalle truppe garibaldine che avevano partecipato alla battaglia di Varese.
7) Richiedere finanziamenti per poter utilizzare le tecnologie digitali: valorizzazione e promozione del Castello di Belforte non attraverso una sua ristrutturazione ormai ahimè proibitiva per i suoi costi, ma per mezzo di tecnologie digitali. Lo ha fatto Castelseprio, lo potrebbe fare a maggior ragione anche Varese;
8) Sviluppare i rapporti con l’università di Castellanza per la creazione di una Varese veramente Smart che sappia come valorizzare tutte le sue ricchezze. L’indicazione si inserisce nel complesso dibattito, avviato sin dagli anni sessanta, sulle relazioni tra economia e cultura. Da una parte, vi è chi sostiene che i beni culturali siano luoghi di trasmissione della conoscenza e che per ciò non possano piegarsi a logiche di mercato e marketing. Dall’altra parte, si argomenta che rendere piacevoli e immediate le fruizioni del bene culturale, favorisca la promozione del bene stesso e garantisca entrate agli Enti Locali, alle Pubbliche Amministrazioni con bilanci sempre più esigui, e crei nuove opportunità di lavoro nel territorio. Sposiamo questa teoria. A titolo di esempio, attualmente, gli incassi dei musei e parchi archeologici statali coprono solo il 14% degli stipendi dei propri dipendenti.
Un possibile piano di sviluppo/realizzazione di servizi innovativi per la fruizione di beni culturali deve facilitare la progettualità congiunta tra amministrazioni centrali e locali e coinvolgere le Fondazioni, le associazioni culturali, il terzo settore e anche tutte quelle associazioni di volontariato che sfruttando la loro azione capillare sul territorio, possono aiutare a promuovere la partecipazione attiva di tutti i cittadini di concerto con gli organismi di governo delle città.
L’utilizzo di nuovi modelli o strumenti operativi (come ad esempio quello della “Realtà aumentata – augmented reality), per la fruizione di beni culturali, diventa la nuova forma di comunicazione, ma anche, di marketing e promozione, che permette una visione reale/virtuale e l’accesso a contenuti e informazioni attraverso dispositivi fissi o mobili.
Le nuove tecnologie, grazie alla capacità connettiva propria del digitale, possono permettere la trasmissione di informazioni ad infiniti altri soggetti. Questa “trama sociale” consente di rappresentare un oggetto culturale senza isolarlo dal suo contesto, trasformando la sua natura di “testimone isolato” in racconto.
Tale modello è stato riconosciuto in più paesi come il più funzionale per sostenere l’innovazione del sistema del turismo, delle attività culturali e del patrimonio artistico, promuovendo la partecipazione alla vita pubblica, la creatività, il multi e inter-culturalismo e la conoscenza delle culture locali in generale.
Tutti questi settori indicati rappresentano opportunità per le professionalità tradizionali che a breve saranno maggiormente riconosciute (archeologi, restauratori, bibliotecari, archivisti, storici, storici dell’arte), ma soprattutto per avviare nuovi profili professionali maggiormente legati alle applicazioni concrete e alle tecnologie e alla loro diffusione e divulgazione (creatori di app, designer, esperti di marketing territoriale, nuovi operatori turistici e mediatori culturali).
Chiaramente, deve essere individuato un luogo dove possa avvenire la conservazione e la proiezione della Varese virtuale. Propongo che questo possa essere la Dacia in Villa Baragiola a Varese accanto chiaramente al Centro Geofisico. In questa dovrebbe essere conservata anche la copia della relazione di cui al citato convegno di aprile 2015.
9) Promuovere iniziative di studio per le scuole varesine (in particolare le elementari) da realizzarsi sulla storia del Castello di Belforte e sulla sua relazione con i castelli circostanti dei quali esistono delle indicazioni precise anche su Internet, ma di cui manca uno studio a sistema su tutte le loro relazioni.
Alle scuole va distribuito il volume degli atti del convegno dell’aprile 2015 che sta per essere realizzato dal Centro studi storici di Varese.
L’Assessorato alla cultura dovrebbe in questo senso stabilire un preciso cammino che sia compiuto dal Provveditorato agli studi di Varese per assecondare questa esigenza nel modo migliore.
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