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La Domenica delle Palme nel calendario liturgico cattolico è una celebrazione ricorrente che precede la settimana di Passione e la festività della Pasqua di Resurrezione. La Domenica delle Palme ricorda, come è noto, l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e la sua accoglienza trionfale da parte del popolo che agitava, festante, i fatidici rami di palma.
E a proposito di palme, forte è sempre stato il legame tra le località rivierasche di Sanremo e Bordighera con la Città del Vaticano. Pertanto, va sottolineato la tradizionale offerta dei “parmureli” al Vaticano, da parte dei comuni di Bordighera e Sanremo, tradizione che deriva da un antico privilegio papale, ottenuto dal marinaio sanremese capitan Bresca, in occasione dell’innalzamento dell’obelisco egiziano, nel 1586, sotto Papa Sisto IV. Nel momento in cui l’obelisco venne innalzato, le corde in tensione per alzare la pietra si surriscaldarono per l’eccessivo carico e stavano per spezzarsi. Tra la folla dei presenti, un capitano di mare, un tal capitan Bresca di Sanremo, gridò in dialetto «acqua alle corde!», salvando così la vita di tutti i presenti e l’opera. Bresca chiese di poter ottenere il privilegio, per sé e la sua famiglia, di essere il mandatario delle palme per la Santa Sede.
Ancor oggi si discute se capitan Bresca fosse di Sanremo o di Bordighera. Si è, poi, convenuto di riconoscere a Sanremo la paternità del capitano e a Bordighera quella delle Palme. La crescita dell’impegno per assicurare la presenza in Vaticano delle lunghe e affilate foglie di palma intrecciate, ha spinto a pensare al marchio doc. Per questo motivo, si è pensato di certificare i “parmureli”, in modo che vengano tutelati e siano, immediatamente riconoscibili come provenienti dalla zona di Sanremo e Bordighera. Papa Ratzinger (oggi Papa emerito) di cui è noto lo spiccato senso estetico, la cultura e l’attenzione alla “bellezza della liturgia”, intuì la forte valenza simbolica dei parmureli che furono da lui in un certo senso istituzionalizzati, tradizione che continua a tutt’oggi con papa Francesco.
Nelle citate località rivierasche si vuole creare una scuola di formazione dove venga insegnato, oltre a come preparare le composizioni, anche il metodo di potatura delle palme e di tutto ciò che riguarda questa pianta. Il marchio doc dovrà certificare sia il “parmurelu” che la palma dalla quale è ricavata la foglia.
Sanremo e Bordighera sono i due centri dove nascono spontanee le palme da datteri (in particolare la specie “Phoenix dactylifera”) che ne ornano i lungomare, i parchi, i giardini botanici e che molti turisti avranno ritrovato nelle oasi tunisine e marocchine.
Ha preso il via in questi giorni a Sanremo il “Festival dei Palmizi”, per la prima volta a Villa Ormond. Tanti appassionati si sono ritrovati per saggiare da vicino le straordinarie abilità degli intrecciatori di palme cimentandosi nell’antica arte del “parmurelu”. La parola, com’ è facilmente intuibile, significa “piccola palma” dal genovese “parma” (palma).
È in programma anche la tradizionale rievocazione storica, manifestazione che, per via del tempo avverso, è stata poi rinviata a sabato 22 aprile. Grande partecipazione anche al convegno collaterale “Le palme e il divino. Palme simbolismo religioso rituale”.
Ma eccoci arrivati alla fase finale: l’intreccio che si cerca di insegnare alle nuove generazioni, perfino ai bambini delle scuole primarie che tanto hanno bisogno di attività creative a carattere artigianale, avendo perso, a causa delle moderne tecnologie digitali, il contatto con la manualità. Pare che a queste opere di fattura squisitamente barocca, vi si dedicassero, in un primo tempo, le suore benedettine camaldolesi. In seguito al loro graduale abbandono, questa attività venne ripresa da molti artigiani dell’intreccio e da essi personalizzata. Vennero quindi a crearsi opere differenti tra una località e l’altra del Ponente Ligure. Ma queste creazioni vegetali sono diffuse anche nella Riviera di Levante.
Come ligure di nascita, seppur varesina d’adozione ed elezione, posso fornire la mia piccola testimonianza al riguardo. La domenica delle Palme si andava al mattino presto dal fiorista a comprare le palme dalle lunghe foglie lanceolate nuove di un bel verde-giallo tenero, intrecciate manualmente fino a farne piccole sculture vegetali. Costavano care e mia madre me ne comprava una non molto grande, mentre l’avrei voluto alta e gigantesca come quella che portava il parroco quando officiava la Messa. Poi c’era il momento solenne della benedizione nel quale alzavo la mia palmetta circondata di rametti d’ulivo verde-argenteo più scuro, aspettando che un po’ di quell’incenso profumato si aspergesse su di me e sulla palma che riportavo a casa come se dovesse propiziare benefici sulla mia vita. Il “parmurelu” benedetto viene tradizionalmente appeso nella case specie sopra i dipinti a sfondo religioso, per la protezione di tutta la famiglia. La tradizione impone che ogni anno le vecchie palmette intrecciate (oramai rinsecchite) vengano bruciate poiché, essendo benedette, non devono assolutamente conoscere l’onta della raccolta rifiuti, fosse anche “raccolta differenziata”.
Non mancano poi i proverbi popolari, legati a tale ricorrenza: “Quando si bagnano le Palme, si bagnano anche le uova”. “Se non piove il dì delle Palme, pioverà il dì della Pasqua”. O anche “La palma benedetta, buone novelle aspetta”.
Ci auguriamo tutti una bella giornata di sole sia per questa imminente domenica sia per la Pasqua. Il piazzale di San Pietro inondato di luci, colori, rami di palma, parmureli e rametti d’olivo, suggellerà certamente anche quest’anno, il profondo legame tra la Città Eterna e il Ponente Ligure.
Concludo con un altro episodio storico legato a quando il trasporto di questa delicata mercanzia avveniva via mare. Alle imbarcazioni che la trasportavano per farne dono ai papi e cardinali, bastava issare uno dei più alti parmureli (di solito oltre il metro) sull’albero maestro, per farsi riconoscere e avere diritto di precedenza sulle rotte marittime.
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