Nella passione secondo Giovanni, quando Gesù viene condotto davanti a Pilato, il rappresentante dell’imperatore Tiberio Cesare, ha già ricevuto la condanna religiosa da parte dei sacerdoti e degli scribi. E Pilato interroga Gesù più volte all’interno del pretorio, ma senza trovare in lui colpa alcuna… Non ci sono delitti che meritino la condanna da parte della giustizia dell’impero romano.
Di fronte alla domanda plebiscitaria della folla, di fronte alla maggioranza della gente che lo vuole vedere morto, Pilato lo fa flagellare. I soldati, per deriderlo, gli mettono sul capo una corona di spine, i cui aculei lo trafiggono. Poi gli mettono addosso una porpora regale come mantello ed inscenano una parodia, gli si prostrano davanti, dicendogli: “Salve, re dei giudei” e lo colpiscono con pugni e schiaffi.
Alla fine Pilato prende Gesù, così malridotto, e lo porta davanti alla folla, perché tutti lo vedano e lo presenta dicendo: “Ecce homo! Ecco l’uomo!”. Sì, questo è l’uomo. Verrebbe da dire, con Primo Levi: “Se questo è un uomo…”. Sì, questo è l’uomo nella sua verità: vittima del male nella sua banalità e tragicità, consumato da uomini comuni – i soldati – ma organizzato dal potere politico e religioso di questo mondo.
Questa, secondo il IV Vangelo, non è una scena di disprezzo, ma un’epifania della gloria. Gesù, mite e paziente, arrendevole e non vendicativo, accoglie su di sé la violenza, senza ricambiarla a sua volta, per spezzarne definitivamente la spirale.
Gesù è l’uomo, l’uomo per eccellenza! È l’Adamo che dà la vita per gli altri, anziché prenderla agli altri e voler vincere senza gli altri o sopra gli altri. E infatti morirà crocifisso: è davvero il Re Messia, ma al contrario: il Vangelo insiste, appunto, sul prestigio rovesciato.
Gesù non è un messia vincitore sui nemici, nello splendore della sua corte regale, attorno a cui si celebrano liturgie fastose. Ma è re dalla croce: questo è il luogo della gloria di Dio, la contestazione di ogni gloria mondana.
Quello che era uno strumento di morte diventa un mezzo per donare la vita, per mostrare l’amore e vivere il dono totale di sé.
Dove Dio ha segnato in modo inequivocabile la storia? Chi dobbiamo adorare? Chi è il nostro maestro, di cui vogliamo essere discepoli? Un crocifisso, un uomo vittima degli ingiusti, un uomo che ha fatto della volontà di Dio la ragione della sua vita e della sua morte, nella certezza che dalla sua morte viene a tutti noi la vita!
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